8. Il ritorno

Il ritorno (diciasette anni dopo)

Non sappiamo dove Alvise Bon sia vissuto dopo la sua fuga dai pozzi del Consiglio dei dieci. Di certo, negli anni seguenti, riuscì finalmente a strappare un accordo di pace con la famiglia Trevisan. E così, sedici anni dopo il duplice omicidio avvenuto a Gorgo, rivolse una supplica ai Capi per ottenere un salvacondotto che gli avrebbe permesso di ritornare nella città lagunare.
Come spesso avveniva la parte non ebbe subito la maggioranza necessaria, ma infine Alvise Bon riuscì ad ottenere il tanto sospirato ritorno:

1602 a 26 agosto in Conseglio di dieci

Consiglieri
Capi

Che attese le honeste e ragionevoli cause contenute nella scrittura hora letta del nobil homo ser Alvise Bon fu de ser Alessandro el procurator, bandito di questa città e Dogado et di tutte le altre terre et luoghi del stato nostro da terra et da mar, navilii armati et disarmati, in perpetuo, videlicet come nel suo bando hora letto si è più particolarmente inteso et stante la pace havuta dalli nobeli homeni ser Antonio et Polo Trivisan fu de ser Davit, come appar per le scritture hora parimenti lette, sia ad esso ser Alvise Bon concesso salvacondotto di anni doi, sì che detto bando nonostante possa egli per il sudetto tempo venir, star et pratticar per tutto il stato nostro, come poteva far prima che fosse bandito, acciò con tal benigna gratia possa in capo de anni 17 venir a riveder le cose di casa sua che vanno in rovina. Et sia publicato ove farà bisogno.

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—- 4 —- 3 5/6 pende
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[allegati]

Oltre a copia della sentenza pronunciata dal Consiglio dei dieci il 22 maggio 1587, in filza è allegata la supplica di Alvise Bon con un’attestazione della pace avvenuta.

Supplica di Alvise Bon.
Una supplica in cui ovviamente non si accenna al lontano delitto da lui compiuto e tanto meno agli anni di carcere e alla fuga dai pozzi. L’esplicito riferimento alla pace stabilita con la famiglia Trevisan sembra porsi come elemento determinante per l’accoglimento della sua richiesta.

Illustrissimi et Eccelentissimi Signori Cappi

M’attrovo io Alvise Bon fo dell’illustrissimo signor Alessandro il procurator bandito de tutte le terre et luochi per sentenza di quell’eccelso Conseglio; et nel tempo di detto mio bando son stato continuamente all’obedienza et fuori delli confini a me prohibiti et sono ormai anni disisette che seguì la mia espedicione, dal qual tempo in poi io son stato in continui affanni et sempre esposto a molte calamità et infiniti infortuni, fatto, si può dire, bersaglio della fortuna.
Quali siano stati li miei danni et l’incomodi patiti, in quante ruine sia precipitata la mia famiglia, non lo voglio esplicare, poiché la prudencia della Serenità Vostra la può benissimo comprender. Et sebene era spronato dalla neccescità a ricorer altre volte alla pietà et clemenza del suo Eccelso Conseglio, non mi è parso conveniente se prima non otteneva la pace dalli clarissimi signori Antonio et Polo trivisani, io sempre l’ho procurata et fatta chieder con ogni umiltà; et per divina bontà et per la benignità di quelli clarissimi signori, con intercessione delli illustrissimi signori Silvan Capello, antonio di Priuli il cavalier et del clarissimo signor Thomà Mocenigo l’ho ottenuta et fra noi stabilita sinciera, leale et perpetua mistà et reintegrato nella proprio loro come prima.
Perciò oppresso in uno abisso de calamità, doppo haver impoverita la mia famiglia, dissipata quella pocca povertà che mi attrovavo, stando una mia figliola in un monasterio et un mio figliolo che ha preso la veste a manega comedo per esser stato favorito dal Signor Iddio la prova di Santa Barbara senza padre et senza alcun aggiuto o sovegno, anci astretti allevarsi a se stessi et l’alimento et vestito per sovenir me sventurato et infelice suo padre.
Ricoro ai piedi clementissimi di Vostre Signorie Illustrissime et Eccelentissime et riverentemente le supplico che si degnino, compassionando all’infelice mio stato, conciedermi con il suo eccelso Conseglio dalvo condotto da detto mio bando de anni cinque o quello paresse alla sapiencia loro. Non volgio considerargli che sono anni 17 che io faccio la penitentia innenarabile, che io non ho mai tentato la benignità de quell’eccelso Conseglio et che quanto esso è giusto in aplicar le penne, altratanto si dimostra sempre clemente e pio a reintegrar in gracia ogni fedel suddito et nobile, anco di questa patria, che purificato per longhi et eterni patimenti ricore ai piedi suoi, ma con tutta la Casa mia son per riconoscer questo suffragio pio et religioso dalla sola et singolar charità di Vostre Signorie Illustrissime et Eccelentissime et di quell’Eccelso Conseglio, alla cui gratia etc.

Attestazione della pace avvenuta

Laus Deo 1602 Adì 24 agosto in Venetia

Noi sottoscritti attestiamo d’haver trattato et concluso buona pace tra li clarissimi signori Antonio et Polo Trivisan fu del clarissimo signor David per una, et il signor Alvise Bon fu dell’illustrissimo signor Alessandro el procurator per l’altra parte. Et di ciò ne è anco passato scrittura sottoscritta da ambe esse parti. Et così affermiamo esser vero, con sottoscritione di mano propria

Io Silvan Capello affermo quanto è sopra scritto
Io Antonio Priuli kavalier fu de ser Hieronimo affermo quanto di sopra
Io Tomà Mocenigo fu de ser Nicolò affermo quanto di sopra

In data 11 e 16 settembre 1602 la parte che pendeva venne ripresa e la supplica di Alvise Bon fu finalmente accolta:

Adì detto

Capi

Fu di novo proposta la parte che sotto li XXVI del mese passato pendeva in questo conseglio di dar salvacondotto di anni doi a messer Alvise Bon et furono

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———- 2 ———- 2
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Adì 16 detto

Proposero di nuovo la parte che pendeva sotto li XXVI di agosto et XI del presente di dar salvacondotto di anni doi a ser Alvise Bon et furono

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