18 In principio era lo stupro

Atti d’investigazione sopra titolo d’attentato stupro violento in Teresa Carotta del fu Francesco, d’anni 22, dimorante in Poiana, ad imputata opera di Beniamino Caldiera detto Zoccato, d’anni 33, ammogliato con due figli, falegname di detto comune.

Stava la giovane Teresa Carotta, nella sera del 26 gennaio decorso, nella corte di casa sua, quando oltrepassava il Beniamino Caldiera che, salutatala, la richiedeva dello stato della di lei madre, che era stata ammalata e, inteso che dessa era al fuoco in cucina, la richiedeva del permesso di salutarla.

Entrarono quindi assieme e colà ei vi rimase per circa un’ora, parlando sempre di oggetti indifferenti.

Quando si congedava, ed era un’ora di notte, la giovane lo accompagnava per tratto di convenienza sino alla porta.

Sortiti dalla cucina, nella stanza che vi è presso, ove sta la porta di sortita, il Caldiera si fece a chiedere a quella giovane il libidinoso commercio, ma dessa si pose a ridere, credendo che egli scherzasse.

Replicò egli per altro la richiesta, promettendole anche che le avrebbe pagato uno staio di polenta e regalati dei dinari.

Come in posteriore esame più dettagliatamente ella indicava, subito dopo il Caldiera le poneva la mano alle pudende, sopra le vesti, onde allora ella riconobbe che non solo voleva scherzare a parole, come da principio erasi avvisata, ma volea venire alli fatti.

Risposegli ella che mai avrebbe aderito alle di lui voglie. Avvicinatisi alla porta, egli, sotto il cappotto che indossava, si slacciava il pantalone ed estraeva il membro virile.

Ella procurava di spingerlo fuori alla porta, dandogli la buona notte, ma desso chiuse ad un tratto la porta col catenaccio, le afferrò con una mano la coscia sinistra, con l’altra il collo, gittolla a terra, le si fece di sopra e, alzatele le gonne sino al ginocchio, tentò d’introdurle il di lui membro nella di lei vagina.

Diceva nel primo esame che allora si dette a chiamare la madre, che ben tosto ivi sopragiungeva, ma nel secondo suo esame, più dettagliatamente esponendo quel fatto, dichiarava anzi che non potea ella gridare perché il Caldiera con una mano le stringeva la gola; e più la stringeva quando ella si dimoveva per allontanarlo da sè.

La madre, sentito il colpo della sua caduta, vi compariva e il vedeva sopra la figlia, avendole già alzate le gonne, non sapendo ella se le osservasse snudato il membro, mentre anzi la madre ritenne al momento che le volesse trafugar i pendenti.

Così ella, la giovane, deponeva quel fatto, dichiarando che se non fosse sopraggiunta la madre avrebbe il Caldiera soddisfatti sopra di lei gli abominevoli suoi desideri, perché né più poteva gridare, né respingerlo per tema di rimaner soffocata.

Ella dovette, per l’agitazione provata, rimanere a letto per otto giorni continui, e della sua agitazione chiamava a testimoni Antonio Brogianigo e Stella Acerbi.

La madre di lei, Marianna Leparini Carotta, corrispondendo alle indicazioni della figlia, accenna come dopo che dessa la figlia accompagnava il Caldiera alla porta, sentissela a chiamarsi “Mama aiuteme”, ed ivi recatasi osservasse la porta chiusa, la figlia a terra, il Caldiera sopra di lei coi ginocchi sul ventre, tenendola stretta con una mano al collo, mentre con l’altra alzavale le vesti, avendole allora rovesciate fino al ginocchio. Ella non deve avergli osservato la nudità della persona, perché anzi ritenne a quel momento che il Caldiera volesse rubarle i pendenti delle orecchie.

Si diede a rimproverarlo, a strapazzarlo, lo prese per li capegli, lo stirò fino a che ebbe a rialzarsi. Ed aperta la porta se la svignava.

Alle grida di lei comparvero appunto la Stella Acerbi e il Broggianigo, ma il Caldiera era intanto partito.

Narravale la figlia come nel mentre lo aveva accompagnato e chiesto avendole di carnale commercio, essendosi rifiutata, la spingesse a terra e, tenendole stretta al collo perché non potesse chiamare o difendersi, tentasse di alzarle le vesti per istruparla, sino a che essa di lei madre giungesse.

Non riportò la figlia alcuna contusione, ma fu obbligata a letto per otto giorni e visitata dal medico, e domandava l’indenizzo di austriache lire 3 per la perdita del lavoro.

Accenna il Brogianigo come in quella sera sentisse dello strepito in quella casa, onde egli vi accorresse per rilevare cosa fosse avvenuto ed osservasse e madre e figlia più tosto spaventate, e intendesse come il Caldiera, dopo di essersi seco lor trattenuto da galantuomo, quando fu nel partire avesse fatte inoneste domande alla giovane e, respinte queste, l’avesse abbracciata e stesa a terra per soddisfare le sue voglie, rimastone impedito dal sopraggiungere della madre.

Similmente l’Acerbi deponeva che in quella sera avea sentito a gridare aiuto dalla madre della Teresa, e questa poi vide spaventata e tremante e dirottamente piangente; e a lei pure il pari racconto faceva che al Broggianigo.

Aggiunge la testimone che piuttosto grave dovette essere il da lei concepito spavento, perché per otto giorni continui fu obbligata a guardar il letto.

Anche Caterina Barocco fa testimonianza di tale di lei alterazione e dell’essere la giovane rimasta per otto giorni a letto, e ciò in causa dello spavento che avea concepito pel fatto avvenutole col Caldiera, che a lei raccontò il dì appresso, avendo pur ella stessa la testimone sentito la madre a chiamare aiuto da quella casa.

Il medico Giovan Battista Bartolomei, chiamato a visitarla, la trovò a letto nel dì appresso e a questo medesimamente narrava l’incidente. Richiesela egli se il Caldiera avesse incominciato ad introdurle il proprio membro, ma a lui ella rispose negativamente, ond’egli ommetteva di farne denuncia. I di lei polsi pur erano in qualche agitazione, non peraltro da esiger la salassazione.

Ad una seconda visita la trovava più tranquilla, onde ne omise alcuna ulteriore, ritenendo che per quel leggiero disturbo sia rimasta a letto due giorni.

Sentito il Caldiera colle riserve, accenna di conoscer bensì quella giovane, perché colla madre abitava sino al 11 gennaio 1846 un casolar da lui subaffitato, ma negò di aver mai posto piede in lor casa dopo che passarono ad abitare ove attualmente si attrovano e come sarebbe avvenuto il fatto enarrato.

Al qual proposito avvertasi che la madre della Teresa, nel suo esame, indicava che fra sua figlia e il Caldiera passava buona relazione di conoscenza, ma niente più oltre, né erasi egli mai presa libertà, né con parole, né con fatti. E la politica autorità riferiva che erasi da lei rilevato non aver sussistita fra essi alcuna tresca amorosa.

Quanto al carattere di quella giovane e del Caldiera, il Brogianigo, che non fa cenno del Caldiera, dichiara che la ragazza in comune non gode il migliore concetto in linea di onestà.

La Barocco nulla sentì dire di male del Caldiera, ma invece indica che quella giovane gode poco buon concetto, specialmente in linea di onestà.

La Stella Acerbi invece non sentì mai a dire che la Carotta fosse facile a prendersi libertà cogli uomini, quando il Caldiera sia piuttosto inclinato alle licenze disoneste, anche coll’uso della violenza, per cui siano frequenti per tale oggetto i disapori colla propria moglie.

Il commissariato poi il dichiara di poca accostumatezza, altra volta inquisito per simile oggetto, ed il contrario attesta della giovane Teresa Carotta.

Egli poi il Caldiera è esente da pregiudizi per la fedina politica, e la criminale non segna che una desistenza per mancanza d’indizi e per titolo di furto.

Sopra tali risultanze assoggetto il seguente

Voto

Se alcuno fra i testimoni non sì bene riporta la fama della giovane Teresa Carotta in linea di feminile onestà, ella è però da altri caratterizzata per onestà e tale la dipinge la politica rappresentanza, che da pure sorgenti deve avere attinte le informazioni.

Comunque però sia, il fatto di stupro può commettersi anche contro una inonesta, anzi anche contro una prostituta donna, per ciocchè esso è costituito dalla violenza dell’attore contro lei non vogliosa a soddisfarlo.

Questa violenza però deve risultare avvenuta, ed il fatto odierno la dimostra già praticata.

Se di onesta femina si trattasse, la deposizione di lei sola farebbe prova della questione del fatto che in altra forma comprovare non si potesse, in senso al paragrafo 404 e dell’appendice 18 del Codice.1

Non può dirsi inonesta la reclamante, perché tale non dichiarata ad unisone testimonianze e perché diversamente fatta conoscere dalla politica autorità.

Ma dessa nel suo attestare è poi anche assistita e dalla madre che intesela a chiamar soccorso perché posta a periglioso cimento, e sullo strepito fatto da quelle donne, sentito dai vicini che vi accorsero e che lo ascoltarono; e perché fu sempre corrispondente, e in giudizio ove giurava le sue deposizioni, e nelle immediate sue constitutioni; e perché fu dal Brogianigo, dall’Acerbi osservata ben tosto spaventata e dolente per quanto erasi in essa lei operato e più tentato di operarsi dal suo violentatore.

Anche il medico il dì appresso la ritrovava con polsi alterati; anche la madre e la Barocco e l’Acerbi la videro per otto giorni a letto in causa del concepito spavento.

Ella quindi la donna è credibile e le circostanze che accompagnarono il fatto fanno acquistare a tutto il di lei deposto piena fede; e tanto più lo fanno che l’imputato, negando di essere intervenuto in quella casa, fa colla sua negativa conoscere che a mal partito vi si era condotto e che turpe azione vi voleva commettere, mentre altrimenti non avrebbe avuto ragione di negarlo, se desso anzi aveva con essa una amichevole relazione, sino da quando abitavano un casolare ad essa affittato da lui.

Ora la giovane depone come il Caldiera (d’altronde dipinto dalla politica autorità di poca costumatezza, e da qualche altro testimonio così parimenti descritto) le esternasse la sua intenzione di voler libidinoso sfogo con lei, a cui essendosi ella rifiutata, l’apprese, la gittò a terra, la strinse con una mano al collo per impedirle difesa e la possibilità di chiamare, le alzò le gonne e tentò l’atto carnale.

La madre di lei lo sorprese sulla figlia e pure con la mano al collo, se dessa non osservò che avesse denudata la parte virile, perché suppose che volessele rapinare i pendenti, non mancò comprovare la violenza che le praticasse e dalla quale essa stessa il distolse stirandolo per i capegli.

La violenza fu effettivamente usata dal Caldiera alla Carotta e tale violenza con la più manifestata volontà di violarla.

Egli quindi commise il delitto di stupro violento, che restò nei limiti dell’attentato non per di lui volontà, ma per la negazione e resistenza della giovane e l’avvenuta sorpresa della madre di lei.

La diretta accusa della tentata e la deposizione della madre, che lo sorprese sopra il di lei corpo, lo indiziano legalmente siccome autor del delitto. E quindi propongo che ritenuto sussistente e delitto di attentato stupro violento il fatto avvenuto la sera 26 gennaio decorso in Teresa Carotta, sia aperta la speciale inquisizione al confronto di Beniamino Caldiera detto Zoccato fu Lorenzo, d’anni 33, ammogliato, falegname, domiciliato a Poiana, come legalmente indiziato di tale delitto. Requisito il regio commissario di Lonigo per fare eseguire l’arresto e traduzione in queste carceri criminali.

Li 13 marzo 1849

Fanzago

Conchiuso per maiora col voto del relatore

Richiamata dal signor consigliere aulico presidente la votazione, il giudice supplente Ruggeri conveniva col voto del relatore.

Il giudice supplente Alverà disse per costituire l’attentato stupro esigonsi atti propriamente iniziativi la copula naturale ed affatto prossimi alla effettiva carnal congiunzione. Per lo stesso asserto della querelante, a tali atti non devenne propriamente il prevenuto Caldiera, se dessa tocca neppur veniva alle parti pudende e se veruna traccia della sostenuta violenza ne conseguiva.

Quand’anche pertanto attendibile si fosse il detto di quella giovane, gli atti su di essa intrapresi dal Caldiera tali non erano che contabile lo rendessero del delitto d’attentato stupro.

Ed inoltre tutta la fede non può meritarsi la querelante che il complesso delle tavole processuali designa per femmina poco onesta, né il di lei asserto può venire avvalorato dalle deposizioni della madre, se da essa lei richiamata soltanto nell’ultimo stadio del fatto, se quella donna non vedeva denudato il Caldiera in alcuna parte del corpo e se perciò riteneva che a tutt’altro genere di violenza e forse allo spoglio degli orecchini della figlia desso mirasse.

Per tali riflessi non ravvisava il votante provato il fatto cogli estremi dell’attentato stupro violento e quindi riteneva che si dovesse tralasciare ogni ulteriore investigazione al confronto del prevenuto.

A questo punto il consigliere relatore fece osservare che vi erano gli atti propriamente iniziativi alla copula, sia perché lo scopo fu dichiarato dal Caldiera e sia perché vi diede principio all’opera, ponendole le mani addosso e gittandola per terra.

Il giudice supplente Meneghini era egli del voto del relatore, riscontrando egli pure gli atti inziativi alla copula per parte del Caldiera, perché dietro l’esternato suo desiderio aveva estratto e denudato il membro virile, presa e gittata a terra la giovane Teresa Carotta; e sebbene non si avevano le dichiarazioni della di lei madre che vedesse il Caldiera denudato o scoperto in alcuna parte del corpo, però lo rinveniva a contatto con la figlia, a cui si doveva prestare credenza dietro le di lei politiche informazioni.

All’imperial regio commissario in Lonigo

Nota

Con odierna deliberazione di questo tribunale fu aperta la speciale inquisizione in titolo di attentato stupro violento al confronto di Beniamino Caldiera detto Zoccato fu Lorenzo, falegname domiciliato a Poiana. Lo si ricerca quindi per l’arresto e traduzione sotto sicura scorta in questi recinti carcerari.

Vicenza 13 marzo 1849

Clementi vice segrtario e protocollista

Atti d’inquisizione ultimata in titolo di tentato stupro violento in Teresa Carotta del fu Francesco, nubile, d’anni 22, di Poiana, la sera del 26 gennaio 1849, ad imputata opera dell’arrestato Beniamino Caldiera detto Zuccato, d’anni 33, ammogliato con due figli, l’uno d’anni 3, l’altro di 13, falegname, pur di Poiana; esente da procedure politiche, con una desistenza criminale per mancanza d’indizi in titolo di furto; non scevra del tutto da politici pregiudizi la di lui fama, condotta e carattere, avendo dato saggi di poca costumatezza come da rapporto che leggo. Costituito la prima volta il giorno 4 aprile nell’inquisizione chiusa il 20 andante. Abbastanza tranquillo inanzi al consesso, ma arrogante nei confronti e diindole scaltro. Di buona condotta in carcere e dichiarato atto agli inasprimenti di legge.

Preleggo la relazione, sulla quale fu segnata contro il Caldiera l’accusa in istato di arresto con deliberazione 13 marzo decorso a maggioranza di voti.

Tratto nel carcere, si rendea negativo il Caldiera e nella sua negativa ei persisteva anche nel costituto ordinario.

Lungi dall’averle praticate le violenze, di che la giovane con giuramento si querelava e che la madre di lei confermava, egli non erasi neanco ritrovato in lor casa; e false le proclamava entrambi nell’attestarlo.

Essere quella una vendetta che si facessero perché egli le avea discacciate l’anno inanzi da’suoi coperti, comechè ne avesse da esse più dispiaceri perché le rubassero di continuo e faggiuoli e biade ed uva.

Si volessero poi anche elleno vendicare perché al momento che dovettero abbandonare la casa, egli volle essere garantito col pegno di un caldiero per il debito di venete lire 6 o 7 che gli rimanevan di fitto, come averebbelo potuto attestare Giovan Benedetto Gazzotto.

E quanto all’onestà di quella giovane, nulla aver sentito sopra lei mormorar per lo inanzi, ma in seguito aver inteso che fosse anzi incinta di certo Barbiero Stefano, la cui moglie, anzi, per ciò che avea inteso dalla propria, erasi recata a rimbrottare quelle donne, perché esso di lei marito incolpassero di quella gravidanza: volerle al confronto perché erano menzognere nell’accusarlo.

Né vi decampava allora che si esponeva come la incolpazione contro di lui si ravvalorasse del fatto che, datesi tosto dopo a gridare soccorso e sopraggiunti l’Antonio Brogianigo e Stella Acerbi, loro narrasse la giovane il fatto come poi lo deponeva in giudizio e la trovassero spaventata, tremante e dirottamente piangente, come anche il narrasse il giorno appresso a Caterina Barocco, che facesse poi testimonianza come la giovane stessa avesse dovuto per otto giorni rimanersene a letto pel concepito spavento, pel cui danno anzi le donne ricercavano di essere compensate in austriache lire 3.

Ma continuava il Caldiera nel tacciarle da false e che questo non fosse che un loro progetto per vendicarsi di lui, che avevale allontanate da suoi coperti.

Non dovere ad esse compenso di sorta, perché nulla lor fece.

Se i testimoni la osservarono quella giovane in istato di concepito spavento, era simulata quella sua paura, era imaginata la avuta violenza, perché egli non trovossi ne anco in lor casa.

E come si rimarcava che anche il medico signor Giovan Battista Bortolammei aveva il giorno appresso trovata la giovane a letto e in qualche agitazione, ne avea rinvenuti li polsi pel fatto che a lui pur raccontava, volea che da sé procurata si avesse la febbre, perché infatti ei non erasi ritrovato in quella famiglia.

Come l’Antonio Brogianigo avea deposto che inanzi le sentite grida di aiuto, essendo passato per quella casa, avesse intesa la di lui voce, quando le donne lui facevano nella loro cucina che tranquillo seco lor discorreva, così la deposizione di tal testimonio gli si obbiettava a sostegno delle accuse di quelle femine e a riconvincimento della di lui negativa del non essersi neanco trovato in quella casa.

Egli però tacciava il Brogianigo come esacerbato contro di lui per contrasto avuto nell’osteria, di cui l’oste Zanchetta avrebbe potuto dar conto, ed essere poi il Brogianigo l’amante della Carotta, che facilmente dovevala favorire.

Ma desso inclinato alle disoneste licenze, perché poco costumato, emergeva dal processo. E la Stella Acerbi il dichiarava, onde anzi accennava, che frequenti fossero i contrasti domestici che fra lui e la moglie sua succedessero; esibiva in sé la capacità di delinquere nei fatti di cui al presente emergeva imputato, al confronto di quella giovane, di cui aveansi favorevoli le politiche informazioni.

Ei si dichiarava non dedito a tali licenze, se la moglie pur ebbe qualche sospetto, lo ebbe dopo l’imputazione datagli dalla Carotta, non prima. Non poter egli stesso dire che la giovane fosse una libertina, perché anzi non ebbe mai a sentir nulla di lei quando l’ebbe sotto a’suoi coperti, né egli mai averle usate soprafazioni di sorta, quando più facilmente ciò praticar le avrebbe potuto.

Aver però inteso da poi che la Carotta fosse rimasta incinta di Stefano Barbiero e come erasi sparsa tale incolpazione che ella dava a cotestui, la moglie di esso si portasse anzi a rimproverar quelle donne, per quanto inteso egli aveva dalla propria sua moglie.

Ma comunque reggesse che quella giovane fosse quella incinta che la dichiarava, non per questo, aggiungevasi, veniva meno la colpa di lui, se il delitto consisteva nell’eccessiva violenza che usata avesse contro di lei, qualunque ella fosse, onde ridurla allo sfogo della propria libidine. Egli però persisteva nel non aver mai con essa voluta una soddisfazione di sorta, né alcuna soprafazione averle poi praticata.

Le introduzioni di lui, e fra le altre quella che Maria Silla potesse attestare che desso non si fosse ridotto in quella casa, perché erasi spiegata con lui di dover convenire di non avernelo veduto, ella che erale vicina di casa, fecero ad altri esami procedere. Ed eccone il risultato.

Riassunte le donne sulla causa del loro allontanamento e sul richiesto pegno di quel caldiero, esse dissero che nessuna causa ebbero di conservar odio per lui. Che ben loro dispiacque la rigorosità con cui ebbele a trattare col voler quel pegno, che ben tosto anco ricuperarono ponendo sul monte alcuni effetti di oro; ed il Garzotto loro corrispondeva, perché non ne avea intesa minaccia o parola che dimostrassero in esse tristo animo contro di lui.

Ma ciò rinfacciato al Caldiera volea pure che ne avessero conservato dell’astio, perché lui accusassero falsamente.

Ammetteva la Carotta di essersi bensì trovata incinta ed esser anzi al sesto mese, onde egli il Caldiera la addimandava pria di usarle quelle violenze di soddisfarlo, dicendole che non potea nulla temere se era in gravidanza, ignorando dessa come egli il conoscesse, ma tutte invenzioni queste essere, replicava il Caldiera, perché egli era affetto alla moglie, cui mai non facesse alcun torto.

E quanto al fatto di quella sua gravidanza, ella diceva di avere incontrata la relazione con il Barbiero, che però negò di avernela avuta. Ammetteva la donna che la moglie del Barbiero ne la rimbrottasse, ma a lei accennava non sussistere la sparsa vociferazione, onde non dar causa a famigliari dissidi fra il marito e la moglie.

Quanto ai dissidi domestici che in causa delle sue tendenze inoneste fossero insorti fra esso Caldiera e la moglie sua, essendosi questa astenuta dal deporre, la Stella Acerbi voleali avere intesi da Maria Trevisan, ma questa non ricordava di averne parlato.

Ciò per altro comprovava che tale fosse la vociferazione che ne era sparsa in comune, come a lui rinfacciavasi in posterior costituto, ma desso negava li famigliari disapori per oggetti di tale tendenze, in lui non sussistenti; e questo non essere che l’effetto di male lingue, ben facile essendo che presto si divulgi una voce che acquista forza col disseminarsi.

Quanto poi al Brogianigo, che volea avere distinta la di lui voce in quella sera nella casa della Carotta, riassunto lo stesso sull’alterco che il Caldiera voleva che fra lui ed esso avesse sussistito, nel mentre accennava che nell’osteria qualche parola avvenisse, perché pretendesse il Caldiera di non aver perduto un bicchiere di vino, ma che nessun contrasto fosse avvenuto, perché ben tosto si era egli rimesso.

Retificava su quell’ascolto della di lui voce il precedente deposto, esponendo che bensì vi avea ascoltata la voce di un uomo, ma non l’avea distinta, e che poi ascoltando che vi era stato il Caldiera e lui dalle femine imputandosi di quella violenza, avea calcolato che quella voce dovea essere stata di lui, dicendolo per presunzione su quel racconto a lui dalle femine fatto, non perché veramente egli potesse quella voce assicurare che fosse del Caldiera.

Locchè doveasi far noto al Caldiera, il quale quanto al contrasto conveniva che vi era passata una qualche parola e non più, come anche l’oste Zanchetta esternava, ed in quanto alla voce che vi aveva ascoltata quel testimonio, aggiungeva che non potesse già egli distinguere la propria, perché non era stato egli in quella casa.

E come voleva che potesselo asseverare la vicina Maria Silla, che anzi assicuravalo di non averlo veduto a quelle parti, gli si rimarcava come emerso fosse dal posteriore di lei ascolto ciò non anco sussistere, perché la donna nol potesse escludere od affermare, mentre a quell’epoca ella dimorasse in parte bene disgiunta da quella casa.

Locchè egli ascoltando, soggiungeva che la donna non avrebbelo già potuto vedere ad entrarci ove pure fosse stata presso la porta, perché altrimenti non erasi in quella casa recato.

E così sosteneva al confronto con la madre e figlia Carotta, che a lui entrambe quel suo fermarsi per un’ora circa in lor casa rinfacciavano.

E quanto al fatto, la giovane gli ripeteva alla faccia come, accompagnandolo dessa nel partire, la ricercasse dapprima del carnale commercio, dicendole che nulla potesse temere perché era già incinta, le promettesse e uno staio di pollenta e dinari, ma al rifiuto di lei, slacciatisi i calzoni ed estratta l’asta virile, le facesse conoscere come volesse soddisfar con lei la propria libidine.

Cercasse ella di spingerlo fuor della porta, ma desso a forza la chiudesse a catenaccio, le afferrasse con una mano la coscia, con l’altra il collo, la gittasse a terra, le alzasse le gonne, le tenesse allargate le gambe, le applicasse il membro alla natura; ella si difendesse, gridasse, né valse di consumare lo stupro perché, sopraggiunta la madre lo sorprendesse e questa il prendesse per li capegli ed egli fugisse.

Gli sostenne alla faccia che indarno ella avrebbe potuto continuar nella difesa, perché presa per la gola credea di rimanere soffocata.

Così la madre di lei sosteneva, come avendo intesa la voce della figlia che a stento ne la chiamava, accorsa, il vedesse sopra la figlia che stretta teneva con una mano al collo, alzandole con l’altra le gonne. Ove, al momento, ritenne che volessela derubare degli orecchini, non avendo nella confusione osservata se fosse ei denudato nella persona, ma sentito tosto dopo dalla figlia come avesse voluto stuprarla, ben si accorgesse che quella sua posizione lo dimostrasse nel fatto.

Ai quali rinfacci ei non sapeva che soggiungere se non che erano false e che si volessero vendicare di lui, perché le avesse discacciate per i continui rubamenti che gli praticavano, come eransi mantenuti i bacchi da seta colla sua foglia.

Ma le donne energicamente gli sostenevano che nulla a lui rubato esse avevano; che nessun lagno elleno avevano avuto di lui prima del fatto, com’egli nessuno di esse, che tanto era falso nell’affermarlo, quanto che neanco avessero mantenuti bachi di seta per derubargli la foglia; che poi le avesse licenziate non per altro che perché licenziato egli stesso dalla casa ove abitava, avea dovuto prevalersi di quella che ad esse aveva concesso. Al che non seppe egli una positiva negazione soggiungere.

Quali esperimenti di confronto pur si eseguivano, come che non anco venissero retrocessi dalla regia pretura i posteriori loro esami che eranle stati rimessi perché mancanti della metodica sigillazione, ma che però si sostennero dalle testimoni colla maggiore precisione e forza sulle vitali circostanze del fatto.

Così chiudevasi la procedura, sulla quale assoggettasi il seguente

Voto

Anche le successive emergenze non permutarono l’indole del fatto, che fu colla precedente deliberazione classificato a delitto d’attentato stupro violento.

Se pur emerge che la giovane attentata Teresa Carotta fosse ella incinta all’epoca del fatto, e lo fosse d’illegitimo amore con anco un uomo vincolato a matrimonio, onde non potea neanco sperare di mai seco congiungersi in legitime nozze, e se qualche testimonio, forse per quegli amori di poco buon concetto la dica in linea di feminile onestà, comunque e la politica auttorità lei di buona condotta e senza pregiudizi ne la dipinga, e tale altri la proclamino e lo stesso inquisito nulla ne accampi al contrario, non ne discenderebbe però che in lei consumar non si potesse lo stupro, perché tale delitto non si commette che colla violenza, la quale anche con donna di non morgerati costumi puossi ancor praticare, allora che dessa non si talenti di condiscendere alle ricerche di libidinoso amatore.

I nuovi atti maggiormente dispiegano, poi, e la volontà dell’inquisito ad attenere lo sfogo di sua libidine con essa giovane, e maggiormente dettagliano atti iniziativi la copula.

Spiegò già la sua volontà invitandola anco con promessa al carnale commercio, e quel dirle che, essendo incint,a non potea nulla temere dal suo commercio medesimo, ben dimostra la determinata sua intenzione, qual ella si fosse. Agiva quindi in seguito per ottenerne lo scopo, sul rifiuto di lei che gliel dinegava.

Non altro scopo potea avere se l’afferrasse pel collo, la gittava a terra, le alzava le gonne, perché già lo avea manifestato col dirle che volea di lei soddisfarsi.

L’approssimarsi che fece coll’asta virile alla vagina era sicuramente un atto iniziativo alla copula vagheggiata, e più precisamente il ne dimostrava il tentativo di eseguirnela.

Se è bastevole la deposizione di quello contro cui vien commesso il delitto a provare la qualità del fatto, allorchè non possa in altro modo tal prova ottenersi (paragrafo 404, appendice XVIII), ciò sicuramente deve aversi per applicabile nei fatti di cotal genere, dove i testimoni mal si potrebbero pretendere sull’essenziale che il consumato delitto di stupro comprende.

E pari deve pur essere l’applicazione nei casi dell’attentato, se la legge ai consumati delitti parifica ancor gli attentati di essi (paragrafo 72).

Di tale delitto è accusato l’arrestato Beniamino Caldiera detto Zuccato.

Vuolsi quindi riconoscere se di sua delinquenza se ne abbia ottenuta la prova giuridica.

Tale io la ravviso sorgere per mezzo […] di testimoni, risultante dalle deposizioni della giovane, su cui praticava il delitto e dalla madre di lei, che sulla figlia il sorprendeva in quell’atteggiamento che il dinotava, comunque dessa nella confusion del momento si pensasse che altro scopo avesse quel violento di esso procedere.

Ritenuto il principio che lo stupro consista nella violenza usata da taluno a porre una donna fuori del caso di far resistenza alle libidinose sue voglie.

Ritenuto che lo scopo della violenza che si comprovi avvenuta, nel caso nostro risulta provato dalla deposizione della giovane, perché la deposizione della danneggiata è bastevole a comprovare la qualità del fatto, e poiché gli atti stessi che accompagnarono la violenza lo manifestano, quali sarebbero quelli dell’alzate gonne, del sovraporsi della persona alla supina giovane atterrata, la violenza risulta per le concordi attestazioni di esse due testimoni, cioè per esse risulta provato l’estremo che realmente costituisce il delitto di stupro, associato colla mira del libidinoso commercio.

La violenza è attestata dalla giovane che mal più potevasi difendere nella tema di rimaner soffocata. Ed è attestata dalla madre mentre sentiva la stentata voce a richiamarla in aiuto ed accorsa la scoperse supina, e il Caldiera ravvisava sopra la figlia, che con una mano al collo tenevala e con l’altra le alzava le gonne.

Entrambi gli atti stessi riportano ed entrambe glieli sostennero al procurato confronto.

La violenza è quindi comprovata per testimoni; lo scopo della violenza è manifestato dalla attentata ragazza, quello che volesse soddisfar la libidine sopra di lei; gli atti, la [sua] posizione, quella dell’imputato il dimostrano.

Egli è quindi convinto per testimoni del commesso delitto.

Ma anche la prova indiziaria, nei sensi della sovrana patente 6 luglio 18333, potrebbesi ravvisare raggiunta da alcuno, benchè io appoggi sulla prova per testimoni.

Di poco costumato carattere qual è dipinto, il Caldiera avrebbe in sé la capacità a delinquere in tal genere di mancamenti che alla scostumatezza del libertino si addicono, onde per lo spirito del paragrafo 6 due soli indizi si riterrebbero sufficienti a somministrare la prova di delinquenza.

Se non che una ragione maggiore vi sussisterebbe per far accoglier la prova a mezzo di due indizi soltanto, il risultare cioè riprovato ciò che esso allegava a propria giustificazione, in senso al successivo paragrafo 7.

Non volea egli essersi ritrovato in quella sera in casa delle Carotta, e ciò per escludere che egli potesse essersi indotto all’azione che gli si opponeva commessa.

Ma in questa discolpa è riconvinto da entrambe le donne che gli sostennero in faccia come anzi vi si era trattenuto per circa un’ora, poco prima che il fatto avvenisse.

Né dicasi che perché tal circostanza venga comprovata colla deposizione di quegli stessi che poi servono ad altre indicazioni, non possa meno risguardarsi per attendibile, mentre per lo spirito della legge (paragrafo 5 di essa patente) non può prendersi in diverse relazioni una circostanza qualunque, non è di vietare che un testimonio solo non possa far testimonianza di più circostanze fra loro differenti e non contemplate sotto una medesima rubrica.

Un indizio, per tanto, ne sorgerebbe dalla diretta accusa della giovane, imputata in senso al paragrafo 2, numero 4.

Un secondo nella deposizione della madre, che attesta sul fatto della violenza e riferisce atti tali che si riferiscono all’esecuzione del delitto, in senso ed a termini del paragrafo 4, numero 2 di essa sovrana patente.

Punibile lo stupro e quindi, per disposizione generale di legge surricordata, anche l’attentato di stupro violento da 5 a 10 anni di duro carcere, per il disposto del paragrafo 111.4

Fatto riflesso che il Caldiera non sofferse precedenti positive censure, benchè sia dipinto di non morigerato costume.

Fatto riflesso che egli lasciossi indurre al delitto anche per ritenere non così morigerata la sua vagheggiata, come quella che trovavasi incinta per illeciti abbracciamenti.

Fatto riflesso essere egli marito a tenera moglie e padre a due innocenti creature, onde a lui sarebbero applicabili le disposizioni benefiche dei paragrafi 48, 49, se fosse negli attributi del primo giudice di poternelo applicare.

Propongo: che dichiarato colpevole Beniamino Caldiera detto Zuccato dell’imputatogli delitto di tentato stupro violento, sia condannato ad anni 5 di duro carcere da espiarsi nella casa di forza in Padova, nelle spese processuali ed alimentarie e nella tansa di fiorini 12 per la sentenza, non che al risarcimento dei danni verso Teresa Carotta, liquidatti in austriaci fiorini 3, coi riguardi di legge.

Che la sentenza sia cogli atti subordinata all’imperial regia sezione d’appello, con raccomandazione perché venga mitigata la pena al minor limite delle sue atribuzioni, in senso al paragrafo 441; e vedrà la sullodata sezione se sia anche il caso di una ulteriore mitigazione che dal paragrafo 443 suddetto si raccomanda.5

Li 24 luglio 1849

Fanzago

Conchiuso per maggiorità col voto del relatore.

Dal consigliere vicario Marchesini richiamata la votazione, li giudici Ruggieri e Meneghini convennero col proposto dal relatore.

Il giudice poi Bertagnoni dubbiava sulla natura del fatto, mentre non ci scorgeva tale una violenza diretta al conseguimento dello scopo prefisso, cioè il disfogare le libidinose voglie sulla donna, che d’altronde non è favorevolmente descritta, proponeva che si dovesse sospendere il processo per insufficienza di prove legali del fatto delittuoso di stupro.

Sentenza d’appello

Proposto il processo costrutto in confronto dell’arrestato Beniamino Caldiera detto Zoccato, imputato del delitto di attentato stupro violento, costituito la prima volta il giorno 4 aprile prossimo passato, chiusa l’inquisizione il 20 luglio successivo, vista la consultiva sentenza dell’imperial regio tribunale provinciale di Vicenza 24 luglio 1849, numero 807, colla quale ritenuto colpevole il nominato Beniamino Caldiera detto Zoccato dell’imputatogli delitto di stupro violento, lo condannò alla pena del duro carcere per anni cinque da espiarsi nella casa di forza in Padova e negli accessori di legge, visti ed esaminati gli atti processuali;

l’imperial regia sezione d’appello in Verona, come superior giudizio criminale, in riforma della prefatta sentenza, giudica doversi sospendere in confronto di Beniamino Caldiera detto Zoccato il processo per difetto di prove legali sull’imputatogli delitto d’attentato stupro violento, condannato però al pagamento delle spese processuali di vitto e tassa della sentenza in fiorini 12, colle riserve del paragrafo 537 del Codice penale, parte prima.

Di ciò, col ritorno degli atti rassegnati col rapporto 24 luglio prossimo passato, numero 807, si rende inteso codesto tribunale per la corrispondente intimazione ed esecuzione.

Dall’imperial regia sezione d’appello

Verona li 7 agosto 1849

All’imperial regio tribunale provinciale di Vicenza

1 Il paragrafo 404 del Codice, ricordato dal relatore, prevedeva che a costituire prova legale fossero necessarie le deposizioni di due testimoni. Tuttavia, la semplice testimonianza della persona offesa era sufficiente a determinare l’effettiva esistenza del delitto. Il paragrafo 18 della prima appendice al Codice ritornava sull’argomento riportando il decreto aulico del 20 luglio 1810: “La deposizione della persona danneggiata allora secondo la legge fa prova legale del corpo del delitto, anche riguardo alle circostanze non ammesse dall’imputato, quando non è possibili di provare in altro modo il fatto, e d’altronde non evvi eccezione alcuna contro la deposizione del danneggiato a termini del paragrafo 414…”, cfr. Codice penale…, pp. 139, 220.

2 “Non è necessario a costituire il delitto che il fatto sia realmente consumato. Il solo attentato d’un fatto criminoso costituisce già il delitto, tosto che il mal intenzionato intraprende un’azione tendente all’effettiva esecuzione del medesimo, ma ne viene interrotto il compimento soltanto per impotenza, per ostacoli d’altronde sopravvenut o per puro caso”, cfr. Codice penale…, p. 9.

3 Cfr. Infra.

4 “La pena di questo delitto è il carcere duro tra cinque e dieci anni. Se dalla violenza è derivato un grave pregiudizio nella salute od anche nella vita di una persona offesa, la pena dee protrarsi ad una durata tra i dieci ed i vent’anni”, cfr. Codice penale…, p. 40.

5 I due paragrafi citati dal relatore e compresi nel capitolo XI (Della Sentenza) affrontavano i rapporti tra tribunali di primo grado e la sezione d’appello. Il paragrafo 441 recitava: “E’ in oltre accordata al tribunal superiore la facoltà di mitigare la sentenza, non solo quando gli sono mandati gli atti pel caso or ora indicato, ma anche quando gli vengono trasmessi per uno de’ motivi contemplati nel paragrafo 435. Nondimeno ne’ casi, in cui a termini della legge si sarebbe dovuto misurare la pena tra i dieci ed i vent’anni, non può questa per le circostanze mitiganti esser resa più mite riguardo alla specie, ma solo riguardo alla durata, né ridursi a tempo minore di cinque anni; ed alla stessa maniera, ove dalla legge è determinata la pena tra cinque e dieci anni, non può esser ridotta a tempo minore di due anni. La pena di morte o del carcere perpetuo stabilita dalla legge non può dal superior giudizio criminale esser cangiata in una pena men dura”. Il paragrafo 443 prevedeva i casi in cui il superior giudizio criminale poteva sottoporre le sentenze emesse al tribunal supremo di giustizia, cfr. Codice penale…, pp. 155-156. Su questi aspetti si rinvia a quanto osservato nel saggio introduttivo.