10.2 La Magnifica Patria e il giudice del maleficio

LA MAGNIFICA PATRIA

Per affrontare le discordie che attraversavano i centri della Riviera, nel 1577 fu proposto (molto probabilmente su iniziativa della stessa comunità di Salò) di richiedere a Venezia che anche la Magnifica Patria potesse disporre di un giudice del maleficio, incaricato di occuparsi del settore penale, fino ad allora gestito dal rappresentante veneziano con la sola collaborazione del suo cancelliere.

La proposta venne discussa in Maggior Consiglio e vide contrapposte, da un lato la comunità di Salò, favorevole all’iniziativa, e dall’altra la Magnifica Patria che si limitava invece a chiedere l’invio di rappresentanti più qualificati:

“1577 a 29 di giugno, nel Maggior Consiglio. Essendo stati uditi in contradittorio giudicio li spettabili ambasciatori del commun di Salò, da una parte, et dall’altra quei della Riviera, questi della Riviera ricercando che per ovviare alli molti et notabili inconvenienti et alli homicidi et discordie che tutto il dì suscitano fra di loro, sia eletto per scrutinio del Consiglio Pregadi et quattro man di elettion di questo Maggior Consiglio un honorevole nobile nostro in proveditor di Salò et capitano di quella Riviera, almeno per due reggimenti; et gli altri di Salò facendo instantia che per introdurvi buona et sicura forma di governo sia aggionto un giudice di maleficio al rettor nostro in quel luoco, sì come anco si è inteso dalle loro scritture lette al Senato. Et dovendosi in una cosa di tanta importantia far quella più opportuna et necessaria provisione che si possi per rimediare a così gravi disordini et eccessi, che a tutte le hore vengono commessi, così nella terra di Salò come in tutta la Riviera, per li dispareri et male loro sodisfattioni, onde da bel mezo giorno succedono homicidi così enormi che non solo non sono castigati come meritariano li delinquenti, ma restano impuniti con malissimo essempio d’ognuno”.

Nonostante si accogliesse quanto era stato proposto dalla Magnifica Patria in merito all’elezione, per un solo reggimento, di un rappresentate scelto preliminarmente dal Senato, la proposta di destinare in maniera permanente un giudice del maleficio in Riviera infine prevalse. Tutti i provveditori e capitani avrebbero infatti dovuto essere accompagnati da un giudice del maleficio, il quale

“debba haver diligente cura della regolatione et formatione di processi criminali et attender ad ogni altro carico che a lui spettasse. Non possa, né debba  il predetto proveditore eleggere esso giudice di maleficio se non sarà dottor di legge dottorato nel Studio di Padoa, giusta l’ordinario delle altre città, dove vanno simili giudici di maleficio et che habbia almeno fatto un altro reggimento con nostri rappresentanti”.

Di lì ad un anno la Magnifica Patria deliberò che fosse richiesta la revoca del precedente provvedimento, in quanto non se ne rinveniva più la necessità, “cum ista Patria reducta sit Dei gratia ad satis quietum statum, mediante etiam diligentia clarissimi et illustrissimi proveditoris presentis”, A.M.P., Ordinamentorum, reg. 65, cc. 76-77 (3 agosto 1577) e cc. 166-157 (2 giugno 1578). Nella supplica presentata in Collegio gli ambasciatori della Magnifica Patria rievocavano un’età dell’oro priva di discordie:

“La nova regulacione del reggimento nella Riviera et Salò, causò dali molti strepiti et homicidi che in essa si facevano. Però deliberò la Serenità Vostra mandar un clarissimo rector con il dargli per accessore un eccelentissimo giudice di maleficio, afine che con manco disturbo di esso clarissimo la iusticia havesse suo luocho.Et con tutto che esso giudice sia a detta sua fidelissima comunità di grandissima spesa, nientedimeno, per esser così intencione di Sua Serenità, l’ha voluta pacientemente soportare. Hora veramente che per opera et per il valor del clarissimo signor Ottavian Valiero, sonno sedate molte deficoltà et prencipalmente quella del estimo gienerale, che per il corso di dodici anni ha nodrito una infinità de odii intestini, discordie tra quelli populi, et criminali et civili, ha concluso molte paci, ha castigato molti tristi, et finalmente redote le cose in stato tale che si spera che in quella Patria vi sia, per gracia de Dio, ritornata una etade aurea. Però, vedendo esser levata del tutto l’occasione per la quale la si mosse a mandar detto giudice, vedendo anco esser de grandissima spesa et danno de quelli poveri populi, si suplicha reverentemente Vostra Serenità, per nome de quella fedelissima sua comunità, vogli sgravarla da un tanto peso, con il levar esso giudice di maleficio. Ritornando in quel grado esso clarissimo reggimento che è sempre stato per il passato, sicome siamo sicuri ottener dalla gracia di Vostra Serenità”, A.S.V., Collegio, Risposte di fuori, filza 332, 26 luglio 1578.

La presenza di un giudice del maleficio era evidentemente vista con favore dalla comunità di Salò, in cui risiedeva il tribunale del provveditore ed operava un collegio di giuristi. Diversamente l’introduzione di un’amministrazione della giustizia penale gestita da un doctor, incline ovviamente ad adottare formalità e procedure colte elaborate dal diritto comune, indeboliva notevolmente le forme di giustizia di tipo consuetudinario diffuse nei centri della Riviera.

 

LE CITAZIONI AD INFORMANDUM CURIAM

Uno dei punti di attrito era dato dalle cosiddette citazioni ad informandum curiam, tramite le quali non veniva esplicitato se chi veniva citato a comparire al tribunale lo fosse in qualità di teste o di imputato. Il consiglio della Magnifica Patria si oppose tenacemente a una pratica che evidentemente enfatizzava il ruolo del giudice del maleficio, ma che andava contro riti processuali consuetudinari di tipo comunitario.

Nel settembre del 1606 il consiglio deliberò:

“Da alcun tempo in qua pare che si vadi introducendo nella cancelleria criminale alcune cose dannose alle vite delli huomini et alla robba et contra ogni legge civile et statutaria et qual si voglia altra legge naturale, come saria che essendo previsto da tutte le leggi civili, statutarie et più da quelle di Sua Serenità che nei casi criminali non si possino proclamar rei, nè venir alla retentione della persona loro quando non precedano legittimi inditii; la qual legge è anco posta alli clarissimi signori proveditori et capitani nelle loro commissioni come legge veramente santissima. Alcuni eccelentissimi signori giudici, non havendo inditii sufficienti da rettener il reo, né manco da puoterlo proclamar, si vanno immaginando un tertium genus di procedere de cittargli ad informandum curiam vel iustitiam, stilo et rito reprobato da ogni legge et dottrina, procedendo in questo modo senza inditii legittimi et senza che sappiano la causa, perché si lasciano indur a venir alla giustitia, non puotendo essi per impotentia molte volte contrastar per far revocare tali precetti ad informandum con haver ricorso all’illustrissimo signor Avogador, constituiti che sono, non confessando l’imputation, vengono trattenuti come rettenti o almeno violentati. Volendo andar a casa gli convien dar segurtà de rittornar in viribus ad ogni requisitione dell’eccelentissimo signor giudice. Il qual modo di proceder quanto danno partorisca nella vita et nella borsa de poveri hormai è notorio anco alle colonne del palazzo et questo procede dal disordine essorbitante contra statuti nostri, perché vogliono essi giudici che gli dd. consoli di questa Riviera siano tenuti denuntiar ogni minutia, ogni picciol accidente anco di parole in purissime risse dette, altrimenti procedono contra detti dd. consoli anco alla retentione. Per il qual disordine è tanto spaventato il popolo et consiglieri di communi tutti, che non se ritrovano hormai che voglia essercitarsi come console, oltra che sopra esse denontie, ancor che levissime et di puochissima offesa, sì de fatti come de parole, voglion proceder anco ex officio, contra il tenor de statuti et ogni legge. Anzi anco che hormai si vedono nella cancellaria criminale maggior numero de processi per casi sopra quali non si deve nè può procedere”.

I consiglieri deliberavano che le denunce fossero porte in base al dettato statutario; e che al ripetersi di altri simili casi la Magnifica Patria avrebbe dovuto ricorrere a Venezia “per la revocatione di tali eccessi”, A.M.P., Liber ordinamentorum, reg. 75, cc. 55-56, 15 settembre 1606. Questa delibera venne ripetutamente applicata, come ad esempio nell’agosto del 1609, quando i deputati ricorsero al proveditore e capitano per opporsi ad una citazione ad informandum curiam inviata a Giuseppe Simbene. Il rappresentante veneziano “intellecto tenore dicte partis, dixit excellentissimun d. iudicem non habuisse aliam intentionem quod habendi dictum Simbenum in testem et non aliter”, Ibidem, Liber ordinamentorum, reg. 76, c. 81, 5 agosto 1609.

 

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