14 Il ladro timido

Furti in danno delli Andrea ed Elisabetta Bianchetto e di Bortola Fontana Brauss detta Giocondo ad opera dell’arrestato Antonio Busato di Arsiero

Nel lunedì 8 gennaio prossimo passato, sconosciuto individuo andava qua e là gironzone lungo il mercato di Thiene ed affettando oziosità e non curanza fermavasi in prossimità al panco degli ombrellai coniugi Andrea ed Elisabetta Bianchetti.

All’aspetto ed ai modi dello sconosciuto que’coniugi non poterono a meno di sospettare ch’egli mirasse a un qualche colpo di mano. Stettero pertanto lunga pezza seguendo le varie mosse di lui, ma in quel continuo avvicendarsi di persone non poterono sorvegliarlo per modo da renderne vane le male di lui intenzioni ed infatti, finito il mercato, al raccogliere della lor mercanzia, si accorsero della mancanza di un ombrello di seta del valore di austriache lire 21, del qual derubo quello sconosciuto esser dovea l’autore.

Nel seguente lunedì 15 gennaio sudetto, quello stesso individuo ricompariva al mercato prendendo questa volta di mira il panco della merciaia Bortolammea Fontana-Brauss detta Giocondo; e la Bianchetti al vederlo, insospettitasi ch’egli pure in quel giorno venisse a qualche mal fine, resa avvertita di quanto le era occorso nel precedente mercato, tanto la merciaia Giocondo quanto la vicina erbivendola Elisabetta Costa-Checcato, la quale, tenutolo d’occhio, colpivalo infatti nell’atto di levare dal panco della merciaia un rotolo di braccia 10 ½ di tela del valore di austriache lire 6,28, che gli strappava di mano, mentre ascondevalo di sotto al mantello.

Quell’atto di flagrante colpa del furatore non fu però veduto né dalla merciaia, né dalla ombrellaia, le quali stavano su quel punto intente ad altre faccende.

Tutto confuso, a detta della erbivandola Costa, quel furatore si dava alla fuga, confondendosi tra la folla, ma non gli riuscì di sottrarsi alle indagini della politica autorità ed alle ore 1 pomeridiane del giorno stesso fu tratto agli arresti.

Assunto dalla investigante regia pretura di Thiene si qualificò per certo Antonio Busato di Arsiero e dopo essersi lunga pezza mantenuto sul niego, finalmente nel costituto 14 febbraio corrente confessava il commesso derubo dell’ombrello, che diceva aver portato nella propria abitazione, ove dovea tuttora trovarsi.

Non così confessava l’altro fatto della tela, asseverando di averla presa in mano non già allo scopo di rubarla, ma a quello di esaminarla per farne poscia l’acquisto; ammettendo però che nell’osservar quella tela, accidentalmente il suo mantello la ricoprisse e che avvicinatasegli allora una donna gliela toglieva bruscamente di mano.

Il Busato fu due volte politicamente condannato per furto, altra per contravvenzione boschiva ed i criminali registri segnano al di lui nome una sentenza dubitativa in titolo pure di furto.

Abbiasi che gli atti vennero assunti colle forme politiche e che soltanto i due ultimi costituti dell’arrestato si assunsero nelle forme criminali, il perché si riserva il relatore di far rivestire delle forme criminali quegli atti che si riferiscono al furto della tela, del quale desso si mantenne negativo.

Voto

Sussistenti ritener deggionsi entrambi i fatti attestati l’uno dai coniugi Andrea ed Elisabetta Bianchetti, l’altro da Bortolammea Fontana-Brauss ed Elisabetta Costa-Checcato; e tanto più deggionsi ritener sussistenti se lo stesso arresato Busato confessa il primo ed implicitamente viene quasi ad ammettere il secondo.

Non v’ha dubbio che in riflesso alla qualità del prevenuto Busato, due volte già condannato per furto, il derubo dell’ombrello si elevi a delitto pel disposto del paragrafo 156 II del Codice penale, parte prima,1 né può sorger dubbio che a delitto di furto si elevi il tentato derubo della tela, stante l’accennata qualità personale di esso pervenuto e stante il riflesso che desso erasi di già posto in possesso di quella tela che gli veniva strappata di mano dalla Costa-Checcato, lorchè lo coglieva in flagranti.

La esplicita confessione dell’arrestato, relativamente al primo furto e la non attendibile sua giustificazione riguardo al secondo, anco prescindendo dall’asserto de’coniugi Bianchetti, della Fontana-Brauss e della Costa-Checcato che ne lo accusano, sono indizi più che sufficienti della sua colpa.

Il perché proponesi a deliberare essere sussistenti e delittuosi i furti di che è parola, ed esserne legalmente indiziato l’arrestato Antonio Busato di Arsiero, per la cui traduzione a queste carceri già provvide la investigante regia pretura di Thiene, come dalla nota accompagnatoria degli atti al punto 2.

Vicenza, li 20 febbraio 1849

Alverà

Conchiuso ad unanimia col relatore

Referato finale a sentenza del processo costrutto contro Antonio Busatto fu Antonio di Arsiero, d’anni 34, ammogliato con quattro figli, il maggiore dell’età d’anni 7 circa, carboniere di professione, nulla possidente, due volte politicamente condannato per furto, altra per contravvenzione boschiva ed una quarta volta processato criminalmente parimenti per furto, riportando dubbitativa sentenza, ora imputato di due furti commessi il primo nel dì 8 ed il secondo nel 15 gennaio prossimo passato, pervenuto in queste carceri nel 20 febbraio in cui gli fu aperta la speciale inquisizione, costituito la prima volta nel dì successivo e chiuso in suo confronto il processo nel 15 corrente, tranquillo e subordinato dinanzi il consesso ed in carcere e dichiarato capace agli inasprimenti di legge.

Li fatti emergono dal primitivo referato di cui si dà lettura al consiglio. Leggasi la pezza 23.

Assoggetato a costituto, l’inquisito non esitò a confessare tanto il furto dell’ombrello che l’attentato furto della tela, soggiungendo che la vergogna ed il timore d’incorrere in più grave pena lo avevano indotto a sottacere dinanzi la pretura di Thiene anche questo attentato.

Non essendosi però reperita in casa di esso Busatto l’ombrella involata ad Andrea Bianchetti, ov’esso Busatto voleva averla lasciata, così contestatagli tale circostanza, egli si giustificò dicendo che partito in quel giorno da Thiene, un poco ebro dal vino, coll’ombrello in mano onde restituirsi alla propria commune, sentendosi sonno e stanchezza, viaggio facendo, si adormentò in un prato, e destatosi proseguì il cammino fino alla sua abitazione, per cui stante la sua ebrietà non sovvenivasi se potesse essersela dimenticata nel prato, del che se ne assicurò quando intese essere riuscita frustranea la perquisizione in sua casa all’uopo praticata, per cui stante l’avvenuto smarrimento si dichiarò pronto a risarcire del danno il Bianchetti.

Nelle ultime sue dichiarazioni poi chiedeva la possibile indulgenza di questo tribunale, rappresentando la circostanza di sua famiglia assai numerosa, da lui unicamente mantenuta colle sue fatiche nel lavoro di carbone, nulla possedendo del proprio.

Voto

Stabilita la sussistenza del furto dell’ombrello e la colpabilità del Busatto dalle risultanze degli atti d’investigazione, dall’esame del danneggiato, da quelli di altri testimoni e dalla confessione emessa giudizialmente dall’arrestato, come emerge dal precedente referato, più squisita essa diviene se l’imputato si appalesò colpevole anche nel costituto a cui venne assoggettato da questo tribunale.

Quanto all’attentato furto della tela, se titubante ed incerto egli si tenne nell’esame per dichiarazione, confessandolo però implicitamente, questa sua confessione diviene ora perfetta se nel suo costituto narrò il fatto con tutte le particolari circostanze deposte dalla danneggiata Bortola Fontana e da altri testimoni presenti a tale attentato.

Stabiliti quindi col primo referato che il fatto al confronto del Busato, due altre volte già condannato per furto, si eleva a delitto, sebbene il valore del furato ombrello e quello della tela di cui si attentava il derubo, per l’asserto del danneggiato Bianchetti e per giudiziale perizia non ammonti ai fiorini 25, non resta ora che a parlare dell’applicazione della pena.

Osservato quindi che per lui è applicabile il paragrafo 157 che stabilisce il duro carcere tra sei mesi ed un anno.2

Osservato che nessuna circostanza aggravante gli si può addossare, mentre sebbene sia stato per altre due volte condannato per furto egli è per questo unicamente che i fatti da lui commessi si ellevano a delitto.

Osservato d’altronde che egli fu allettato al delitto dall’occasione offertasi, trovandosi in un pubblico mercato e dalla negligenza di chi possedeva gli effetti involati; che uno di questi due fatti rimase nei limiti dell’attentato; che il danno si restringe a sole austriache lire 21, importo dell’ombrello rubato al Bianchetti.

Dovendosi aver riguardo all’emessa sua confessione che dà luogo a sperare la sua emendazione, all’innocente sua famiglia, composta di quattro teneri figli, di moglie inferma e di madre ottuagenaria, tutti incapaci di procacciarsi il giornaliero alimento, da lui mantenuti col suo mestiere di carbonaio, nulla possedendo del proprio, per cui una lunga prigionia maggior danno ad essa ridonderebbe, essendo già oltre due mesi dacchè il Busatto trovasi negli arresti, troverei che fossero in di lui riguardo applicabili le benefiche disposizioni dei paragrafi 48 e 493 e quindi di condannarlo a soli mesi due di duro carcere da espiarsi in questi recinti carcerari colla esacerbazione del digiuno in ogni venerdì.

Tale essendo il mio voto, propongo la seguente

Deliberazione

Che ritenuto colpevole Antonio Busatto del delitto di furto a danno di Andrea Bianchetti e di attentato furto a danno di Bortola Fontana, debbasi condannarlo a mesi due di carcere duro inasprito col digiuno ogni venerdì, da espiarsi in questi carcerali recinti.

Di doverlo inoltre condannare al pagamento di lire 21, importo dell’ombrello involato alli Bianchetti, nonché a quello delle spese processuali ed alimentari e tassa della presente sentenza in fiorini 12, quest’ultime però sotto la riserva del paragrafo 537 del Codice.4

Di doverlo inoltre condannare al pagamento di austriache lire 21, importo dell’ombrello involato alli Bianchetti, nonché a quello delle spese processuali ed alimentarie e tassa delle presente sentenza in fiorini 12, quest’ultima però sotto le riserve del paragrafo 537 del Codice.

Di restituire al condannato, espiata che abbia la pena, gli effetti perquisitigli, non apparenti di furtiva derivazione, inseritti nella specifica alla pezza 7, meno le braccia 10 ½ di tela al progressivo numero 6, che mediante nota alla pretura di Thiene dovranno essere restituite alla proprietaria Bortola Fontana e di avvertire li coniugi Andrea ed Elisabetta Bianchetti del diritto che loro compete pel risarcimento del danno da loro risentito pel furto dell’ombrello, liquidato in austriache lire 21.

Vicenza 20 marzo 1849

Alverà

Conchiuso ad unanimia.

Conchiuso ad maiora col relatore per l’applicazione del solo paragrafo 49.

Richiamatasi dal signor consigliere aulico presidente la votazione, Il consiglier Fanzago in vista delle due antecedenti condanne, cui soggiacque l’inquisito per furto, e della sospensione di processo in di lui confronto pronununciata e dei due fatti per simile titolo odiernamente imputatigli, lo vedeva di indole tale da non sperare che il medesimo potesse riascire a buona condotta; il perché trovava applicabile il paragrafo 49 soltanto del Codice penale, parte seconda. Nel rimanente convenne pienamente col relatore.

Li giudici sussidiari Ruggeri e Meneghini convennero col preopinante consigliere Fanzago sull’applicazione del solo paragrafo 49 e nel rimanente col relatore, sicchè fu

Conchiuso ad unanimia nella deliberazione proposta dal relatore e

Conchiuso ad maiora contra votum col preopinante consigliere Fanzago di applicare il solo paragrafo 49 del Codice penale, parte prima.

Nell’imperial regio tribunale provinciale

Vicenza, li 26 marzo 1849

Dinanzi l’imperial regio giudice inquirente Alverà, Tosini p. f. attuario, Morassi, Arrivabene assessori giurati.

Dovendosi publicare ad Antonio Busatto la sentenza odierna, con cui in titolo di furto fu condannato a mesi due di carcere duro da espiarsi in queste carceri, inasprito col digiuno ogni venerdì, fu fatto tradurre dinanzi al consesso e lettogli la sentenza, avvertito del diritto che gli compete al reclamo, dichiarò ti trovare giusta la sentenza stessa e di rinunciare al ricorso.

Croce di Antonio Busatto

1 Si tratta del paragrafo che definiva il reato di furto in relazione alla qualità degli oggetti rubati. Erano previsti due ipotesi di reato: “I. senza riguardo alla somma, quando è commesso con una profanazione insultante la religion cristiana sopra una cosa immediatamente destinata al divin culto. II. Se il furto oltrepassa cinque fiorini ed è commesso a) ne’ campi sui frutti del suolo o degli arbori; b) sulle bestie dal pascolo o dalla mandra; c) sugli stromenti d’agricoltura dal campo”, cfr. Codice penale…, p. 52. Il delitto di furto era infatti qualificato tale, come recitava il paragrafo 152, “o per la somma, o per le circostanze del fatto, o per la qualità della cosa rubata, o in fine per la qualità della persona che lo commette”, Ibidem, p. 51.

2 “Se il furto non è aggravato, se non di ciò che secondo i quattro paragerafi precedenti si esige per costituirlo delitto, la pena è del duro carcere tra sei mesi ed un anno”, cfr. Codice penale…, p. 53.

3 I due paragrafi erano inseriti nel capitolo V dedicato alle circostanze aggravanti ed attenuanti che potevano influire sulla determinazione della pena. Il paragrafo 48 recitava: “Solamente ne’ delitti pe’ quali la pena è determinata ad un tempo non maggiore di cinque anni può il carcere essere ridotto ad un grado più mite od esserne accorciata la durata legale nel caso che concorrano tali e tante circostanze mitiganti che lascino luogo a sperare con fondamento l’emendazione del reo”. Cfr. Codice penale…, p. 21. Per il paragrafo 29, che invece considerava l’attenuante della “iinocente famiglia” cfr. infra.

4 Cfr. infra.