15 Bulletti de mona

Atti di primordiale investigazione sopra titolo di grave ferimento seguito la sera 2 agosto prossimo passato in danno di Matteo Rigon di Farra, Pietro Lanaro di Lugo, ad imputazione dei politicamente arrestati 1)Ferro Giovan Battista, 2)Ferro Bortolo di lui fratello, 3)Trecco Sebastiano detto Soma, 4)Fabris Bortolo detto Dal Rio, 5)Genere Antonio, tutti e cinque di Grumolo Pedemonte.

Dopo il mezzogiorno 2 agosto prossimo passato, giungevano di conserva a Zugliano, ove ricorreva la solennità di San Francesco di Assisi, quattro giovani di quei dintorni, Pietro Lanaro, Matteo Rigon, Camillo Dalla Costa ed Antonio Ranzolin.

Dopo le sacre funzioni Lanaro abbandonava i compagni nel magazzino di Giovan Battista Zavagnin e recavasi a visitare un suo cugino, vicario di quella parrocchia. Quindi sull’imbrunire facea ritorno al magazzino, richiamò i suoi compagni e tutti insieme, com’erano arrivati, si partivano da Zugliano alla volta di Lugo.

Ma giunti a breve distanza da Zugliano, al punto denominato la Crosara, furono tutti e quattro sopraffatti da parecchie persone e due, Lanaro e Rigon, ne rimasero gravemente feriti.

La voce pubblica immediatamente accusava negli offensori Giovan Battista e Bortolo fratelli Ferro, Sebastiano Trecco, Bortolo Fabris detto Dal Rio ed Antonio Zenere, ma siccome e questa voce pubblica, e le deposizioni dei sopraffatti qualificavano il fatto coi caratteri di un preconcerto, così egli è mestieri di riportare i pochi cenni che offrono gli atti sulle precedenze di quel medesimo dopopranzo.

Vedemmo poc’anzi che Lanaro lasciava i tre suoi compagni al magazzino dello Zavagnin, trasferendosi egli appo il cugino vicario. Vedemmo eziandio com’egli sull’imbrunire della sera fosse di ritorno a quel magazzino, onde riprendervi i suoi compagni.

Ora, in quello stesso magazzino trovavansi appunto i cinque imputati. Dalle deposizioni del Rigon e compagni, nonché da quelle dell’oste, non apparisce che a quella osteria avesse luogo verun alterco; solo Giovan Battista Farasin detto Pomaro racconta di aver veduto in quella sera alla osteria i Trecco, Zenere, Fabris e Giovan Battista Ferro che, uniti in sul cortile giocavano alla mora e che discorrevano con dei giovanotti di Lugo, in guisa che or sembravano amici, ora sembravano in disarmonia fra di loro, senza però che ne originassero contrasti od alterchi.

Questo testimonio, partiti i giovanotti di Lugo, usciva con quei di Grumolo, ponendosi a fianco di Giovan Battista Ferro, il quale dal suo contegno baldanzoso ed inquieto sembrava l’avesse con qualcuno. E perciò, strada facendo, lo eccitava ad andarsene a casa, ma quegli a queste amichevoli persuasioni gli si staccava di fianco e con impeto gli rispondeva: “Vostu torla ti per i altri?”. Pomaro allora si allontanava dal Ferro, il quale coi suoi compagni proseguì verso alla Crosara.

E poco appresso, innanzi però che avesse luogo l’avvenimento di cui si tratta, il vicario di Zugliano Francesco Farneda, reduce dal passeggio verso Zugliano, osservava in sulla Crosara un gruppo di persone, 4 o 5, ferme colà, le quali, al suo passaggio, stettero silenziose.

Ma, e per l’oscurità e perché non si diede attenzione, non le riconobbe. Giunto quindi presso a Zugliano udiva due fischi partir dal luogo ove coloro se ne stavano fermi, fischi che furono preccessori dell’abbaruffamento che indi a poco ebbe luogo.

Ripigliando, adunque, la storia del fatto, i Lanaro, Rigon, Dalla Costa e Ranzolin, i quali movevano dalla osteria dello Zavagnin alla volta di Lugo; precedevali di alquanti passi il Lanaro; gli altri tre, uniti insieme, lo seguitavano.

Giunti alla crociera, alcuni giovani, che lor venivano dietro, chiamarono per nome il Rigon. Questi mosse verso di loro, onde sapere che vi volessero. Allora un di que’giovani, alto della persona, e che si qualificò egli stesso per Ferro, lo addimandava cosa avesse detto d’altro di suoi compagni che gli additava.

Risposegli ch’egli non avea mai parlato di loro e che gli riteneva tutti per galantuomini.

Frattanto i due compagni del Rigon, Dalla Costa e Ranzolin, udendo che si cominciava un alterco, vennero anch’essi sul luogo, e videro il Rigon a fronte di 5 giovani, che il Ranzolin riconobbe per i 5 imputati, come gli riconobbe anche il Dalla Costa, meno il Fabris.

D’accordo, quei cinque rimproveravano il Rigon di aver lor detto che erano “Buletti de mona” e questi gli assicurava di non avere mai fatto somiglianti espressioni e tampoco di non conoscerli.

Il più giovane dei due Ferro (Bortolo) aveva un sasso fra mano, se non che, alla interpellazione del Costa, cosa egli volesse far di quel sasso, gettollo a terra. Quindi tutti e cinque, come cani rabbiosi, si gettarono addosso al Rigon. Dalla Costa e Ranzolin, impauriti, si allontanarono.

Tutti e cinque, in furia di fiancate, lo cacciarono entro ad un fosso e due o tre gli si fecero addosso e cominciarono a percuoterlo sulla schiena.

Riusciva però al Rigon di sortir dalla fossa, ma vi fu respinto dal Ferro, cioè a quello che si era qualificato per tale e da un altro di mezzana statura, e nuovamente lo maltrattarono.

Intanto il Lanaro che, come si disse, precedeva di alquanti passi i compagni, non vedendoli sopragiungere ed avendo inteso qualche rumore appresso la crociera, tornò indietro e vide il Rigon gettato a terra sulla strada e superato da tre o 4 persone che gli stavano addosso e lo maltrattavano. Accorse e gli riuscì di liberarlo dalle loro mani e di levarlo dal fosso in cui lo avevano rincacciato.

Agli ultimi colpi il Rigon, il Ranzolin ed il dalla Costa sentirono taluno degli avversari gridar “Mazzemolo” ed i due primi intesero altresì un altro soggiungere “Za l’è morto”.

A queste parole gli assalitori fuggirono; il Rigon insanguinato e dolente fu dai compagni tradotto alla vicina osteria del Giacomello. Quindi Lanaro ricoveravasi all’altra osteria del Testolin e soltanto quivi si accorse, avvertito dai circostanti, di un’ampia firita alla schiena e di tre tagli alla pestagora della giacchetta.

Quando egli discese in assistenza del Rigon dentro al fosso tre o quattro degli avversari gli furono a tergo, sentiva che lo picchiavano (a suo avviso più d’uno contemporaneamente) in sulla schiena. Al momento però e per la confusione, e per essere un po’ brillo dal vino non si avvide d’esser ferito, né potè riconoscere i suoi percussori.

All’atto della giudiziale ispezione si rimarcarono sei ferite, tutte prodotte da arma da punta e taglio, probabilmente ricurva, nella persona del Rigon, una fra l’occipitale ed il parietale destro, l’altra alla regione occipitale, una terza alla scapula, la quarta alla clavicola sinistra, la quinta e sesta al dorso. Giudicarono i periti gravi due fra queste ferite (seconda e quarta) senza pericolo e senza conseguenze superstiti, le altre leggiere.

Nella persona del Lanaro si riscontrò una ferita alla scapula destra prodotta da simil arma e giudicata anch’essa semplicemente per grave.

Ma se giudicarono i periti che tutte le ispezionate lesioni, furono l’effetto di un’arma ricurva e probabilmente di un ronchetto, non riuscirono però a stabilire, per mancanza di sufficienti dati, che tutte fossero, od altrimenti, prodotte da una sola ed identica arma.

Presenti al fatto, qual più, qual meno, trovaronsi Pietro Mazzola, d’anni 18 compiuti e Francesca Caretta.

Pietro Mazzola, tornato sull’imbrunire di quella sera da Zugliano e giunto nella crociera di Lugo, vedea quivi fermi 5 giovanotti che bisbigliavansi nelle orecchie, fra cui riconobbe Giovan Battista Dal Ferro, Sebastiano Trecco, Antonio Zenere e Bortolo Fabris di Grumolo; non potè riconoscere il quinto, che sembrava irrequieto e gli voltava la schiena.

Dicevansi costoro a vicenda “Ciamalo ti”, e finalmente il Fabris soggiungeva “Cossa allo nome? Lo ciamerò mi”. Altri allora gli disse “Ciama Rigon”. E diffatti il Fabris a voce alta chiamò “Rigon”.

A quella voce comparve giù dalla pontara di Zugliano un giovine che seppe in seguito nominarsi Matteo Rigon di Farra. Dietro al Rigon arrivavano altri due, Dalla Costa e Ranzolin.

Lo Zenere cominciò a rimproverare il Rigon perché lo avesse chiamato “Bulletto de mona”. Il Rigon se ne scusava, assicurando che non era vero e che neppure lo conosceva.

Cominciarono gli altri a dire “Se no basta el coltello gavemo le pistole”. Dalla Costa e Ranzolin cercavano di calmarli, che anzi il primo ne rimproverava uno perché teneva un sasso fra mano e che a quei rimproveri abbandonava quel sasso.

Egli frattanto si nascondeva dietro una siepe e quinci osservava a un tratto che tre di quei di Grumolo (quali non riconobbe) si cacciarono addosso al Rigon e si rivoltolarono.

Due caddero nel fosso insieme al Rigon, il terzo restò sulla sponda, gridando tutti: “Dai, forti, coppemolo”. Quello però che stavasi sulla sponda gridò per ultimo ai suoi compagni: “Molè che ormai ghe la gavemo fatta”.

Sebbene questo testimonio, impedito anche dalla siepe, non poteva riconoscere gli assalitori del Rigon, è certo però che fra loro non eravi lo Zenere, avendolo veduto fin dalle prime allontanarsi dal luogo del fatto.

E così pure gli sembra, senza poterlo garantire, che si fosse allontanato anche il quinto di quella compagnia, quello cioè di cui non riuscì a raffigurar la persona, onde sarebbero rimasti nella baruffa Giovan Battista Ferro, Trecco e Fabris.

La quale baruffa continuavasi ancora quando sopravvenne Lanaro e discese nel fosso onde assistere il Rigon. Ma dietro lui gli si cacciò sopra la figura che stava in sulla sponda del fosso, percuotendolo nella schiena, e tutti e tre gridando: “Forti, dai, che lo coppemo”.

Ad un tratto però quei di Grumolo si diedero tutti a fuggire ed il testimonio si allontanò.

L’altra testimonio, Francesca Carretta, sarebbe stata spettatrice soltanto dell’ultima parte del fatto, quando cioè era già sopravvenuto il Lanaro in assistenza del Rigon.

Narra questa testimone in quella sera nella sua abitazione, il di cui brolo è limitrofo alla crociera di Lugo, allorchè sull’imbrunire udì gente abbaruffarsi a quella crociera, sortiva di casa ed accostatasi alla ultima siepe di fronte alla strada, vide nel fosso sottoposto quattro figure adosso ad una quinta. Riconobbe questa quinta figura per Pietro Lanaro di Lugo ed udì uno de’suoi assalitori gridare: “Forti Tita, che femo sangue”, ed un altro rispondere: “Ghe la gavemo za fatta”.

Alla voce ed alla figura riconobbe indubbiamente quest’ultimo per l’imputato Giovan Battista Ferro, gli altri non li riconobbe. Tutti e quattro però percuotevano sulla schiena il Lanaro e frattanto la testimone vedeva un’altra persona nel fosso superiormente, che al momento non riconobbe e che soltanto in seguito seppe essere Matteo Rigon, prima della di lei venuta già maltrattato.

Tutto a un tratto i percussori si allontanarono ed ella impaurita si ritirava verso a casa, quando vide entrare pel portone, proveniente dalla strada e di furia, certo Da Rio di Grumolo (il Fabris) senza cappello e con sasso alla mano. Lo chiese ella della baruffa, quei risposele di non saperne e sentendo che i fratelli di lei trovavansi in casa si dileguò.

Nessun altri si trovò a testimonio del fatto. E anche il Mazzola e la Carretta, le deposizioni dei quali testi si riportarono, al pari degli offesi e dei loro compagni, non furono in grado di ravvisare se e quali fra gli offensori fossero armati ed in quale maniera.

L’autorità politica ordinava immediatamente l’arresto di tutti e 5 i prevenuti, ed infatti nella mattina successiva al fatto, fra le 4 e le 5, si arrestavano dalle guardie Giovan Battista Ferro, il Trecco ed il Fabris nella casa del primo, lo Zenere nella propria casa, ma Bortolo Ferro erasi già allontanato mezz’ora circa prima della cattura de’suoi compagni.

Passiamo dunque alle dichiarazioni degli arrestati.

Disse Giovan Battista Ferro, giovine di 21 anni compiuti e di vantaggiosa statura, com’egli dopo le sacre funzioni di Zugliano, al dopo pranzo del giorno 2 agosto passato, erasi recato al magazzino dello Zavagnin, ove si riuniva con li Trecco, Fabris e col proprio fratello Bortolo, giocando insieme alla mora e bevendo allegramente fino ad ubbriaccarsi.

Non conosce il Rigon, ma conosce il Lanaro, col quale ebbe anche a discorrere in quel magazzino di cose indifferenti.

Sull’imbrunire si allontanò col Trecco e siccome strada facendo furono sopraggiunti dalla pioggia, così arrivati a casa vi si fermò anche il compagno a pernottarvi. Però appresso capitava il fratello Bortolo col Fabris, il quale ultimo, attesa la pioggia, pernottò anch’egli in sua compagnia.

Giungendo a casa passò per la crociera di Lugo, ma nulla sa della baruffa che si vorrebbe ivi seguita. Si rimarcò dal Consesso una cicatrice al dorso del naso, che accennava ad un’abrasione cutanea con ispargimento di sangue, e si rimarcarono alla giacchetta indossata dall’arrestato delle brutture di fango, specialmente al dorso e qualche macchia sbiadata apparentemente sanguigna, macchia per altro che, atteso lo sbiadimento (sembrando lavata), non furono i periti in grado di assicurare esser di sangue, benchè ne avesse le apparenze.

Interpellato il Ferro sulla causa di quelle brutture, disse essersi in quella sera lordata la giacchetta di fango, cadendo vinto dalla ubbriacchezza, più volte a terra.

Disse di non sapere che la giacchetta fosse lorda di sangue e che se lo fosse non saprebbe conoscerne la cagione. Rispetto poi alla lesione al naso narrò che otto o 9 giorni addietro (a datare dal 5 agosto) si ferì a quella parte battendo il frumento colla vergola della mazza, senza poter offrire alcuna prova di questo suo asserto.

Anche l’altro arrestato Sebastiano Trecco disse aver passato il dopo pranzo del giorno 2 agosto a quel magazzino giocando alla mora coi nominati fratelli Ferro, Fabris ed anche lo Zenere.

Disse che, ubbriaco disfatto, fu condotto per la crociera di Lugo da Giovan Battista Ferro alla di lui abitazione, in compagnia però degli altri, che erano parimenti ubbriachi. Disse per ultimo che ignora affatto della baruffa processata.

Sono consimili le dichiarazioni del Fabris. Anch’egli, dopo le sacre funzioni, recavasi alla osteria Zavagnin, ove trovava il Trecco, lo Zenere, Giovan Battista Fabris ed altri ancora. Sull’imbrunire se ne partiva da solo, discendendo verso la crociera di Lugo, quando si avvenne in Bortolo Ferro e con esso lui si avviò verso casa.

Giunto però alla casa del Ferro, pensò bene di qui pernottare, siccome fece, onde non insozzare i suoi vestiti di festa. Anch’egli nulla sa della baruffa e del ferimento nelle persone dei Lanaro e Rigon, de’quali conosce il primo soltanto.

Il quarto arrestato Antonio Zenere disse di aver giocato in quel dopo pranzo alla mora nel magazzino dello Zavagnin, non ricorda con chi e di essersi ubbriacato a tale da esser costretto a sdraiarsi sul cortile.

Verso le otto discese per la crociera di Lugo e fu accompagnato a casa sua da Giovanni Grazian e Marco Zenere.

Disse di non essersi associato in quella sera cogli altri imputati, anzi non ricorda nemmeno di avergli veduti, ed ignora la causa di sua cattura.

Disse, per ultimo, che la graffiatura rimarcatagli ad un dito della mano destra ebbe egli a riportarla giocando in quella medesima sera alla mora.

Ma gl’introdotti Grazian e Zenere attestano solamente di essere stati raggiunti a mezza via fra Zugliano e Grumolo dall’imputato Antonio Zenere ubbriaco, fra le 9 e le 10 di quella sera, e che quindi tutti e tre si accompagnarono fino alle rispettive lor case.

Dalla investigante pretura si richiamava pel 17 agosto il quinto imputato Bortolo Ferro e le guardie che stavano sulle di lui traccie, onde non metterlo in sospetto, lasciarono che volontariamente si presentasse.

E costui disse più che i compagni. Disse che, recatosi nel dopo pranzo 2 agosto al magazzino dello Zavagnin, bevette quivi ed ubbriaccossi compiutamente.

Quindi sull’imbrunire discese da solo verso la crociera di Lugo, ove si abbatteva in suo fratello Giovan Battista, Sebastiano Trecco, Antonio Zenere e Bortolo Fabris, i quali contendevano con alcuni giovanotti a lui sconosciuti di Lugo.

Al suo comparire coloro vennero alle mani ed egli ebbe a riportare un colpo di sasso al capo, per la violenza del quale stramazzò boccone entro al fosso.

Ma indi a poco, riavutosi, levossi e fuggì verso casa, lasciando gli altri ancora in baruffa.

Giunto a casa si coricò a letto e dormì. Nella successiva mattina fra le 2 e le 3 ore si alzò e, sentendosi bruciore allo stomaco, discese nella valle onde dissettarsi con acqua fresca. Ma nell’alzarsi si accorse che nel suo letto dormivano, oltre al fratello, anche il Trecco ed il Fabris.

Tornato a casa quei tre erano spariti e seppe in seguito che le guardie gli avevano arrestati e tradotti a Thiene. Egli però fè soggiorno tutto quel dì nella propria abitazione, occupandosi di consueti lavori; il giorno appresso trasferivasi a Chiuppano per visitarvi suo zio Micheletto, che si eccepì dall’esame.

Riconosceva siccome propri i calzoni, la camicia e la giacchetta perquisitisi alla di lui abitazione e tutti lordi di fango e di sangue. Giustificò le brutture di fango colla caduta entro al fosso, le brutture di sangue colla lesione al capo occasionatagli dal sopra mentovato colpo di sasso.

Ed infatti presentava egli al sincipite una cicatrice, superstite segno di una lesione leggiera, causata da corpo contundente-lacerante; lesione però dalla quale, a giudicio dei periti, potea scaturire la copia di sangue onde furono imbrattati gl’indumenti del Ferro.

Lanaro nell’uscire dal fosso, dopo la fuga di que’di Grumolo, raccoglieva nel fosso stesso un ombrello ed un cappello. L’ombrello fu riconosciuto di appartenenza di Giovan Battista Ferro e lo Zavagnin glielo aveva veduto in mano in quel medesimo dopo pranzo.

Nullameno Giovan Battista Ferro negò di conoscerlo, lo riconobbe invece il fratello di lui Bortolo Ferro, che disse di averlo abbandonato nel fosso quando si diede alla fuga.

Si osserva per ultimo che dal complesso degli atti apparisce come tutti, sì gli offesi e sì gli offensori, fossero, qual più qual meno, tocchi dal vino, e quanto agli ultimi dice espressamente lo Zavagnin ch’erano bensì colti dal vino, ma non ubbriachi disfatti.

Buonissime sono le informazioni politiche sul conto del Rigon, del Lanaro e dei loro compagni.

Sfavorevoli quelle sul conto dei prevenuti giovani, specialmente i Ferro, violenti e dati alle risse, ad eccezione dello Zenere, il quale per lo addietro non avrebbe dato argomento di speciali rimarchi.

E’ scevro da fiscali censure Bortolo Ferro. Giovan Battista Ferro ebbe una sospensione di processo per furto politico. Il Fabris una condanna per furto politico ed una sospensione per furto criminale. Trecco una sospensione per grave ferimento. Lo Zenere, prevenuto di grave ferimento, fu dichiarato il fatto non delittuoso, rimessi gli atti alla pretura urbana, dalla quale attendesi la fedina politica.

Sulle quali risultanze proponesi il seguente

Voto

Qualificate dai periti per gravi le ferite riportate nella sera 2 agosto ultimo passato sulla crociera di Lugo presso a Zugliano da Matteo Rigon e da Pietro Lanaro, il fatto assume i caratteri del delitto di grave ferimento a base del …1 del Codice penale, parte prima.

Cinque son gl’imputati: Giovan Battista e Bortolo fratelli Ferro, Bortolo Fabris, Sebastiano Trecco ed Antonio Zenere.

Sebbene per le deposizioni degli offesi e dei loro compagni non apparisce sussistente alcun dissapore fra loro e gl’imputati, tuttavolta per le deposizioni del Pomaro sul contegno di Giovan Battista Ferro nell’uscire dalla osteria Zavagnin, per le deposizioni del vicario di Zugliano e, sopra tutto per le stesse modalità dell’attacco, scorgesi di leggieri che il fatto non fu l’effetto di momentanea rissa originata sulla crociera di Lugo, ma fu invece l’effetto di premeditata vendetta per qualche parola poc’anzi o mal detta o male interpretata alla osteria Zavagnin.

Non conoscendosi però fra quali e quanti particolarmente si formasse un tale concerto, egli è d’uopo desumerlo dalla rispettiva azione di ciascuno dei prevenuti.

E prescindendo dalla introdotta da più di loro piena ubbriacchezza, la quale oltrachè smentita da Giovan Battista Zavagnin viene smentita dalla natura stesa del fatto, tutti e cinque si veggono sul luogo al cominciar dell’alterco e tutti e 5 sono accusati dai 3 prima aggrediti di essersi fatti contemporaneamente come cani rabbiosi addosso al Rigon.

Tuttavolta, quando il Rigon fu tratto sul fosso, dentro al quale sarebb’egli stato ferito, e quando ancora sovraggiungeva a soccorrerlo il Lanaro di lui compagno, non è ben certo per la oscillanza degli atti che gli offensori fossero più di tre, specialmente in base alle deposizioni del Mazzola, il quale fin dal principio vedeva allontanarsi lo Zenere, ed al quale parimenti sembrava si fosse allontanato quel quinto da lui non conosciuto, ma che gli atti palesemente designano per Bortolo Ferro.

Dietro a che sarebbero restati a fronte del Rigon prima, e poscia del Lanaro, Giovan Battista Ferro, Trecco e Fabris, quando il dimenamento che prima era solo di spinte e di fiancate, divenne un fatto di sangue.

E da questa loro insistenza nell’inveire contro gli offesi sorge al confronto lor specialmente la idea del preconcerto e conseguentemente dell’insolidanza.

Onde proponesi: che qualificato il fatto a delitto di grave ferimento sia dichiarata aperta la speciale inquisizione al confronto di Giovan Battista Ferro, Sebastiano Trecco e Bortolo Fabris, colla conferma del politico loro arresto.

Sospeso di deliberare sul conto degli altri imputati Antonio Zenere e Bortolo Ferro, da porsi frattanto in provvisoria libertà.

Scritta nota all’investigante pretura per la traduzione dei primi e per la scarcerazione degli altri due.

Vicenza, 26 settembre 1848

Cassetti

Conchiuso ad unanimia

Atti d’inquisizione sopra titolo di grave ferimento in danno di Matteo Rigon di Farra e Pietro Lanaro di Lugo ad incolpazione degl’inquisiti arrestati Giovan Battista Ferro del fu Pancrazio, d’anni 21 compiuti, Sebastiano Trecco detto Soma di Vincenzo, d’anni 24, Bortolo Fabris detto Da Rio di Bortolo, d’anni 23. Tutti e tre celibi, campagnuoli, di Grumolo di Pedemonte. Costituiti sommariamente il 4 ottobre ultimo passato e sentiti nelle finali loro dichiarazioni il 9 corrente. Riverenti dinanzi al consesso, tranquillo il Trecco, gli altri poco tranquilli in carcere ed atti tutti e tre a sostenere gl’inasprimenti di pena.

Trattasi di deliberare oggidì anche sul conto di Antonio Zenere e Bortolo Ferro, implicati nel medesimo fatto.

Il precedente referato 26 settembre ultimo passato, di cui si porge lettura, offre la storia degli atti di preliminare investigazione dietro a cui fu segnato atto di accusa in confronto di Giovan Battista Ferro, del Trecco e del Fabris, soprasiedendosi di deliberare in confronto degli altri due imputati Antonio Zenere e Bortolo Ferro.

Pertinaci tutti e tre gl’inquisiti nell’adottato piano di lor difesa, inutilmente si contestarono all’articolato gli argomenti di accusa, e solo Giovan Battista Ferro convenne che in quella sera del fatto non era egli ubbriaco a segno da non saper ciò che faceva.

In una parola, tutti e tre pertinacemente sostennero di non aver fatto in quella sera e di non aver tampoco visto a farsi baruffe, provocando al lor confronto quanti testimoni deporrebbero in contraddizione a quelle loro asserzioni.

Se non che, in base ai riflessi che si esporranno dal relatore, prescindendo da ulteriori operazioni, fu chiuso ed ultimato il processo, sul quale proponesi il seguente

Voto

Retenuto il fatto, pei motivi esposti nella precedente sessione, a delitto di grave ferimento, manca legal prova di colpa di fronte ai negativi inquisiti Ferro, Trecco e Fabris.

Diffatti, a raggiungere questa prova, era d’uopo fosse provato il preconcetto, per cui ciascuno fosse insolidariamente responsabile anche dell’operato degli altri. Od altrimenti che in confronto degl’inquisiti concorresse individualmente il numero di testimoni od indizi dalla legge richiesti.

Ma quanto al primo estremo, se in base a verosimili presunzioni, allorchè trattossi del semplice indizio, fu ritenuta nella precedente sessione la idea del concerto, e della conseguente insolidanza rispetto ai tre, che apparivano di fronte agli offesi allorchè si venne a vie di fatto, oggidì, che trattasi di deliberare della reità, vale a dire della prova legale del concerto e della insolidanza, scorgesi a primo tratto che questa prova non è menomamente raggiunta, tanto meno raggiunta in quanto che dal complesso degli atti si appalesa che un qualche diverbio precedette alla lotta in cui restarono feriti Lanaro e Rigon.

E mancata la prova della insolidarietà, ciascuno dei tre non si presenta responsabile che del proprio individuale operato. Ma nessun testimonio, né tampoco gli offesi, riconobbero i feritori; anzi non fu nemmeno veduta arma qualsiasi nel fatto, per la qual cosa viene ad escludersi la prova testimoniale.

E questa esclusa, non si può certamente applicare la prova indiziaria, aggravando singolarmente uno od altro degli inquisiti di un indizio comune a tutti, od a più di loro, anche perché i periti non furono in grado di stabilire che più, anziché un’arma sola, occasionarono le ispezionate ferite.

Il risultato degli atti compendiasi in questo: che tutti e tre gl’inquisiti furono a contatto cogli offesi.

Ma se anche un solo fra loro poteva inferire tutte le processate ferite, egli sarebbe mestieri aver particolari ed evidenti ragioni a carico individuale di taluno o taluni per ritenerli colpevoli del procurato delitto.

E nessuna particolare ed evidente ragione milita a carico dell’uno piuttosto che dell’altro; onde se eziandio per concorso delle circostanze, oltre che per la verosimiglianza del concerto ciascuno dei tre ci apparisce indiziato, nessuno di loro è provato colpevole.

Né la idea del concerto od altrimenti la prova individuale di colpa potrà ravvalorarsi coll’esaurimento delle molteplici operazioni, colle moltissime ricognizioni a farsi, cogli atti di confronto imperrochè, quando anche avessero pienamente corrisposto alle viste fiscali, tutte queste pratiche non avrebbero altra cosa di essenziale provato, eccettochè quello che risulta in atti di tutta evidenza, il contatto cioè degli accusati cogli offesi al momento del commesso delitto.

Sulla base dei quali riflessi trovò il relatore spediente di ultimare il processo, proponendo una sospensione per tutti e tre gl’indiziati.

Rispetto poi a Bortolo Ferro ed allo Zenere, non avendosi altri risultamenti, oltre a quelli che prima si avevano, dovrà desistersi in loro confronto per mancanza di legale indizio.

E concretando proponesi: doversi mediante sentenza dichiarare sospeso per difetto di prove legali il processo in titolo di delitto di grave ferimento al confronto di Giovan Battista Ferro, Sebastiano Trecco detto Soma e Bortolo Fabris detto Da Rio, condannati però agli accessori, sotto alle riserve di legge.

Doversi con interna deliberazione desistere da ulterior procedura sullo stesso delitto al confronto di Antonio Zenere e Bortolo Ferro, per mancanza d’indizio legale. Requisita la pretura di Thiene per la restituzione a Bortolo Ferro della ombrella in presentazione e per la trasmissione del cappello d’ignota appartenenza da custodirsi in questi depositi criminali.

Vicenza, 16 febbraio 1849

Bertagnoni

Conchiuso per maiora contro il relatore di progredire nell’inquisizione mediante gli atti di ricognizione personali, di confronto ed altre pratiche

Richiamata dal signor consigliere vicario Borgo la votazione, il consigliere Fanzago esternò parere diverso da quello del relatore.

Fino dal momento, ei disse, che questo tribunale trovò, con voti unanimi, di aprire la speciale inquisizione contro li Trecco, Fabris e Ferro Giovan Battista, si ritenne e dovea ritenersi il loro preconcerto di offendere, e ciò pel loro contegno al momento del loro sortire dall’osteria di Giovan Battista Zavagnin, per la loro unione sulla crosara di Lugo e più ancora pelle di essi or ritoccate espressioni prima, durante e dopo il grave ferimento, le quali, stando tuttora nel pieno loro vigore e significato di palese precorsa intelligenza sul comune ostile agire, non ne lasciano veruna dubbiezza.

Sussistente pertanto il previo concerto di malvivere e conseguentemente la solidanza degli agenti, non è più decisivo il conoscere se uno solo fosse l’istromento feritore o più, e chi materialmente abbia arrecate le offese, mentre ciascuno, anche colla sola sua presenza influendo all’esecuzione del delitto, si rese del medesimo responsabile.

E se fosse fin d’ora legalmente provato che furono propriamente gli odierni inquisiti quei tre che, o discesi nel fosso o stando sul medesimo, presero direttamente od indirettamente parte alla zuffa ch’ebbe per esito il grave ferimento delli Rigon e Lanaro, il preopinante non esisterebbe a pronunciare la loro condanna.

Se non che questa prova può e dev’essere meglio liquidata col compimento della procedura mediante più energiche escussioni dei testimoni e prevenuti; mediante gli atti di personali ricognizioni e di confronto e mediante le pratiche tutte che nell’ulterior corso degli atti si dimostrassero necessarie od utili alla scopo dell’inquisizione, operazioni tutte queste che appunto trova il preopinante di proporre.

Il giudice sussidiario Ruggieri, ritenuto il preconcerto alle offese, ritenuto che, pel deposto del ferito Rigon e dei suoi compagni Camillo Dalla Costa e Pietro Lanaro, tutti cinque que’giovinastri prendevano parte a dar cominciamento alla zuffa, dalla quale, secondo i detti del testimonio Pietro Mazzola, prima del ferimento non si sarebbero allontanati che li Bortolo Ferro e lo Zenere, trovava per le accennate deposizioni, so[s]tenute anche dalle altre processuali risultanze, la prova di colpa dei tre inquisiti e proponeva perciò la loro condanna.

Il giudice sussidiario Alverà accoglieva il voto del consigliere Fanzago, avvisando non potersi passare ad un giudizio se non ad inquisizione pienamente compita, nei modi appunto dal preopinante tracciati.

Tali i suffragi, ed accordandosi quello del giudice sussidiario Ruggieri più coll’opinione del signor consigliere Fanzago e del giudice sussidiario Alverà che non col parere del relatore, che fino d’ora abbandonerebbe la procedura con giudicio dubitativo, risultò il conchiuso per pieno compimento dell’inquisizione nelle forme dal consigliere Fanzago accennate.

Referato a sentenza sopra titolo di grave ferimento in danno di Matteo Rigon di Farra, Pietro Lanaro di Lugo, ad imputazione di Giovan Battista del Ferro del fu Pancrazio, d’anni 21 compiuti, Sebastiano Trecco detto Soma di Vincenzo, d’anni 24, Bortolo Fabris detto da Rio di Bortolo, d’anni 23, tutti e tre celibi, campagnuoli, di Grumolo di Pedemonte, costituiti sommariamente il 4 ottobre ultimo passato e sentiti nelle fiscali loro dichiarazioni il giorno 11 corrente mese; riverenti dinanzi al consesso, tranquillo il Soma, gli altri due non sempre tranquilli in carcere, ed il Ferro disciplinarmente anche punito coi ferri al piede per 5 giorni; tutti e tre atti agl’inasprimenti di pena. Trattasi di deliberare anche sul conto di Bortolo Ferro, ed Antonio Zenere.

Letti gli anteriori rapporti 26 settembre e 16 febbraio ultimi passati, soggiungesi all’oggetto di possibilmente verificare le precedenze e le attualità del fatto ai riguardi dell’anteriore deliberazione 16 febbraio, riassumevansi i danneggiati e loro compagni, nonché tutti quei testimoni dai quali sperar potevasi un utile risultamento.

E dapprima si ricercò se realmente al magazzino dello Zavagnin, donde breve ora prima del fatto partirono il Rigon e compagni, indicati dai testimoni per quelli di Lugo, e donde intorno allo stesso tempo partivano tutti, ad alcuno di que’di Grumolo avesse luogo un qualche diverbio, al quale accagionar si potesse il ferimento poco appresso seguito alla crociera di Lugo, ma tornò inutile ogni indagine sull’argomento.

E lo stesso Pomaro, il quale dinanzi alla pretura avea detto che quelli di Grumolo e Lugo s’intrattenevano in modo da sembrar ora amici ed ora in discordia, allorchè venne riassunto, ebbe a dire di aver benissimo inteso a profferirsi qualche parola a voce alta da un crocchio di persone che stavansi nel cortile della osteria, crocchio formato dai Ferro Giovan Battista, Soma, Zenere e Da Rio e da qualche altro a lui sconosciuto di Lugo e di aver argomentato da ciò che sorta fosse tra loro una qualche disarmonia, ma sopraggiungeva di non aver alcun dato per ritenere che si trovassero fra quel crocchio i quattro più tardi sopraffatti alla crociera; che anzi il Lanaro, l’unico ch’ei conosca dei quattro, non l’ebbe nemmeno a vedere in quella sera associato a quelli di Grumolo.

Solo vociferossi, e forse in conseguenza del fatto, che in quella sera dallo Zavagnin seguisse un alterco fra due innominati, uno di Grumolo ed altro di Lugo; e vociferossi ancora che il Rigon ivi presente pronunciasse un motteggio verso quello di Grumolo. Ma queste semplici vociferazioni si perdono a fronte della ferma dichiarazione dello stesso Rigon, il quale protesta che né in quella sera, né mai ebbe contatti con quelli di Grumolo.

E, seguendo l’ordine cronologico, non riuscì nemmeno stabilito se dal magazzino partissero prima quelli di Grumolo od altrimenti quelli di Lugo.

E l’anzidetto Pomaro, che solo fra tanti avea dato qualche ragguaglio sopra tal circostanza, esponeva al secondo esame di aver veduto partir in sulla sera da quel magazzino associati Giovan Battista Ferro ed il Soma; non sa se prima o dopo quelli di Lugo.

E si fu appunto in quell’incontro che, vedendo partire il Ferro baldanzoso ed inquieto, consigliollo ad andarsene a casa; e che il Ferro, staccandosi da lui, gli rispondeva con impeto: “Vostu torla ti per i altri?”. Il Soma però non fece motto, né il di lui contegno diedegli argomento di speciale rimarco.

Apparisce però che il Rigon e compagni se ne partissero dopo. Infatti narrano concordemente a miglior illustrazione del fatto, che avviatisi in quella sera, dinanzi alcun tratto Lanaro, dietro a lui gli altri tre, dal magazzino alla volta del loro paese e, giunti presso alla crociera di Lugo, vedevano colà ferme sulla strada in un crocchio cinque persone.

Che anzi, da taluno, fu a quei cinque data e ricambiata la buona notte e tirarono innanzi. Ma, fatti alquanti passi, fu sentita una voce chiamare per nome il Rigon. Questi si staccò dai compagni e retrocedendo avvicinossi a quei cinque, onde sapere cosa da lui si volesse.

Coloro incominciarono a rimproverarlo di averne motteggiato taluno alla osteria. Si alzaron le voci e frattanto si avvicinavano anche il Dalla Costa ed il Ranzolin.

Rigon ed i due compagni tentavano con buoni modi di tranquillarli, ma inutilmente, che tutti e cinque, o tre almeno di loro, furono addosso ad un tratto al Rigon, urtandolo entro al fosso; e quindi urtando nel fosso istesso anche Lanaro, che di corsa sopragiungeva in assistenza del primo, intanto che Dalla Costa e Ranzolin si davano impauriti alla fuga.

Un istante dopo gli assalitori erano scomparsi; rimanevano sul luogo feriti Rigon e Lanaro.

Ora veniamo agl’incolpati.

Taluno delli compagni del Rigon dice che tutti e 5 gli si mossero contro ad un tratto; Rigon che almeno tre di loro gli furono addosso; la Carretta, che più tardi sopragiungeva, ne avrebbe fra l’oscurità osservato 4 nel fosso addosso agli offesi; il Mazzola direbbe che uno e forse due si diedero al primo attacco alla fuga.

Compendiando però tutte queste deposizioni, evidentemente risulta che tre almeno si fecero addosso agli offesi e che si adoperarono contro di loro fino al terminar della zuffa. E rintracciandone i nomi, ebbesi quanto segue.

Rigon e Lanaro (i due danneggiati) al primo esame dicevano di conoscer di vista tutti e cinque i loro avversari. Ma nuovamente esaminati disdissero, asseverando di non averli mai conosciuti, né di nome, né di persona, né tampoco, stante la ora tarda e la confusione del momento, di essere in grado di riconoscerli.

Solo il Lanaro avrebbe forse saputo riconoscere ad una intervista uno fra loro, alto della persona e che in seguito intese essere il Ferro Giovan Battista, per altro dei 5 osservati là fermi sulla strada sull’oltrepassar la crociera, ma non potrebbe attestare foss’egli uno degli assalitori, perché, allorquando a zuffa inoltrata, ritornavasi indietro in assistenza del Rigon, soprafatto da 3 o 4 persone, non ebbe campo di fare la menoma osservazione.

Dalla Costa nel primo esame esponeva di aver riconosciuto fra i 5 che mossero contro il Rigon i due fratelli Ferro, lo Zenere ed il Soma, ma riassunto esponeva di aver indubbiamente riconosciuto i tre primi, non però il quarto, il quale soltanto gli era sembrato rasomigliare al Soma, che ei conosce di vista.

Anche il Ranzolin modificò i primi deposti. Disse di aver conosciuto fra quei di Grumolo i due Ferro, lo Zenere ed il Soma, ma di non aver indubbiamente riconosciuto il quinto, il quale alla figura soltanto gli sembrava corrispondere al Da Rio, da essolui conosciuto e di nome e di persona.

Ma se in parte mancarono più o meno questi testimoni alle viste fiscali, il Mazzola vi corrispose ad esuberanza. Egli che, reduce verso a Zugliano, avea veduto quei 5 in un crocchio appo alla crociera, fra i quali riconobbe Giovan Battista Ferro, Soma, Zenere e Da Rio, che gli avea intesi dirsi a vicenda: “Chiamelo ti”, che aveva inteso il da Rio chiamar il Rigon e quindi al cominciar dell’attacco vedeva fuggire lo Zenere e presumeva fuggito fosse anche il quinto da lui non conosciuto.

Laonde, in via di deduzione, diceva al primo esame che dovevano essere restati alle prese con quei di Lugo Giovan Battista Ferro, il Soma ed il Da Rio; allorchè venne riassunto questo testimonio d’anni 17 non ancora compiuti, ebbe a dire di aver precisamente riconosciuto quei tre nell’atto che dal fosso usciti al ciglio della strada, rincacciavano entro al fosso il Rigon.

Dalla Costa, Ranzolin, il Mazzola, Pomaro ed eziandio la Carretta, la quale alla voce ed alla figura aveva indubbiamente riconosciuto Giovan Battista Ferro, come altra volta si disse, e quindi anche il Da Rio, quando subito dopo il fatto senza cappello e con sasso in mano presentavasi al di lei portone, sostennero con fermezza i provocati confronti (solo il Dalla Costa dichiarò di non aver sentito la parola “mazzemolo” od altra di somigliante significato), senzachè per altro decampassero gl’inquisiti dalle loro dichiarazioni, persistendo Ferro e Soma di essere insieme rincasati senza fermarsi un solo istante alla crociera, senza aver fatto o sentito a farsi baruffa, persistendo il Da Rio di aver passato quella crociera da solo ed escludendo tutti, assolutamente, le circostanze deposte dai testimoni.

Si ommise l’atto di ricognizione del Lanaro sopra Giovan Battista Ferro, e perché la circostanza a provarsi presentavasi dietro il nuovo esame sostanzialmente invalidata e perché tal circostanza veniva ampiamente provata per altre deposizioni.

Si ommise il confronto fra Bortolo Ferro e gli inquisiti, appunto perché anch’egli mostravasi menzognero sopra le più vitali circostanze del fatto, sospetto d’altronde di essere fra il numero degli offensori.

E siccome il Rigon e di lui compagni ritenevano, appunto perché soprafatti senza ragione, che i 5 di Grumolo si appostassero alla crociera per malvivere contro di loro, così onde non lasciar intentata ogni possibile indagine si ricercava alla politica autorità se quei 5, partendo in quella sera dal magazzino dello Zavagnin, dovessero per ricondursi alle rispettive lor case toccare la crociera di Lugo. E se n’ebbe affermativa risposta.

Si accenna per ultimo che il commissario di Thiene, con nota 2 corrente aprile, ufficiava questo tribunale a deliberare il più presto possibile sul conto di tutti e tre gl’inquisiti e possibilmente pel 10 stesso mese, perché altrimenti sarebbe nel dispiacere di consegnare al militare altri coscritti di buona condotta ed utili alle loro famiglie.

Voto

Tostochè non si raggiunse a stabilire quale precisamente degli accusati ferisse i due danneggiati Lanaro e Rigon e tostochè i periti non furono in grado di stabilire se ad una sola od altrimenti a più armi si dovessero quelle ferite attribuire (per la qual cosa anche da un solo potevano essere occasionate), non si potrebbe altrimenti raggiunger la prova di colpa se non qualora fosse previamente provato il concerto fra gl’imputati nel procurato delitto.

Ma se in base alle processuali emergenze avrebbesi tutta la presunzione di ritenere che, al momento almeno del fatto, originasse un tale concerto fra quelli almeno che si adoperarono in uno od altro modo contro i due danneggiati e che rimasero sul luogo fino al termine della zuffa, e se in base a questa ragionevole presunzione doveasi nella prima deliberazione segnar l’accusa in confronto degli odierni inquisiti, oggidì che trattasi della prova di colpa, della prova legale cioè del mentovato incontro, non può a meno il relatore di non sentir qualche dubbio. Ed in tale dubbiezza inclinato si sente a profferire dubitativo giudizio.

E non si può a meno di dubitare, quando riflettasi che al passaggio del Rigon e compagni per la crociera di Lugo, i cinque di Grumolo, senza far motto, gli lasciarono proseguire; che quindi si limitarono a chiamare il Rigon, che a piè fermo aspettarono il di lui arrivo e che non gli si fecero addosso se non se allorquando sopragiunsero i di lui compagni Ranzolin e Dalla Costa.

Ora, se concertati si fossero di sopraffare quelli di Lugo, perché lasciar loro il tempo di fuggire, come avrebbero potuto fare alla prima chiamata o lasciar loro il tempo di porsi eventualmente alla difesa? Perché non sopraffarli piuttosto all’improvviso? Perché al primo scontro uno o due di loro si abbandonarono alla fuga?

Per le quali considerazioni che rendono oscillante la prova del concerto nel fatto, il relatore propone a deliberare: che in titolo di grave lesione corporale sia dichiarato sospeso per difetto di prove legali il processo al confronto di Giovan Battista Ferro, Sebastiano Trecco detto Soma e Bortolo Fabris detto Da Rio; condannati però agli accessori sotto alle riserve di legge.

Rispetto agli altri due Bortolo Ferro ed Antonio Zenere, non avendosi per le nuove risultanze maggiori argomenti a lor carico, ulteriormente proponesi: doversi con interna deliberazione desistere da ogni ulterior procedura in confronto di Bortolo Ferro ed Antonio Zenere per mancanza di legale indizio nello stesso delitto.

Requisita la pretura di Thiene per la restituzione a cui spetta degli effetti in presentazione e per la trasmissione del cappello d’ignota appartenenza da custodirsi in questi depositi criminali.

Vicenza, 13 aprile 1849

Meneghini

Conchiuso …2 parte col voto del relatore di sospendere il processo per difetto di prove legali al confronto delli Giovan Battista Ferro e Sebastiano Trecco detto Soma.

Conchiuso ad unanimità col relatore: desista[si] dalle procedure contro Zenere Antonio e Bortolo Ferro per mancanza di indizi. Sospendere il processo per difetto di prove legali al confronto del Bortolo Fabris detto Da Rio.

Richiamati dal consigliere aulico presidente li consedenti alla votazione, il consigliere Fanzago diceva come ritenesse già provato il preconcerto, poco o nulla ricontando che s’udisse il colloquio, se il fatto intuitivamente dimostrava evidente la determinazione di offendere.

Concertati erano tutti all’osteria allorquando sortirono, chiamano il Rigon e si lamentano d’essere stati da lui beffati. Gli offensori erano appostati per quel luogo ove doveano passare gli offesi e se lasciarono che il Rigon passasse oltre vuol dire che egli era fatto segno alle loro vendette.

Ritenuto il preconcetto, reputava responsabili tutti quelli che avevano agito contro il Rigon e Lanaro.

Parlando delle prove di colpa, scorgeva raggiunta la testimoniale in riguardo a Giovan Battista Ferro, perché li Dalla Costa e Ranzolin lo videro slanciarsi in atto ostile contro gli offesi e perché li Mazzola e Francesca Carretta lo scorsero dimenarsi nel fosso.

Contro il Treco detto Soma scaturiva la prova per indizi. Difatti, una volta ammessa la capacità a delinquere, la presenza sul luogo da esso viene ammessa e fu inoltre veduto dal Mazzola d’anni 17 e dal Ranzolin alle prese col Rigolon.3

Parlando poi del Fabris Bortolo detto Da Rio non vi scorgeva che un solo indizio, perché il deposto del solo Mazzola far non poteva prova. In riguardo quindi al detto Fabris ed alli Bortolo Ferro e Zenere Antonio conveniva pienamente col relatore.

Il giudice Ruggieri conveniva col preopinante consigliere Fanzago.

Il giudice Bertagnoni si univa al voto del relatore.

Risultando una parità di voti, due cioè per le condanne delli Giovan Battista Ferro e Trecco detto Soma e due per la sospensione del processo contro gli stessi, il signor presidente, riflettendo che non è chiaramente addimostrato il preconcerto, che quindi non potendosi ammetterlo con tranquillità, tutto il rimanente era vacillante.

In tale dubbiezza propendeva per la più mite ed accedeva al voto del relatore.

1 Spazio lasciato in bianco dal relatore, il quale, probabilmente intendeva riferirsi al paragrafo 138 del Codice penale, Codice…, p. 47.

2 Parola cancellata, ma è da intendersi che il conchiuso fu deliberato a maggioranza di voti in favore del parere del relatore.

3 Si intende Rigon.