12.1 Il primo bando (1602)

Zanzanù entra sullo scenario giudiziario (e della storia) nel 1602. Vi compare insieme allo zio Giovan Francesco, il quale per alcuni anni guiderà la banda conosciuta come ‘Degli Zannoni’, sino a che in una notte del 1609 sarà ucciso lungo il lago, nei pressi di Riva, da un gruppo di cacciatori di taglie. I due sono accusati dell’omicidio e del ferimento di alcuni membri della parentela avversaria, i  Sette. Si tratta di un’azione violenta che s’inserisce forse nella faida locale e nella gestione delle risorse (notevoli) della comunità di Gargnano. Oppure di una vendetta che nasce da una questione d’onore. Sappiamo che, di lì a poco, sarebbe stata conclusa una pace tra le due ‘famiglie’. Una pace che, teoricamente, avrebbe dovuto condurre al rientro dal bando dei due Beatrice e ad una ricomposizione del conflitto in corso. Qualcosa, di certo, andò storto e, come vedremo, gli avversari, di lì a pochi anni, t

 

1 Parte del Senato

La parte del Senato, che concede al Provveditore di Salò di infliggere un bando cosiddetto definitivo e perpetuo (prassi assai frequente in questo periodo) registringeva evidentemente le possibilità di successive mediazioni tra le parti e comunque concedeva alla parenti della vittima un indubbio vantaggio.

(trascrizione a cura di C. Saluzzo)

Consiglieri, assente Zuan Paulo Grandenigo

  1. a 22. aprile, in pregadi

 

Che per autorità di questo consiglio sia data facultà al proveditor nostro di Saló et capitano della Riviera di Bressana di poter far proclamar Zuanne, figliuolo di Zuan Maria Zanon, et Giovanni Francesco di Beatrice, suo Zio, che quel Zuane a 24 marzo passato, come soldato si ritrovava alla mostra delle cernide, partitosi dalla disciplina del suo capitano, spicatosi adosso ad un Francesco di Ricobon Sette similmente soldato, l’habbi ferito con un pugnale di due ferite mortali, dandosi poi alla fuga, dietro il quale essendosi mosso il medesimo capitano et molti de’ soldati per seguirlo et prenderlo, et insieme a esso un Randino di Randini che di compagnia di esso Francesco era venuto a veder la mostra, fu esso Randino dal sudetto Giovanni Francesco di Beatrice con un arcobuggiata morto, opponendosi anco con un terzaruolo al capitano, che seguiva il predetto Zuanne suo nepote, et come più parsivolle si è inteso dalle lettere del sudetto provveditor driciate alli capi del consilio nostro de X, hora lette, et non comparendo essi Zuanne et Giovanni Francesco, barba et nepote, nel termine che li sarà prefisso, li possa perpetuamente bandir di tutte le città, terre et luoghi del Dominio nostro, così da terra come da mar, navilii armati et disarmati, et anco di questa città nostra di Venezia et suo distretto, con taglia a che cadaun di loro prenderà et consegnerà nelle forze della giustizia, overo ammazzerà dentro li confini, fatta legitima fede dell’interfettiore, di lire siecento de piccoli loro beni, se ne saranno, li quali li gli siano confiscati, se non delli danari della Signoria nostra deputati alle taglie.

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2 Lettera del Provveditore e Capitano della Riviera

Dalla lettera del Provveditore veniamo a sapere che il primo bando di Zanzanù è correlato alla figura di Giacomo figlio di Riccobon Sette di Monte Maderno, il quale in questi primi anni del ‘600 (cfr. infra) è colpito da numerose sentenze pronunciate con l’autorità del Consiglio dei dieci. Si rinvia ancora, per questo periodo, al punto dedicato all’inchiesta del Consiglio dei dieci sul banditismo.

(trascrizione a cura di C. Saluzzo)

Illustrissimi et eccellentissimi signori colendissimi

Domenica passata 24 instante, mentre dal capitanio di queste Cernede fosse fatta l’ordinaria mostra di cento soldati nella villa di Boiago, di questa giurisdizione, occorse un accidente di questa natura. Che trovandosi soldato in essa un Francesco figliuolo di Riccobon Sette da Maderno, fratello di quel Giacomo Sette detto il Chierico, bandito di più bandi di terre et luoghi con taglia in terre aliene, et nemico di Zuane, figliuolo di Zuanmaria Zanon delli Beatrise da Gargnano parimenti soldato, mentre fossero sotto la disciplina dal suo capitanio, spiccatosi Zuane dal suo luoco habbia havuto ardire di andar adosso a Francesco et con un pugnale ferirlo di tre ferite, che due sono mortali, dandosi poi alla fuga per salvarsi, dietro il quale essendo mosso il medesimo capitanio, et fatto anco quanto poteva per interesse dell’honor suo, inanimando i soldati à seguitar quest’huomo temerario, un povero giovine nominato Randino di Randini, che di compagnia di detto Francesco era venuto a veder la mostra, veduta la offesa fatta al suo compagno, si misse ancor lui a seguitar quello che l’haveva offeso, et da un Giovanni Francesco di Beatrisi, barba di esso Zuane, fu con una archibugiata ammazzato. Il qual anco havendo un terzaruolo in mano con esso si oppose al capitanio, che perseguitando il mal fattore ivi sopragionsi. Il che fatto si sono essi, barba et nipote, con la fuga salvati. Havuta notitia di questo caso, che per ogni rispetto è gravissimo per il tumulto che poteva nascere, per il luogo dove era stato commesso, per le dipendenze et parentelle che da una parte et l’altra vi si trovavano, ho fatto formar il processo et anco devenuto al proclama de ambedui barba et nipote. Et perchè parmi che caso tale sia degno di maggior auttorità che dell’ordinaria, per esser stato commesso nel corpo della militia et nel tempo della mostra, con poco rispetto degl’ordini militari et dell’obedienza al suo capitanio, et che poteva causar disconcio in tutta quella gente, ho voluto darne, come faccio, riverente conto a vostre signorie eccellentissime, affinché così parendole si degnino concedermi auttorità maggiore di quella ch’io ho contra questi rei, et di poter venir in luce di chi fossero stati complici o fautori, per dar essempio agl’altri di astenersi di proromper in scandoli di tanta importanza. Grazie.

Di Salò a .27. Marzo 1602.

Anzolo Grandenigo provveditor et capitanio di man propria con giuramento

(retro)

Alli illustrissimi et eccellentissimi signori colendissimi, li signori capi dell’eccelso consiglio di dieci

 

3 La sentenza (8 maggio 1602)

Ex arengo illustrissimi d. Angeli Gradonici Provisori Salodii et Capitanei Riperiae, publicato sub die mercurii 8 maii 1602.

Zuane figliolo di Zovan Maria et
Zuan Francesco detto Lima, detti di Zanoni et anco delli Beatrici

Contro i quali è stato per noi et officio della cancelleria nostra formato processo sopra la denontia del console di detto luogo et proclamati prima con l’auttorità nostra ordinaria et poi per quella dell’eccelentissimo Senato apparono lettere ducali de dì 22 aprile 1602.

Per quello che, havendo conceputo odio contro Francesco figliolo di messer Riccobon Sette et il quondam d. Randino di Randini, per le cause dal processo risultanti et deliberato fra di essi, con partecipatione, complicità et intelligenza d’altri loro fautori, che per hora si tacciono, di ammazzarlo, il detto Zuane, non portando rispetto nè al loco, nè al tempo nei quali si faceva la mostra de’ soldati, habbi ardito, nullis dictis, de retro, con pugnale stillo ferire il detto Francesco di tre ferrite, de quali due sono con pericolo, come apare nelle denuntie del cerosico.

Et aggiongendo colpa a colpa, poco dopo uscendo di casa de Bonhuomo Muraro, dove s’era salvato, sii stato così temerario che habbi bestemiato, dicendo Puttana di Dio. Et detto Zovan Francesco per quello che habbi sparato un’archobusata contro il detto quondam d. Randino di Randini, dalla quale colto subito passò ad altra vita. Et perché s’opponesse con un terzarolo al strenuo d. Bathomeo di Oddi che seguitava il detto Zuane.

Commettendo le sudette cose scientemente, dolosamente, appensatamente et appostatamente, contro le leggi divine et humane et quelle dell’eccelentissimo Consiglio di dieci et con quelli altri mali modi et qualità, come nel processo. Per il che, essendo restati contumaci, che tanto maggiormente si rendono colpevoli delli eccesi predetti, venendo alla loro espeditione sententiamo che detti

Zoan Francesco detto Lima

Zuane de Zoan Maria

Siano condannati che siano perpetuamente banditi di Salò, Riviera, Bressa, bressano et de tutte le altre città, terre et luoghi del Serenissimo Dominio, terrestri et marittimi, navigli armati et disarmati et dall’inclita città di Venetia et Dogado. Et se per alcun tempo rotti li confini pervenirà nelle forze alcuno di essi, sia condotto al luogo solito della giustitia, dove per il ministro di essa, sopra un’eminente forca, con il laccio al collo sii impiccato per la gola sì che mora. Et a Zoan Francesco sia attacato un archibugio alli piedi et habbino li captori o interfettori dentro li confini, fatta legittima fede dell’interfettione lire seicento de piccoli delli suoi beni se ve ne saranno, quali siano et s’intendino confiscati et non ne essendo delli danari della Serenissima Signoria, deputati alle taglie. Per homicidio con essoneratione di archibugio et tutto l’eccesso come in processo et nelle spese.

 

 

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