3 Il servitore

Stupro in Elisabetta Piccoli imputato a Francesco Frasin detto Giorio, arrestato

Il comune di Longare con suo rapporto denunciò come Elisabetta, figliastra di Marco Piccoli di detto luogo, venisse violentemente stuprata dal villico Francesco Frasin nel giorno 28 agosto decorso, dimettendo nel rapporto stesso la fede battesimale di essa giovane, che dimostra toccare il tredicesimo anno di sua età, e la denuncia del chirurgo Zanella che la giudica deflorata, trovato avendo le parti genitali gementi sangue, e dilatate più di quel che porta la di lei età.

Sentita in esame la madre, dichiarò che, trovatasi in quel giorno 28 agosto nel suo cortile colle di lei figlie Domenica, Marianna, Elisabetta e Teresa, intenta a pettinarle, il Francesco Frasin detto Giorio, che in qualità di famiglio lo teneva alla sua dipendenza, invitò la Elisabetta ad andare seco lui a mangiare dell’uva nei vicini campi, come diffatti vi andò.

Che scorso appena un quarto di ora, il Frasin da solo ritornò nel cortile. Osservandolo confuso e taciturno ed avendo inteso a piangere la figlia Elisabetta che sola se ne era rimasta nei vicini campi, interpellò il Frasin cosa le fosse accaduto, giacchè con lui era partita, ed egli le rispose che non sapeva niente.

Recatasi la madre nei campi, rinvenne la figlia, ed avendola interrogata quale fosse il motivo del suo pianto, altro sulle prime non diceva senonche “Copè il vecchio, copè il vecchio”, ma in seguito poi ebbe a manifestarle che un pretesto si fu quello di andar mangiar uva, giacchè il Frasin, quando fu nel campo, la gettò con forza a terra, le pose una mano alla bocca, si abbassò i calzoni e, montandole sopra, la ebbe carnalmente a godere, durando questo atto un quarto di ora circa, e soffrendo alla parte i più forti dolori.

Intesa tal cosa, l’afflitta madre fece conoscere l’accaduto al marito, il quale, avendo ispezionata la figlia nella parte offesa, pur troppo conobbe vero il fatto, riscontrando che spargeva molto sangue.

Ancora in quella sera i genitori licenziarono dal loro servizio e tosto partì il Frasin, il quale mai ebbe a rispondere ai loro lagni, e credono che possa in presente trovarsi a Barbano.

La figlia Elisabetta narra di essere andata col Frasin, dietro di lui invito, nei vicini campi per mangiar uva, ma quando vi fu, anziché mangiarne, venne improvvisamente abbracciata dal Frasin e gettata a terra, e siccome supponeva che egli volesse percuotterla, era gridando per chiamare la madre, ma esso le impedì, ponendole una mano alla bocca, e minacciandola di ammazzarla se gridava e, facendosi sopra lei, la violò, partendo poi da solo, e lasciandola in preda al suo dolore, fino a che venne soccorsa dalla madre.

Disse ancora che due volte in precedenza le avea usati tratti indecenti per isfogare la sua libidine, ma però senza violenza alcuna.

La giudiziale ispezione praticata sopra questa fanciulla stabilisce che sia stato introdotto nella di lei vagina un corpo di qualche solidità, ed abbia conseguentemente portata la deflorazione, ma che tale alterazione non recò, né recherà danno alla di lei salute.

In pendenza di sentire altri esami testimoniali sopra il fatto all’uopo citati, rassegno il contrascritto

Voto

Il fatto della denunciata deflorazione nell’impubere Elisabetta Piccolo egli è legalmente stabilito dalle denuncia chirurgica, dal di lei esame e dalla successiva giudiziale ispezione.

Il fatto è poi da ritenersi a delitto di stupro violento giusta il capitolo 15 del Codice penale, essendo la fanciulla stuprata di un’età al di sotto degl’anni quattordici1.

Di questo delitto ne risulta legalmente indiziato autore Francesco Frasin detto Giorio d’anni 58 circa, fu famiglio presso la famiglia Piccoli in Longare, il quale accennasi ora abitante in Barbano.

E ciò dalla deposizione della stessa stuprata, nonché dalla circostanza di essere il Frasin quell’unico che si era recato in que’momenti nei campi ove avvenne lo stupro.

Egli è quindi che propongo che sia contro il detto Frasin Francesco detto Giorio aperta la speciale inquisizione, rilasciandone l’ordine a questo regio pretore delle guardie di sicurezza di eseguire il di lui arresto, e tradurlo a queste carceri criminali.

Vicenza, 14 settembre 1830

Cavazzani

Conchiuso ad unanimia

Nota

Al regio commissariato distrettuale di Camisano

Si ricerca codesto regio commissariato di far arrestare e tosto tradurre a queste carceri Francesco Frasin deto Giorio del fu Giovanni, era domestico di Marco Piccoli di Longare.

Vicenza 14 settembre

Cavazzani consigliere

Scarsellini segretario

Referato finale

Nella sessione delli 14 scorso settembre venne ritenuto verificato il fatto di stupro violento avvenuto li 28 agosto precedente nell’impubere Elisabetta Piccoli, e di questo delitto legalmente indiciato autore Francesco Frasin detto Giorio d’anni 58, famiglio presso quella famiglia, ordinando il di lui arresto e come dalla relazione pezza terza che passo a legere.

L’arresto del Frasin ebbe luogo soltanto nel giorno 8 decembre, a motivo che tardo soltanto si seppe il luogo della di lui dimora.

Sottoposto quindi l’arrestato a sommario costituto, disse che fino dal S. Martino 1829 egli s’attrovava in qualità di famiglio presso Marco Piccoli detto Canoli.

Che Elisabetta di questo figlia, che intese essere dell’età d’anni quattordeci circa, lo eccitava ad usare seco lei carnale comercio, allungando anche le mani verso i di lui calzoni.

Che conoscendo egli che queste non erano cose da assecondare, più volte vi si rifiutò, ma tuttavia quella gli andava ripetendo atti illeciti, e le preghiere di volerla contentare.

Che però in un giorno dell’autunno ultimo scorso, eccitato nuovamente dalla stessa a volerla seguire nei vicini campi, egli vi andò, ed acciecato da passione di libidine, senza farle la minima violenza, in un campo seminato a sorgo la sverginò, per cui, avendole cagionato del dolore, si mise a piangere, ed allora egli, abbandonandola in quel campo, si reccò alla casa, essendo già circa le ore due di notte.

Che poco tempo dopo, avendo la madre della detta Elisabetta saputo dalla figlia la cosa, lo rimproverò e lo licenziò dal servizio, ed egli se ne partì altrove.

Diettro pertanto tale sua narrativa, confessa egli bensì lo stupro, ma nega avere usata violenza veruna alla ragazza, e vuole egli essere stato solecitato ed indotto da questa a quell’atto carnale.

Nelli successivi costituti articolati, se gli fece conoscere quanto asseriva quella fanciula, che cioè non ella avesse invitato lui a quell’atto libidinoso, ma che anzi egli si fu quello che a pretesto di mangiare uva la invitasse a seguirlo nei vicini campi, ed ivi improvisamente la abbracciasse, la gettasse a terra, le impedisse le grida con porle le mani alla bocca e, minacciandola di ammazzarla se gridasse, a tutta forza la violasse.

A conferma poi della deposizione della stuprata fanciula, si fece pure conoscere al pervenuto che la di lei madre Angela, come pure le di lei sorelle Domenica e Marianna attestavano che esso Frasin si fu appunto quello che chiamò ed invitò la fanciulla Elisabetta a portarsi con lui nei campi a mangiare dell’uva, ciò che esclude l’asserzione del Frasin d’essere egli stato invitato dalla fanciulla.

Ed anzi la sudetta Marianna, per dimostrare la tendenza del Frasin alla libidine, soggiunge che questo, in un giorno della settimana antecedente, ebbe nei campi a porle le mani addosso, e tentarla perché volesse condiscendere alle di lui brame libidinose.

Ed anche per ciò non era attendi[bi]le la sua asserzione d’essere stato sedotto dalla fanciula Elisabetta, ciò che tanto meno è presumibile se si riflette alla pubertà della fanciulla, in confronto di un uomo dell’età d’anni 56 e niuna avvenenenza qual è esso Frasin.

Finalmente, se egli rimarcò che la stuprata Elisabetta non contava che l’età d’anni tredici e mesi cinque al tempo dello stupro e quindi non presumibile che fosse in lei quella malizia che vuole addossarle e che, in ogni caso, essendo la Elisabetta d’un’età al di sotto delli 14 compiuti, la legge ritiene anche la sola intrapresa violazione per delitto di stupro.

Con tutto ciò l’inquisito Frasin rimase fermo nella sua prima deposizione abbenchè la madre e le sorelle della Elisabetta gli avessero sostenuto in confronto le loro deposizioni.

E quindi dopo l’assegno dei tre giorni, fu chiuso il processo, su cui assoggetto il seguente voto, rimarcando che l’inquisito apparisce dalle fedine criminale e politica scevro da antecedenti pregiudici, che il suo contengno in carcere ed avanti il giudicio fu tranquillo e rispettoso, e che la sua fisica costituzione è attestata dal medico alle carceri atta a sostenere gli inasprimenti di pena.

Voto

Non è da dubbitarsi sulla intrapresa anzi già effettuata violazione della impubere Elisabetta figlia di Marco Piccoli, mentre vi risulta comprovata dalla giudiciale ispezione la effettiva di lei deflorazione.

Di questo fatto è confesso l’arrestato ed inquisito Francesco Frasin detto Giorio, / quale però pretende di essere stato invitato e sedotto dalla stessa Elisabetta all’atto libidinoso, ciò che per altro egli non giustifica ed anzi è dimostrato all’incontro dalla stuprata fanciulla che dichiara essere stata invitata dal Frasin a reccarsi nei vicini campi a mangiar uva, ed ivi ridotta venne dallo stesso abbracciata, gettata a terra e stuprata, impedendole anche il gridare colle mani, co’quali le teneva chiusa la bocca.

Il detto di questa impubere è anco confermato dalla di lei madre e sorelle, che attestano l’invito del Frasin ad essa per reccarsi nei vicini campi a mangiar uva, d’averla poi ivi il Frasin abbandonata, dalle grida posteriori di essa, dalle espressioni della medesima fatte alla di lei madre, allorchè questa la rinvenne piangente nei campi, ed udì che essa diceva “Coppè il vecchio, coppè il vecchio”, e finalmente dalla di lei pupillare età di soli anni tredeci e mesi cinque, in cui la legge presume che una tale impubere non abbia cognizione veruna della qualità e conseguenze della cosa che su di lei s’intraprende.

E per cui, restando esclusa la possibilità perfino d’un uso ragionevole della volontà per di tale parte, riguarda la legge nel paragrafo 112 la sola intrapresa violazione su tale persona per delitto di stupro, e ne applica la stessa pena, tanto più poi ciò si dovrà ritenere nel caso nostro, in cui lo stupro fu pienamente effettuato.

E quindi propongo che l’inquisito Francesco Frasin detto Giorio sia ritenuto colpevole dell’imputatogli delitto di stupro.

La pena di un tale delitto se la osserva stabilita nel paragrafo 110 del Codice penale2, del carcere duro da cinque in dieci anni, giachè lo stesso, a senso delli periti, non lasciò alcuna conseguenza alla salute della stuprata Elisabetta.

L’inquisito Frasin è favorito dalla circostanza d’essere scevro da antecedenti pregiudici fiscali, non che dalla subitanea di lui confessione, senza cui difficilmente si avrebbe ragionta la prova legale.

Sta però contro di lui l’effettiva eseguita violazione, giachè se la legge fissa la sopra indicata pena per la sola intrapresa violazione in una impubere, la effettiva violazione è da considerarsi per una circostanza aggravante.

E quindi propongo la di lui condanna ad anni sei di carcere duro da espiarsi nella casa di forza in Padova, al risarcimento dei danni a favore della stuprata Elisabetta Piccoli di Marco, da essere liquidati in separata sede di giudicio, e finalmente al pagamento delle spese alimentarie e processuali, nonché in fiorini 12, tassa della presente sentenza, salvo il disposto del paragrafo 537 del Codice penale.

La sentenza però assieme agli relazione e protocollo di consiglio saranno sottoposti alle ispezioni del superiore giudicio criminale, trattandosi di una pena oltrepassante gli anni cinque a senso del paragrafo.

Vicenza, lì 11 febbraio 1831

Cavazzani

Conclusam per maiora

Proposto il processo contro il detenuto Francesco Frasin detto Giorio fu Giovanni, imputato di stupro violento e costituito la prima volta li 9 dicembre 1830 nell’inquisizione ultimata li 5 corrente febbraro;

vista la sentenza 11 febbraro stesso, numero 3698, dell’imperial regio tribunale provinciale in Vicenza, colla quale fu condannato detto Frasin ad anni sei di carcere duro e negli accessori di legge;

l’imperial regio tribunale d’appello generale e superiore giudizio criminale, confermando la detta sentenza di prima istanza, dichiara colpevole Francesco Frasini del contestatogli delitto e lo condanna alla pena di anni sei di carcere duro, da espiarsi nella casa di forza in Padova, al risarcimento del danno verso Elisabetta Piccoli di Marco da essere liquidato in separata sede di giudizio, ed al pagamento delle spese processuali ed alimentarie, nonché la tassa di fiorini dodici per la sentenza, sotto le riserve del paragrafo 537 del Codice penale.

Di ciò col ritorno degli atti si rende inteso codesto tribunale per l’intimazione ed esecuzione.

Dall’imperial regio tribunale d’appello generale e superiore giudizio criminale

Venezia 28 febbraro 1831

All’imperial regio tribunale provinciale in Vicenza