13.4 Le sessantasette notti di Alessandro Remer

LE SESSANTASETTE NOTTI DI ALESSANDRO REMER (retroscena)

 

Nel febbraio del 1609 Zanzanù e lo zio Zuan Francesco Beatrice detto Lima, insieme ad altri della banda Zannoni caddero in un’imboscata tesa da alcuni cacciatori di taglie. Quanto è di seguito trascritto è tratto dal fascicolo processuale istruito a nome di Alessandro Remer per ottenere le voci e taglie previste nelle sentenze di bando pronunciate contro i membri della banda Zannoni. Come ogni altro fascicolo processuale l’inserimento della documentazione segue il percorso istituzionale e non cronologico.

 

INDICE DEL CAPITOLO

  1. La ‘parte’ del Consiglio dei dieci (18 agosto 1609)
  2. La supplica del Remer
  3. I rettori di Brescia inviano il fascicolo a Venezia
  4. I capitoli presentati dall’interveniente di Alessandro Remer
  5. Presentazione delle teste
  6. I testimoni del Remer (con il traditore in un interno)
  7. I numeri di Alessandro Remer
  8. La nuova richiesta del cacciatore di taglie
  9. Per la testa di Giovan Francesco Beatrice detto il Lima
  10. Il passato di Alessandro Remer
  11. Nota spese (chi uccise Marco Tullio Beatrice?)

 

  1. La ‘parte’ del Consiglio dei dieci (18 agosto 1609)

1609, 18 agosto in Consiglio dei dieci

 

Che per l’interfettione fatta da Alessandro Remer da Malcesine la notte de 13 venendo li 14 febraro passato della persona di Giovan Battista Pace et la mattina de 14 detto della persona di Giovan Francesco Lima detto delli Zanoni et anco delli Beatrici da Gargnano, li quali erano banditi, cioè il Lima per più sententie tutte capitali et alcune con confiscation de beni et taglia, anco in terre aliene da diversi Proveditori di Salò, cioè de 8 maggio 1602 con l’auttorità del Senato, 3 ottobre 1605, pur con l’auttorità del senato di cinque bandi nell’istesso giorno. Et con l’auttorità sua ordinaria de 26 novembre, 16 dicembre 1605 et 14 aprile 1606. De 14 maggio 1606 con l’auttorità di questo Consiglio e 27 novembre pur 1606 con l’autorità sua ordinaria et 14 agosto con quella anco del senato. Et Giovan Battista Pace detto Parolotto quondam Giacomo da Salò per sententia del Proveditor di Salò con l’auttorità di questo Consiglio de 25 ottobre 1608 con pena capitale, confiscatione de beni et condition de anni X a potersi liberare et per sententia del Podestà et Vice Capitanio di Verona de 13 decembre 1608 con l’auttorità di questo Consiglio, pur con pena capitale, confiscation de beni e taglia anco in terre aliene et come dalle scritture hora lette et relation del diletto nobil nostro Giovan Maria Boldù Avogador di commun s’è inteso, siano concesse al detto Alessandro Remer due voci e facoltà d liberar due banditi de bandi uguali o inferirori alli bandi dei detti Giovan Francesco Lima et Giovan battista Pace da salò, in virtù della parte de 29 decembre 1604 in proposito de banditi et iuxta la medesima parte.

[favorevoli] —–/—– 15

[contrari] ———– 0

[non sinceri] ———– 0

[maggioranza richiesta] 2/3

 

  1. La supplica del Remer

Doppo molti horribili delitti et homicidi al numero di 150 in circa, commessi nella Riviera di Salò dagli sceleratissimi Zanoni et loro seguaci et sattelliti, per occasione di quali sono stati molte volte banditi da’ suoi illustrissimi rappresentanti, finalmente è piaciuto a nostro signor iddio di dar tanto spirito a me Alessandro Remer suo devotissimo servo.

 

Che havendo con mio gravissimo et imminente pericolo, spesa, et travaglio aspettato per sessantasette giorni et altretante notti, sotto li 14 febraro prossimo passato, passando essi appresso la catena di Riva di Trento, sono stati da me et da mei compagni feriti et ammazzati di archibugiate quattro di essi capitalissimi banditi, cioè Giovan Francesco Beatrice detto Lima di Zanoni, Michel Zanoni, Bernardo et Giovan battista Pace fratelli, due de quali essendo statti feriti et morti in uno barchetto dove si ritrovavano, sono stati gettati nel lago dagli altri et le teste di detti Giovan Francesco et Giovan battista sono state presentate a nome mio nella publica piazza di Salò, sicome ne appare di tutto questo fatto processo formato dall’illustrissimo Proveditor di Salò, et mandato sotto bolla a vostre signorie eccelentissime, giusta la forma delle leggi.

Però comparo a piedi soi humilmente supplicandole a degnarsi di concedermi voce et facoltà di poter liberar quattro banditi di bando uguale, overo inferiori alli bandi delli predetti interfetti, sicome è giusto et io debbo aspettar dall’infinita benignità di vostre signorie eccelentissime et dell’eccelentissimo Consiglio et tanto più quanto che con la estirpatione di detti sceleratissimi banditi, oltra la quiete di tutto questo paese si è levata l’occasione di mantenere, come si faceva, le compagnie di corsi et capelletti, con molto dispendio publico. Gratie.

 

  1. I rettori di Brescia inviano il fascicolo a Venezia

Il 22 maggio 1609,
ricevuto il fascicolo istruito su istanza di Alessandro Remer dal Provveditore di Salò, i rettori di Brescia lo inviano ai Capi del Consiglio dei dieci “sotto nostre lettere et sigillo”.

  1. I capitoli presentati dall’interveniente di Alessandro Remer

Avanti vostra signoria illustrissima signor Provediotr et al molto illustrissimo et eccelentissimo suo giudice al Malleficio, compare d. Piero di Zuan Rigo da Riva, interveniente per nomine del signor Alessandro Remero di Malcesene et compagni, esponendo che havendo esso signor Ramero et compagni inteso il vagare che faceano per questo Serenissimo Stato Zuan Francesco Beatrise detto il Lima, Marco Tullio suo figliolo, Zuanne et Michele fratelli di Beatrisi, nepoti di detto Lima, detti li Zanoni, accompagnati con uno detto il Bracino, figliolo di Pietro Maironi di Gargnano, di Zovan Battista et Bernardo fratelli di Pasi et d’uno detto che sii Bersano, qual però si giudica che sia Bernardo detto Cà de Dio, il quale meglio si giustificarà, insieme con Vincenzo detto il Chierico del Gonella o Collino di Maderno et altri con archibusi di diverse sorti, banditi di grandissimi bandi per suoi misfatti di questo Serenissimo Dominio.

Esso signor Rameri et compagni han colto li predetti Zanoni et compagni nel lago di Garda in un banchetto apresso la catena di Riva di Trento, la notte del venerdì prossimo passato del dì 13 venendo il sabato del dì 14 instante mese di febraro.

Et con archibusate nel primo assalto han ferito detto Zovan Francesco detto il Lima in una coscia et anco Zuane suo nepote, essendo restati morti dalle archibusate Michel Zanone, Zovan Battista et Bernardo fratelli di Pasi et quel tale detto Bersano, essendo stati gettati in acqua dalli sopradetti Zuan battista è stato ritrovato et cavato dall’acqua dal predetto signor Rameri et compagni et gli è stato levato la testa et fugendo li altri per il lago, il predetto signor Rameri et compagni si sono messi a seguirli et havendo scoperto che erano smontati a Limone, territorio di Riviera, parimente esso signor Remeri et compagni li han seguitati et hanno ritrovato il predetto Zovan francesco Lima appresso la terra di Limone et ivi l’hanno ammazzato et parimente gli hanno levato la testa, seguitando però poi il predetto Remeri et compagni li altri banditi fugiti per ammazzarli.

Pertanto compare il predetto Piero Rigo interveniente per nome del predetto Alessandro et compagni et presenta le due teste delli predetti quondam Zovan Francesco Lima et Zovan Battista Pasi banditi et ammazzati come di sopra, intendendo il predetto signor Alessandro Remero et compagni con la morte delli predetti banditi conseguire tutti li beneffici et taglie che per le leggi di questo Serenissimo Dominio et suoi bandi gli vengono concesse, sì per la liberatione di sè stessi dalli suoi bandi o per altri, come altrimente et in ogni miglior modo et forma et come per suo nomine sarà dimandato.

Producendo per più facile giustificatione li infrascritti capitoli, li quali etc.

 

Primo. Che la verità fu et è che veneri prossimo passato di notte che fu alli 13 venendo il sabato 14 dell’instante mese di febraro Zoan Francesco Beatrise Zanone detto il Lima, Marco Tullio suo figliolo, Zuane et Michiel fratelli Zanoni, nepoti del Lima, quello detto il Bracino, figliolo di Pietro Mairone di Gargnano, Zuan Battista et Bernardo fratelli di Pasi di Salò et un detto il Bersano, qual si giudica essere Bernardo detto Cà de Dio et Vicenzo detto il Chierico Gonella o Colino da Maderno et altri tutti banditi et insieme accompagnati armati di diverse sorti d’archibusi, andavano in un banchetto per il lago di Garda, verso la terra di Riva et come furono detti banditi appresso la catena di Riva gli furono sbarate contra diverse archibusate dal signor Alessandro Remer et compagni.

Secondo.Che per dette antescritte furono morti Michiel Zanone nepote del Lima, Giovan battista et Bernardo fratelli di Pasi et quel detto il Bersano, essendo restati feriti Zoan Francesco Lima et Zuane suo nepote.

Terzo. Che essendo il predetto signor Remeri et compagni usciti fuori contra li predetti banditi, subito sbarate le archibusate, fu rutrovato Zoan battista Pase in acqua et dopoi dal predetto signor Alessandro et compagni gli fu levata la testa.

Quarto. Che li corpi di Michel Zanone nepote del Lima, Bernardo Pase et di quel tale Bersano stimato come di sopra il Cadedio, furono gettati in lago dalli altri suoi compagni mentre fuggivano.

Quinto. Che detto signor Alessandro et compagni, vedendo li altri banditi fuggire per il lago li ha seguitati et havendoli scoperti esser smontati a Limone, luoco di questa giurisditione, parimente li hanno seguitati in terra et havendo trovato il detto Zoan Francesco Lima, il quale era ferito l’hanno amazzato appresso la detta terra di Limone et ivi gli han levata la testa.

Sesto. Che detto Zoan Francesco Lima, avanti fosse, come di sopra, amazzato, ha attestato alla presenza del prete di Limone et di molti testimoni come il predetto Bernardo Pase, Michel Zanone suo nepote et quel tale detto Bersano, erano stati, nel sbarar delle archibusate predette dal signor Rameri et compagni, amazzati et poi da suoi compagni, mentre fuggivano gettati così morti in lago.

Settimo. Che le due teste hoggi presentate in piazza di Salò al loco solito publico della colonna per nomine del predetto signor Alessandro et compagni sono le teste l’una di Zoan Francesco Beatrise Zanone detto il Lima da Gargnano e l’altra di Zoan battista Pase di Salò banditi, così conosciuti da quelli che di loro haveano prattica, mentre essi Lima et Pase vivevano.

Ottavo. Che delle predette cose etc.

 

Presentando detto Piero, interveniente come di sopra, un balandrano di panno berettino fodrato di cotton mosello chiaro et le maniche di cottone verde, qual balandrano è stato ritrovato a Limone con altre robbe et archibusi, qual balandrano presentato si giudica fosse di Bernardo Ca’ de Dio.

 

Salva raggione di produr altra scrittura et giustificationi in quanto faccia bisogno per comprobatione delle cose narrate et altre et come meglio etc.

 

1609 die 18 februari, visis et admissis, sic et in quantum etc.

 

  1. Presentazione delle teste

Die dicta
Rifferse il strenuo Francesco Fornasari cavaliere, come questa mattina per l’interveniente del signor Alessandro Remeri et compagni sono state presentate sopra la colonna di santo Marco in piazza, luoco publico et solito, due teste alla sua presentia, una di Zoan Francesco Zanone detto il Lima, l’altra di Zoan Battista Pase di Salò banditi, le quali anco esso cavaliere le ha conossiute per teste delli nominati, li quali benissimo conosceva quand’erano in vita, refferendo quelle esser le teste delli sudetti et ciò affermò con suo giuramento.

 

  1. I testimoni del Remer (con il traditore in un interno)

L’interveniente di Alessandro Remer aveva presentato alcuni testi per convalidare i capitoli presentati. Ecco alcune delle testimonianze. Sul ruolo dell’Alberghini (informatore del Senato) e di Pietro Maironi detto Feltrinello (che tradì quasi certamente la banda dei Beatrice) si veda la documentazione riportata in altri punti. 

Die 17 februarii 1609

Avanti vostra signoria illustrissima signor Proveditor et al molto illustrissimo et eccelentissimo signor giudice al Malleficio, compare il molto illustrissimo signor Palazzo Palazzi nobile bressano, interveniente per nomine del signor Alessandro di Remeri et compagni, notificando che per detto signor Alessandro et compagni sono stati amazzati alcuni banditi, tra quali vi è Zoan Francesco Beatrise detto Zanin et Lima et Zoan Battista Pase, le teste de’ quali sono appresso esso signor Alessandro et compagni et le quali intendono presentare per conseguire quelli beneffici et taglie che dalle leggi di questo Serenissimo Dominio gli vengono concesse. Delli altri amazzati a […] particolar notitia di esso signor Alessandro se ne darà raguaglio alla giustitia per conseguire anco di quelli quelli beneffici et taglie che come di sopra gli sono concesse. Facendo sapere che esso signor Alessandro et compagni non sono potuti venire per far tal presentatione et denontia o notificatione per essere impediti con il seguitare li altri banditi et compagni delli morti, perciò si notifica come di sopra a vostra signoria illustrissima et eccelentissimo signor giudice, acciò non possi mai esser imputato di alcun scorso di tempo, il quale però non si crede che possi scorrere in pregiuditio di esso signor Alessandro et compagni et ad ogni bon fine et effetto dimanda per nomine come di sopra che sii dichiarito non possi scorrere et in ogni miglior modo.

Die 20 februarii 1609

L’illustrissimo signor Proveditor et Capitano insieme con l’eccelentissimo signor giudice di Malleficio, così essendoli fatto instanza per il signor Vicenzo Longo interveniente del sudetto signor Alessandro et compagni, concessero licenza che uno delli coadiutori di cancelleria possa andar alla casa del signor Alberghino Alberghini per tuor la depositione di un testimonio sopra li sudetti capitoli che non può conferirsi all’officio per essere aggravato da male in una gamba.

 

Die dicta.

In casa del signor Alberghino  Alberghini, dove mi confersi io Nobile Sozzi, coadiutore di cancelleria.

Messer Gasparo figliolo di messer Pietro Maironi detto Feltrinello di Gargnano, testimonio prodotto come di sopra, citato per il Bellatesta officiale, ammonito, giurato et interrogato.

Sopra il primo capitolo rispose:

 

E’ vero che veneri prossimo passato 13 del corrente, venendo il sabato 14 detto, io insieme con il quondam Zoan Francesco Beatrise detto Lima, Marco Tullio suo figliolo, Zuane et Michele fratelli, nepoti di esso Lima, Giovan Battista et Bernardo fratelli Pasi, Bernardo cadedio, Vicenzo Collino detto il Chierico del Gonella, con duoi barcaroli, che a uno dicono dei Patuzzi da Limon, che non gli so il nomine et un suo compagno che non so chi sia, si partessimo da Limone circa le due hore di notte, andando per il lago verso Riva et gionti sotto alla catena di Riva, che io ero nel banchetto che dormivo, furono sbarate due o tre archibusate dal signor Alessandro Remeri et compagni, che fu lui l’ultimo che sbarò. Disse che noi si dovessimo fermare et noi erimo armati di archibusi longhi et curti et altre arme, ma non vi era alcun Bressano, ma quello che volgiono che sia Bressano era il Cadedio. Dicens interrogato: quando ne furono sbarate queste archibusate poteva essere circa otto hore di notte.

 

Sopra il secondo capitolo rispose:

E’ anco vero che dalle sudette archibusate fu ferito Zoan Francesco Zanone in una coscia, et Zoan Battista et Bernarso fratelli Pasi, quali per esser morti, io tretti nel lago. Restò anco morto Michel Zannone nepote del detto Lima, qual anco tretti nel lago et li altri tutti scamporono nodando.

 

Sopra il quarto rispose:

Vi ho detto che io gettai nel lago li sudetti Michel Zanone, Bernardo et Giovan Battista fratelli Pasi per essere restati morti da dette archibusate.

Ad generalia recte, etc.

Die 21 februarii 1609

Messer Domenego quondam Horatio Catane di Desenzano, testimonio come di sopra prodotto, citato, ammonito et interrogato.

Sopra il quinto rispose.

Sabato mattina 14 instante venne a Torbole il signor Alessandro Remeri con alcuni suoi compagni a ritrovare il signor Andrea Manfredino, con il quale io ero, dicendoli che havea sbarate appresso la catena di Riva alcune archibusate la notte del veneri precedente alli Zanoni banditi et che volesse di sua compagnia seguitarli come facessero et smontati a Limone, havendo veduti ivi il banchetto, si immaginassero che questi Zanoni fossero in quella parte, onde detto signor Alessandro et compagni si mise a cercarli per quelli monti et finalmente ritrovassero Zuan Francesco Lima detto Zanon sopra un monte in una casa rotta, lontana qualche nezzo miglio da Limone, che non so la contrata, col quale detto signor Alessandro prima parlò ricercandolo chi erano restati morti dalle archibusate sbarateli appresso la catena di Riva la notte avanti. Et lui disse che erano restati morti et gettati nel lago Michel suo nepote et Bernardo Pase, ma che di Zoan Battista Pase non sapeva quello ne fosse, perché era saltato fuori nodando.

Dopo le quali parole detto signor Alessandro levò ad esso Zoan Francesco la testa. Dicens interrogato: In compagnia di essosignor Alessandro vi era il signor Zuan Alvise suo nipote et molti altri che ben non conosco.

 

Dicens interrogato: Signor sì che detto Zoan Francesco era ferito in una coscia, per quanto disse dalle archibusate sbarateli a Riva da detto signor Alessandro et compagni et esso Zoan Francesco confessò che erano restati morti Michel suo nepote et Bernardo Pase. Vi era presente il prete di Limone, al qual io non so il nome.

 

Dicens essaminato: Dopo questo il detto signor Alessandro et compagni ritornorno a Riva et facendo pescar nel lago ritrovorno il corpo di Zoan battista Pase di Salò, al quale detto signor Alessandro tolse parimente la testa. Che a tutte queste cose io vi era presente. Et questo anco fu il sabato di notte predetto venendo la domenica, che poteva essere circa sette hore di notte.

 

Dicens interrogato: Fu ritrovato il corpo di detto Zovan Battista nel lago, fuori della catena di Riva.

 

Ad generalia recte, etc.

Die 2 martii 1609

Domenico Patuzzo quondam Salvadè da Limon, testimonio prodotto per messer Andrea Mollinaro a nomine d. Alessandro remer, citato, ammonito, giurato et interrogato.

Sopra il capitolo quinto rispose:

Mi ero nella cartara che fa andar messer Gioseffo Agnolino sul territorio di Limone et venne uno di questi di Riviera, per quanto ho inteso, et mi ricercò con altri ad esser contento di andar fino ad una casetta dove era un amalato che voleva far testamento et di gratia fate quest’opera di carità. Così io, con tre altri, pur lavorenti, andassimo con esso che ci condusse ad una casetta alla volta della montagna, appresso il fiume, ove trovassimo il signor Alessandro Rameri con altri fuori di essa casetta, il quale mi diesse che havea un bandito dentro quella casetta che voleva che fossimo presenti a vederli a tuor la testa, perché essendo bandito lui et un suo nepote, voleva con quella liberarsi et che quello era Zoan Francesco Lima, come l’averessimo veduto, confessato che egli si fosse. Dopo che poco venne fuori di essa casetta l’arciprete di Limone overo capellano et dopo tornò dentro et lo bagnò di aqua santa et gli raccomandò l’anima et dopo haverli detto esso signor Alessandro che lo dovessimo ben consocere et mentre che lo guardassimo sentei chel disse: ‘Son Zuan Lima’, il signor Alessandro gli disse: ‘Volete che vi amazzemo con le stilettate o con le archibusate?’ Et il Lima gli rispose che dovessero dargli delle archibusate. Allhora il remer gli diede un’archibusata et un suo compagno un’altra et gli tolsero la testa.

 

Dicens interrogatus: Mi non so poi chi l’havesse portato là in quella casetta, nè fugato, nè manco se fosse ferito; l’intesi bene che l’era ferito.

 

Dicens interrogatus: No che mi non conoscevo detto Lima, perché l’ho visto solamente una volta dopo che è bandito, che egli passò dalla cartera et fu detto che quello era il Lima. Et quanto a me mi parse che fosse quello stesso, oltre che anco egli, come vi ho setto, confessò con la sua bozza.

 

Sopra il quinto rispose:

Nihiil scire. Dicens: Mi ero de drio da tutti et sentei che il signor Remer disse se era vero che havesse tratto quattro in acqua et il Lima gli rispose: ‘O doi o tre, che havevo altro da fare’. Dicens interrogatus: Signor no, che non nominò esso Lima che mi sentessi quelli doi o tre.

Super generalibus recte, etc.

Zoan Gierolimo Madi quondam Amade di Limon, testimonio prodotto et citato ut supra, ammonito, giurato et interrogato.

Sopra il quinto rispose:

Essendo nella cartera tenuta ad affitto dal signor Iseppo Agnolin a Limon, venne un putto di Rizzini qui da Padenghi, se non fallo, et ne ricercò ad andar per essere testimoni ad un pover huomo volea far testamento et che facessimo questa opera di carità. Così ci condusse ad una cartera ruinata et rotta, ove non sta alcuno et gionto il signor Alessandro Remer, che era là di fuori con altri, ci disse: ‘Mi consocete figlioli, son Alessandro Remer che voglio che siate per testimoni a tuor la testa a Zoan Francesco Lima perché con quella voglio aiutarmi con mio nepote che è là et però lo vederete et vivo et morto’. Et perchè vi era dentro con esso Lima il prete che lo confessava, ci fece aspettar un pochetto et finalmente entrati in detta casetta o cartera vedessimo là detto Zoan Francesco Lima et il Remer gli disse: ‘Vecchio, ho fatto venir qua questi testimoni acciò vedano a levarvi la testa et vi riconoscano, però ditegli chi sete’. Et lui allhora rispose: ‘Son Zoan Francesco Lima di Beatrisi da Gargnano’. Et allhora il detto Alessandro dette le parole gli sbarò un archibusata et un altro un’altra.

 

Dicens: Esso Remer ghe dimandò prima se voleva che lo amazzasse con archibusate o stilettate et il Lima gli disse: ‘Con le archibusate’ et che lo spedissero presto. Et morto ghe levorno la testa.

Dictus interrogatus: Mi non so altro di questo capitolo se non quanto detto Remer disse che la notte ghe havevano datte delle archibusate et che lo haveano seguitato per il lago e per terra fino là et l’havea anco una ferita in una gamba.

 

Sopra il sesto rispose:

Sentei che il Remer disse verso detto Lima avanti l’amzzasse: ‘Orsù, dite quanti ne sono morti’. Et lui ghe rispose sono quattro cioè Michele, il Pase et credo che dicesse doi Bersani et essendogli sogionto dal detto Remer se ghe ne era d’altri, lui rispose che non lo sapeva perché havea altro da fare.

 

Interrogatus dicens: Signor no, che non fece il nome ad alcuno se non a Michele, nè manco sentei che fosse detto se fossero morti d’archibusate, nè tratto in aqua, come dice il capitolo.

Super generalibus recte, etc.

 

  1. I numeri di Alessandro Remer

Il 7 settembre 1609, con una delle due voci ottenute, Alessandroo Remer chiese ed ottenne la liberazione di Aurelio Lurano, il quale, insieme ad altri, era stato bandito da tutti i territori della Repubblica il 19 luglio 1603. Nella sentenza pronunciata dai rettori di Brescia insigniti del rito del Consiglio dei dieci, il Lurano era definito “uomo sanguinario, di pessima et fiera natura, solito offender, ammazzar et far ammazzar gli huomini con modi crudeli et inhumani”. Con il seguito di una setta e di alcuni parenti il Lurano era stato accusato di aver compiuto uno stupro e due gravi omicidi.

Si riporta sola la supplica del Remer:

Illustrissimi et eccelentissimi signori Capi dell’eccelso Consiglio di dieci. Quelli scelerati et famosi banditi Giovan Battista Pace et Francesco Lima detti li Zanoni et della Beatrice, di Gargnano della Riviera, li quali svaliggiando cavallari e depredando il paese, mettendo taglie et facendo macello d’huomini, che in meno di sette anni ne uccisero più di 200, havendo in tal maniera levato in quelle parti ogni comercio, massime di Bolzano et astretti li habitanti ad abbandonare la Patria, non perdonando manco ai sacri monti di pietà, da loro spogliati et trovandosi il tutto esposto alla costoro tirannide, nè giovando più le provisioni publiche, con mandargli contra le militie, che le diligenze private di radunarsi alla destruttione di costoro, talvolta in numero di 400. Restorno pur finalmente costoro, per voler d’Iddio, privati de vita et estirpati da me Alessandro Remer et miei compagni, sotto il dì 13 et 14 di febbraio passato, restando in tal modo il paese libero da questa peste et senza timore, et Sua Serenità da spese di capelletti, mandati aposta contra costoro, e da tanta molestia.

Onde piacque alla benignità del suo eccelso Consiglio di dieci, sotto il dì 18 dell’istante di riconoscere questo nostro buon servitio, concedendomi due voce et facoltà di liberare due banditi dall’eccelso Consiglio di tutte le terre et luoghi con pena capitale et confiscation de beni et simili et inferiori alli bandi delli sudetti. In virtù delle quali facoltà et voci, riverentemente dimando hora che con la voce di Giovan Battista Pace detto di Zanoni sia liberato domino Aurelio Lurano, uno di essi miei compagni, che si è trovato alla sudetta interfettione. Qual Lurano fu et è bandito dalli signori rettori di Brescia con l’auttorità del sudetto eccelso Consiglio sin sotto li 19 luglio 1603 di tutte le terre et luochi con pena capitale, confiscation de beni, sicome dalle scritture presentate si vede, essendo la mia voce superiore di gran lunga a questa sentenza del Lurano. Grazie.

 

  1. La nuova richiesta del cacciatore di taglie

Forse Alessandro Remer aveva avuto troppa fretta nel far istruire il processetto nell’ufficio del Maleficio di Salò e, poi, di lì a poco, a richiedere le voci liberar bandito, al Consiglio dei dieci.

 

Le due voci concesse sembravano infatti rispecchiare l’uccisione dei due banditi principali, ma il Consiglio dei dieci non aveva fatto cenno agli altri banditi che erano caduti sotto i colpi sparati dal Remer e dai suoi compagni. E così, il 18 dicembre 1609, egli pensò bene di ritornare alla carica, chiedendo altre due voci per l’uccisione di Michele Zanon fratello di Zanzanù e di Giovan Battista Pace. La parte proposta dai Capi, volta ad accogliere la richiesta del Remer, non fu però approvata e rimase in attesa di una successiva decisione che, a quanto mi risulta, non fu mai approvata. Qualcosa, molto probabilmente, il Consiglio voleva concedere poichè la parte proposta dai capi ottenne sette voti favorevoli, un contrario e ben otto non sinceri.

 

Si riporta comunque la supplica del Remer volta ad ottenere le altre due voci:

 

Illustrissimi et eccelentissimi signori Capi

Furno da me Alessandro Remeri et compagni, sotto li 13 venendo li 14 febraro passato, interfetti li sceleratissimi Giovan Francesco et Michel Zannoni, Battista et Bernardo fratelli di Pace detti dei Zannoni, quali per il corso d’anni sette hanno commesso giornalmente ogni sceleratezza, così in svaliggiar cavallari, viandanti alla publica strada e sopra il lago le barche che conducevano mercanti et merci di terre aliene, mettendo taglie a chi lor pareva, così di danari, come d’altro, facendo et usando tutte quelle tirannie immaginabili, havendo anco svaligiati dui monti di pietà, cioè delli communi di Manerbe rt Portese, asportando ori, denari et altro, circa la somma di scudi sei mille.

Il che tutto ritrovato da me Alessandro predetto et compagni, habbiamo restituito alli detti communi, oltra nel corso di detto tempo hanno anco ammazzato 200 e più persone.

Siché gli habitanti in gran parte s’erano levati dalla propria Patria, essendo anco levato tutto il comertio et traffico di Bolgiano, con gravissimo danno delli datii di Sua serenità et di particolari, a benché Sua Serenità mantenesse compagnie di corsi et capelletti con grandissima sua spesa e danno del paese, havendo anco gli eccelentissimi signori generali Moro e Dolfini fatto ogni possibile per estirpar questi scelerati.

Et essendo da me Alessandro sudetto et compagni, già quattro mesi stata presentata supplica et il processo di detta interfettione, nella quale si dimandon le sudette quattro voci, par che dalla benignità dell’eccelso suo Consiglio, sotto li 18 del corrente, ne siano state concesse se non due, il che crediamo non esser seguito che per equivoco, sapendo che la benignità dell’eccellenze vostre illustrissime non vogliano che restino irremunerate tante nostre fatiche, pericoli delle nostre vite et spese intolerabili, con l’haver parte de noi dell’archibuggiate et ferite, il che tutto consta nella cancellaria del Proveditor di Salò.

Et havendo noi quello che non han potuto in tanto corso di tempo le militie destinate dal publico a tal effetto et tante genti del paese, ridotte talvolta al numero di 400, con l’assistenza dell’illustrissimo signor Proveditor, che invano gli hanno dato la caccia: opera che al creder nostro haveria potuto meritare non solamente lode et benefitii dalle leggi promesse, ma ancora qualche ricompensa dalla benignità della man publica.

Perciò riverentemente supplichiamo vostre eccellenze illustrissime io Alessandro et compagni sudetti che si degnino con il loro eccelso Consiglio metter le voci delle altre due, cioè di Michel Zanone et Bernardo Pace detto Zanone, l’interfettione de’ quali è pure giustificata non meno delle altre, il che speriamo ottenere dalla buona giustitia di vostre eccellenze illustrissime. Grazie.

 

  1. Per la testa di Giovan Francesco Beatrice detto il Lima

Il 15 febbraio 1610 il Remer pensò bene di utilizzare la seconda voce concessagli (ottenuta con l’uccisione di Giovan Francesco Lima), inoltrando al Consiglio dei dieci la richiesta di liberare Bortolamio Dal Savon di Treviso, colpito da due bandi ed in esilio da circa 18 anni con l’accusa di omicidio. Il Consiglio dei dieci accolse quasi all’unanimità la richiesta del Remer. Nella sua supplica, quest’ultimo, aveva del resto tralasciato ogni enfatizzazione della sua impresa, limitandosi a ricordare di aver “sradicato un così famoso sicario bandito“.

 

  1. Il passato di Alessandro Remer

 

Nel giugno del 1610 Alessandro Remer provvide ad incassare pure la taglia in denaro dovuta per l’uccisione dei banditi. E’ da questo documento che Remer esplicita chiaramente di essere lui stesso bandito. Giustifica di non poter riscuotere personalmente la taglia in quanto bandito e nomina un procuratore, il quale a sua volta ha partecipato all’azione di Riva. Va aggiunto comunque che il Remer era entrato senza problemi nei territori della Repubblica, spingendosi sino a Limone dove aveva personalmente provveduto all’esecuzione sommaria di Giovan Francesco Lima.

Parte del Consiglio dei dieci

1610, 21 giugno, in Consiglio di dieci

Capi:

ser Marc’Antonio Valaresso
ser Donà Gabriel
ser Giust’Antonio Belegno

Che ad Alessandro Remer da Masesene, il quale per ritrovarsi bandito non può personalmente venir a riscuoter dalla cassa di questo consiglio il denaro delle taglie che li spettano per la interfettion di Gio.Battista Pace et Gio.Francesco Lima detto delli Zanoni iuxta il mandato delli capi di questo consiglio de 26 gennaro prossimo passato, sia concesso di poter per un suo legitimo commesso essiggere il denaro predetto conforme nel resto al mandato sudetto et sicome anco ad altri è stato concesso.

[favorevoli] 9
[contrari] 3
[non sinceri] 3

 

[favorevoli] / 10
[contrari] 3
[non sinceri] 2
[maggioranza necessaria] 2/3

Supplica di Alessandro Remer (2 giugno 1610)

Illustrissimi et eccellentissimi signori capi.

Per la interfettione de i Zanoni, sceleratissimi assassini et banditi di diversi gravissimi bandi, gl’eccellentissimi capi precessori concessero il mandato delle taglie fin sotto li 26 gennaro prossimo passato a me Alessandro Remer per tutto quello che potesse aspettarmi et a chi fosse stato meco all’interfettione di essi banditi. Io non potendo venir in persona a riscuoter esse taglie per rittrovarmi bandito di Venetia, come appar per sententia dell’illustrissimo signor Giulio Contarini, già podestà di Verona, de 29 febraro 1608, ho fatto carta di procura in Pietro di Gomberti, che è uno dei medesimi compagni che fu meco all’interfettione di detti banditi. Però supplico vostre signorie eccellentissime che si degnino metter parte nel suo eccelso consiglio che, stante ch’io non posso venir in persona per causa del detto bando a riscuoter le predette taglie, che possino esser pagate al sopradetto mio legittimo procuratore, sicome spero di ottenere dalla loro benignità, alla quale genuflesso mi raccomando. Grazie etc.

Pagamento della taglia ad Alessandro Remer

Nos capita illustrissimi consilii decem magnifico domino Bartholomeo Navagerio, eiusdem illustrissimi consilii camerario, mandamus che dei dinari deputatti alle taglie dar debiate ducatti cinquecento ad Alessandro Remer da Malsesene per tutto quello che può spetar a lui et a chi fuse statto con esso all’interfettione di Gio.Battista Pase, detto Parolotto, et altre lire tremille de picoli parimente per l’interfettione di Gio.Francesco Lima, detto delli Zennoni et anco delli Beatrici da Gargnano, per contrafattione delli loro bandi di tempi diversi, et in particolare Gio.Battista Pace per sententia del podestà et vicecapitanio di Verona di 13 decembre 1608, con pena capitale et con taglia dentro li confini, delli detti ducati cinquecento, et Gio.Francesco Lima per sententia del proveditor di Salò et capitanio della Riviera di Bressa sin de 14 gennaro 160…, con pena capitale et con taglia de lire 3000 sopraditte, essendoli dal detto illustrissimo consiglio statte concesse le voci sotto li 18 agosto prossimo passatto, le qual taglie si pagano per non si trovar beni delli rei, si come appar dalle depositioni mandatte con lettere del podestà di Bressa de 30 ottobre passato.

vol. per Gio.Battista Pace lire 500: –
et per Gio.Francesco Lima lire 3000: –
Datum die 26 iuanuarii 1609 [m. v.]

Dominus Marc’Antonio Valaresso

Dominus Nicolò Bon capi dell’eccelso consiglio di X


Illustrissimi Connsilii decem secretarius
Bartholomeus Cominus

Segue copia della sentenza di bando pronunciata il 29 febbraio 1608 dal podestà di Verona, con il Consolato, contro Alessandro Remer, suo nipote Giovan Alvise Remer e Ludovico Spezza ferrarese. Il Remer, originario di Malcesine, aveva ucciso proditoriamente il luogotenente del Capitano del lago. Al processo si era presentato il solo Spezza (poi rilasciato) e i due Remer erano stati banditi definitivamente e in perpetuo con la condizione, per poter liberarsi dal bando, di versare 200 ducati agli eredi dell’ucciso. Poiché il bando comprendeva anche la città di Venezia e il Dogado, la sentenza era stata molto probabilmente pronunciata con la delega del Consiglio dei dieci o del Senato.

 

 

  1. Nota spese (chi uccise Marco Tullio Beatrice?)

Come per altri casi, abbiamo notizia di esecuzioni capitali (si veda a tal proposito Il sesto uomo) o di altri provvedimenti messi in atto contro i corpi dei banditi dalle note spese presentate dall’ostiario (cfr. glossario) al Consiglio della Magnifica patria. Questa che segue si riferisce agli ultimi esiti dei corpi di Giovan Maria Beatrice e del figlio Marco Tullio, ucciso il primo da Alessandro Remer e compagni.

(Archivio della Magnifica Patria, reg.76, c. 19).

La morte di Marco Tullio Beatrice, come appare da un dispaccio del provveditore di Salò dell’anno precedente fu forse opera di Gaspare Feltrinello, il quale si trovava sulla stessa imbarcazione fermata dal Remer. Ma il suo corpo non venne presentato a Salò dai cacciatori di taglie insieme a quello del padre. Si riporta il dispaccio del provveditore Giovan Battista Loredan, che indirettamente conferma il tradimento del Feltrinello e la poco chiara uccisione di Marco Tullio. Molto probabilmente il Feltrinello condusse i compagni verso il luogo dell’agguato fatale e tentò poi di concludere l’opera uccidendo i due superstiti della banda (Marco Tullio e Zanzanù), rifugiatisi a Gargnano. Si noti come il suo interrogatorio (escusso per la riscossione delle voci da parte dell’interveniente del Remer, cfr. il punto Le sessantasette notti di Alessandro Remer) avvenga in casa dell’informatore Alberghino Alberghini.

Illustrissimi et eccelentissini signori colendissimi,

Diedi riverente conto alle vostre signorie illustrissime et eccelentissime a 18 del passato che dall’illustrissimo signor Avogadore Da Ponte mi fussero scritte lettere nelle quali mi ricercava che se così è che Gaspare Feltrinello havesse ammacciato Marco Tullio del quondam Lima Zannone et che per essa interfettione dal clarissimo mio precessore per concessione havuta dall’eccelentissimo signor General Moro, fosse stata promessa ad esso Gasparo impunità de tutti li delitti che haveva commesso di compagnia d’esso Marco Tullio et altri Zannoni, io dovessi ponere la mia opinione in scritto se io intendevo di procedere contra esso Zanone, affinché sentendosi aggravato si potesse appellare. Et le dissi appresso che questo Gasparo è da me processato colla auttorità ordinaria da questo reggimento per diversi delitti o svaleggi et anco coll’auttorità dell’eccelso loro magistrato, concessami a 14 dicembre passato, per svaliggio di molta importanza fatto al sacro monte nella terra di Portese, la notte de 21 genaro 1609. Per il qual fatto lo condennai alla pena della forza. Et nell’hora apunto che mi furono presentate le sodette lettere dell’illustrissimo signor Avogadore Da Ponte, si dovesse dar essecutione alla sententia, alla quale per riverenza che devo a quell’illustrissimo offitio, feci soprasedere; et ne diedi conto a Sua Signoria illustrissima che il caso per il quale io havevo condennato Gaspare era da me giudicato coll’auttorità concessami dalle vostre signorie illustrissime et che stimavo non haver esso suffragio luogo, se non nel processo formato colla mia auttorità ordinaria, non potendosi estendere al delitto giudicato coll’auttorità dell’eccelso loro Consiglio. Et supplicai parimente vostre eccellenze illustrissime restar servite di commettermi quello che io dovessi fare. Da quali sinhora non ho havuto alcuno suo ordine. Ma dall’illustrissimo signor Avogadore Da Ponte ho havuto dupplicate lettere de 21 et 28 del passato, nelle quali partendosi dalle prime, perché ha veduto non solo giustificata ma affatto destrutta la conditione in esse contenute, havendosi l’istesso Gaspare Feltrinello deposto con giuramento che il quondam Marco Tullio fu da altri ammaciato, mi ricerca che con la detta propria confessione admetti esso Gaspare a provar delle sue ragion, con modo anco insolito per testimoni. Al quale ho rescritto molte ragioni et in particolare che dovendosi tali atti giustificare con scritture publiche et non con testimoni. Et vedendo io che sia facil cosa che l’illustrissimo signor Avogadore voglia portare queste dificoltà al giudicio della Quarantia ho stimato necessario il farne prima motto all’eccellenze vostre illustrissime, perché si compiacciano deliberare etdarmi quell’ordine che alla somma sapienza loro parerà essere in servitio della giustitia, che tanto prontissimo io essequirò. Gratie.

Di Salò a 5 maggio 1610 Giovan Battista Loredan Proveditor e Capitano


Ordinaverunt bulettam Petro Bazano ostiario de libri centun quinquaginta […] per totidem per eum solutis et expenditis in exequi faciendo sententias et ordines illustrissimi d. Provisoris et Capitanei contra cadavera Jioannis Francisci Beatricis dicti il Lima et Marci Tulii eius filii bannitorum et ut in pollicea per eum presentata et iurata.


Nel Consiglio della Magnifica Patria, 21 febbraio 1609:

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