9 Il tempo dell’iniziazione

Stupro violento mediante denunciata intrapresa violazione in Angela Bruttomesso, contro Giovanni Battista Munari

Gli atti della presente procedura, di cui offro qui al consiglio in succinto la storia, vertono sul titolo di stupro violento mediante intrapresa violazione nella impubere Angela Bruttomesso del vivente Natale, nata nel 29 agosto 1827, domiciliata in Arzignano, a sospetta opera di Giovanni Battista Munari, giovane di 25 anni, di condizione fornaio, domiciliato nello stesso paese.

Questo fatto, che come si dirà in progresso, sarebbe avvenuto nell’estate del passato anno, venne portato a notizia dell’autorità dal padre dell’anzidetta ragazza, Natale Bruttomesso, il quale nel 28 decembre passato, spontaneo si presentò innanzi alla pretura in Arzignano per denunciarlo.

Suonatore egli, come esponeva, di violino, aveva avuto spesso nel passato carnovale occasione d’intervenire a feste da ballo, alle quali conduceva di frequente la propria figlia Angela.

Furono queste le occasioni in cui s’imparavano a conoscere la figlia ed il Munari, ed in cui furono presi di vicendevole amore.

Vedeva egli, come dice, mal volentieri una tal relazione, ma siccome il Munari, interpellato di sua intenzione verso la figlia, aveagli assicurato di condurla in moglie, così in progresso gli permise anche di frequentare in sua famiglia; e da questo momento in poi, pressochè giornaliere divennero le visite del Munari in sua casa.

Ma alla metà del settembre, ad un tratto, il Munari si allontanava da Arzignano, riducendosi a Vicenza, per trovarsi in questa città, come suppone il reclamante, una lucrosa occupazione.

La lontananza però non pose fine alla passione d’amore e cominciarono i due amanti a darle alimento a mezzo di lettere, fino al terminare del detto mese, quando allora la figlia, una mattina, senza saputa né di lui, né di altri della famiglia, spariva dalla casa e dal paese.

All’idea che la figlia non in altro luogo si dovesse essere trasferita, fuorchè a Vicenza, dimora del sospirato amante, di subito mandava il padre il marito dell’altra sua figlia Maria, di nome Marco Brusarosco, in questa città coll’incarico di ricondurre la figlia alla casa paterna.

Il Brusarosco adempì alla commissione e ricondusse la figlia, la quale, come narrava dappoi il Brusarosco al suocero, aveva egli rinvenuta in un’osteria in questa città, in compagnia del Munari.

Ma l’Angela, come vedremo in appresso, subito dopo il suo ritorno in Arzignano, non nella casa paterna, ma in quella della sorella per alcun giorno ebbe ricovero.

Fu dopo questo ritorno che il querelante venne a sapere che già da qualche tempo la figlia aveva per colpa del Munari perduto il fior virginale, e che, dopo il primo, ripetuti erano stati i trapassi di vicendevole consentimento fra la figlia ed il Munari, il quale, a’detti falli se ne valeva di que’momenti in cui erano rimasti soli.

Avverte qui il reclamante ch’egli differì ogni sua querela fino ad ora nella tema che, irritato il Munari da un suo ricorso, avrebbe potuto recedere dall’adempimento delle promesse di matrimonio, le quali, ancora dopo essere stata ricondotta da Vicenza, rinnovava alla figlia. Ma che ora, rifiutandosi il Munari all’eseguimento della promessa, divenuto più doveroso, non poteva più tacere e portava il caso a cognizione della giustizia, per la punizione del Munari, come colui che un’impubere avea fatto oggetto allo sfogo di sua vituperevole passione.

Di questo tenore è il giurato esame del Bruttomesso, il quale dimise in esso alcune lettere di corrispondenza durante il ritrovo del Munari in questa città, le quali lettere non servono che a testimoniare i rapporti d’amore, ove si eccettui la terza che, trapassando i limiti, pecca di oscenità.

Riguardo a molte circostanze di fatto, coincide col detto del padre anche la deposizione della figlia Angela, alla quale, sebbene nel 28 decembre ultimo scorso, giorno del di lei esame, avesse già di vari mesi passati li 14 anni, fu tenuto in sospeso il giuramento.

Anche questa giovane fa risalire il cominciamento de’suoi amori col Munari all’ultimo passato carnovale, nelle occasioni dal padre accennate e le successive di lui visite in casa, permesse dal padre per le promesse del Munari di condurre essa giovine in moglie.

Queste visite ebbero in sul principio luogo o alla presenza della madre, od a quella della sorella Luigia, ma in seguito non avvenne così.

Depone essa Angela, che in un dopo pranzo della passata estate, senza che ella valga a determinare né giorno, né mese, che in tal dì se ne stava essa tutta sola, intenta al lavoro in una stanza superiore, che giuntovi ad un tratto il Munari, cominciava a circuirla con blandizie, ripeterle che la voleva per sposa e chiederla in fine che volesse compiacerlo.

Che ritrosa essa da principio, alla fine cedette all’insistenza, nella fiducia precipuamente di divenir di lui moglie.

Che si sdraiò sul letto della madre e che il Munari consumò sopra di lei l’atto di congiungimento, ch’ebbe per effetto spargimento di sangue da parte sua, perché fino a quel punto, sebbene già da vario tempo fosse sviluppata, era essa rimasta vergine, non avendo mai avuto a che fare con uomini, quantunque per relazione fosse a giorno del modo in cui avveniva la copula fra uomo e donna.

Che gelosamente celava quel trascorso e che in seguito si succedevano le frequenti visite del Munari e ripetutamente e con tutta libertà essa lo compiaceva nel modo sovraesposto.

E qui racconta l’allontanamento nel 19 settembre passato del Munari e l’affettuoso lor carteggio.

Narra come nel sabbato 25 settembre, per lettera il Munari le facesse sapere che stava per partire da Vicenza e che desiderava e sperava di vederla nella domenica appresso in questa città.

Che spinta dalla brama di abbracciarlo, andò a pattuire col vetturale Giovan Battista Belluzzo la di lei condotta a Vicenza, senza farlo informato della causa.

Che alle 4 antemeridiane della domenica 26 settembre, partita da casa all’insaputa di tutti, alle 7 arrivò in questa città, fece rintracciar il Munari, desinò con lui, gli diede di bel nuovo piacere ripetutamente e nel lunedì appresso, arrivato a Vicenza il di lei cognato Marco Brusarosco, la ricondusse in Arzignano, non già nella casa del padre, la di cui ira temeva, ma in quella della sorella Maria, moglie all’anzidetto Brusarosco.

Narra che nel martedì appresso 28 settembre, compariva in casa della sorella anche il Munari, e manifestando timore per averle con lettera espresso il desiderio di vederla in Vicenza, le presentava carta e calamaio ed uno scritto, in cui era essa figurata come quella che in data 24 settembre avessegli chiesto il permesso di recarsi a Vicenza, e pregavala di vergarne il contenuto e consegnarglielo.

Narra che non solo in questo, ma ancora in altra guisa lo compiacque sull’uscio della casa, quando alla mezza notte se ne partiva e che nei loro trapassi continuavano anche dappoi, sotto il portico della casa della deponente, l’ultima volta tre giorni prima della presente sua attestazione.

Narra che quando essa cominciò ad amare il Munari, essa medesima gli diceva avere poco più di 13 anni.

Chiuse col dire [di] temere essa d’essere rimasta incinta dacchè fino da 3 mesi circa le si erano sospese le mensili mestruazioni e querelarsi contro il Munari per la sola ragione del suo mutamento di pensiero e rifiuto a farla di lui moglie.

In questo stato di cose fu prima cura dell’investigante autorità di passare a mezzo del medico Giovan Battista dottor Cherubini e del chirurgo Luigi dottor Vedovi a legale perizia per rilevare le traccie o meno di avvenuta deflorazione della ridetta ragazza, l’epoca della medesima e l’eventuale gravidanza.

Si passò a quest’atto nello stesso 28 dicembre ultimo passato. Giudicarono gli esperti sussistente la deflorazione e fecero, attese le loro osservazioni, l’avvenimento di essa ad epoca molto lontana. Non ritennero incinta la ispezionata, il che confermossi dappoi anche dalla ricomparsa del corso mensile, come si esporrà in appresso.

Stabilito per tal guisa il fatto della perdita del fior virginale della ridetta giovane, per la cui voce veniva il medesimo attribuito al Munari; voce che trovava ecco nel deposto e delle sorelle e dei genitori di lei, i quali tutti, se raffermavano da una parte le promesse di matrimonio del Munari, parlavano dall’altra della quasi continua sorveglianza della giovinetta.

Stabilitosi un tal fatto, che senza dubbio sembra cadere nell’epoca della di lei impubertà, siccome la incolpazione del Munari aveva la sua sorgente esclusivamente ed unicamente nel detto della giovinetta, così era ben cosa ovvia il ritirare informazioni sul carattere, condotta ed educazione di lei, per devenire a tranquillante giudizio sulla di lei credibilità, e ritrarre altresì informazioni sull’indole e vita dell’incolpato Munari.

E’ cosa dolorosa il dover ripetere ciò che di sì tenera giovanetta scrisse il commissario di Arzignano, che cioè essa è d’immorale condotta, di cattiva fama, di carattere decisamente lascivo, non solo, ma sfacciato, senza religioso ritegno.

Che stando alla voce pubblica essa ebbe amorose relazioni non solo col Giovan Battista Munari, ma ancora con vari altri, avendo anzi avuto commercio con certi Pietro Brusarosco, Antonio Rancan ed Angelo Guzzonato, ora soldato stazionato a Marburg. Su di che sarebbero testimoni Giuseppe Zuffolato, Giovanni Gioachino e Giuseppe Giacobbe.

Di pessimo carattere e condotta si dicono pure i genitori della giovanetta, meritevoli di giusto rimprovero per la trascurata educazione e sorveglianza della loro figlia, lasciandosi questa da essi in balia a sè stessa, come fecero riguardo anche alle altre lor figlie Maria e Luigia, facendo ad esse la madre Antonia Cibele perfino da mezzana negl’illeciti amori.

Assai vantaggiosa informazione diedesi poi dal commissario sul conto dell’odierno prevenuto Munari, sul cui carattere, fama e condotta non cade rimarco, ove si prescinda dalla sua proclività allo scialaquo.

Sotto queste circostanze la pretura procedette prima di tutto agli esami de’prenominati Giuseppe Zuffolato, Giovanni Gioachino e Giuseppe Giacobbe, come quelli che dovevano saper render conto sulla precedente vita della deflorata giovane.

Lo Zuffolato, uomo di 42 anni e descritto dall’autorità di buon carattere, condotta e fama, e degno perciò di fede, questo Zuffolato in giurato esame depose che, trovandosi esso nel giugno dell’anno 1841 nella caffetteria del Cengia in Arzignano, certo Marco Miazzo, possidente, uomo di 70 anni, narrava a lui, presente altra persona, che poi non ricorda, come da lui nel precedente carnovale erasi carnalmente goduta la giovanetta Angela Bruttomesso, facendo meraviglia sul precoce sviluppo della stessa, poiché, come diceva il Miazzo, non aveva ancora la giovanetta, quand’ebbe a compiacerlo, compiti i 14 anni.

Il Gioachino, poi, d’anni 26, ed egualmente giurato, attesta come a lui l’Angelo Guzzonato, ora militare, e cui subentrò negli amori colla giovanetta il Munari, come questo Guzzonato gli confidasse la sua tresca colla Bruttomesso e li frequenti carnali compiacimenti che ebbe con lei dietro al portone della di lei casa. Eguale attestazione fa pure il Giacobbe, ma a lui avrebbe il Guzzonato confidato soltanto di aver intrapreso colla giovanetta atti incasti, senza consumare sopra di lei il congiungimento, attesa la tenera di lei età.

Li Marco Miazzo, d’anni settanta, descritto uomo proclive alla lascivia, ed Antonio Rancan, di non rara cedevolezza agli appetiti carnali, ambedue contraddicono quanto sul loro conto fu introdotto.

Il Miazzo nega ogni qualunque confidenza che si fosse presa colla giovanetta ed il Rancan poi ammise che due o tre volte ebbe a permettersi dei toccamenti sconvenevoli sopra la ragazzetta, che si mostrava anche pronta ad abbandonarsi al congiungimento, ma che attesa l’età affatto giovanile ed ancora l’esile costituzione di lei, gli ributtava d’intraprendere sopra di lei un tal atto.

Attese queste nuove insorgenze, conveniva sottoporre la giovanetta a nuovo interrogatorio, nel quale essa negò ogni qualunque confidenza che sopra lei si fosse preso alcun altro uomo, eccetto il Munari, cui esclusivamente poneva a carico la perdita di sua verginità.

Anche questo Munari fu assoggettato ad esame. Egli però contraddisse e negò ogni circostanza che in qualche modo poteva comprometterlo, ogni illecita confidenza presasi, meno qualche bacio.

Dichiarò che ripetutamente egli dimandava alla Bruttomesso la sua età e ch’ebbe da lei sempre in risposta che la ignorava; dichiarò infine che all’aspetto dimostrava detta giovane di aver 15 in 16 anni.

E’ il Munari esente da pregiudizi, tanto politici che criminali.

Voto

Angela Bruttomesso completava il suo quattordicesimo anno di età nel dì 29 agosto 1841.

Quattro mesi dopo querelava il padre la deflorazione di lei, e la medica perizia ne stabiliva allora la effettiva deflorazione, senza però poter precisar l’epoca in cui fosse avvenuta, bensì supponendo che rimontasse ad epoca molto lontana.

Ora quest’epoca sarà essa riversibile a quella della impubertà?1

Ecco il primo quesito, che l’opinion dei periti non valse a disciogliere e di cui al criminale giudizio manca ogni più sicuro criterio per farne la soluzione; la qual soluzione dovrebbe in ogni modo essere in via positiva e determinata, così come positiva e determinata si è la parola della legge.

Incerta, dunque, l’epoca della deflorazione, incerta cammina del pari la esistenza di un delitto di stupro.

Che se poi si credesse poter sorpassare questa incertezza, improntando alle parole dei periti un valore che riportasse la deflorazione all’epoca della impubertà, chi è che asserisce esserne stato il defloratore il giovane Munari?

La sola deflorata è quella che lo dice: quella ragazza cioè che, priva affatto di qualsiasi pudore e morale, abbandonata a se stessa, e forse a sfrenata lascivia, non vorrebbe essere stata toccata da alcuno fuorchè dal Munari, nel mentre le tavole del processo lasciano a tutta ragione sospettare inoltrata nella corrotta Venere, forse molto tempo prima ancora che incontrasse la relazione di lui.

Egli è ben vero che appunto da questa anteriore lasciva tendenza può trarsi argomento onde supporla deflorata prima della pubertà, ma egli è pur vero d’altronde che ad una ragazza cotanto immorale non può prestarsi tutta quella fede, allorchè dice essere stato il solo Munari colui che la deflorò, anche perché essa nega tutte quelle lascivie di cui menava vanto il Miazzo e tutte quelle, ancora, delle quali parla il Rancan, il Gioachino ed il Giacobbe.

Egli è inoltre ad osservarsi che dicendosi deflorata nella stagione d’estate, non viene essa ad escludere che lo fosse per avventura anche in settembre, quando cioè sorpassata avea l’età che la legge con tanto scrupolo religioso si propose difendere.

Ritenuta quindi la prova imperfetta in genere ed imperfetto del pari quell’unico indizio che colpirebbe il Munari, il relatore propone che e per l’uno e per l’altro di questi motivi si debbano riponere gli atti, desistendo da ogni ulteriore investigazione.

Li 3 maggio 1842

Marchesini

Conchiuso per maiora contro il relatore di procedere a nuove pratiche, onde stabilire l’epoca della violazione della dolente.

Referato finale

Nel giorno 3 maggio ultimo passato fu fatto rapporto a questo collegio sul caso di stupro violento mediante intrapresa violazione nella impubere Angela Bruttomesso, posto a carico del giovane Giovanni Battista Munari, ambidue di Arzignano.

Le circostanze di questo fatto si trovano esposte nella relazione 3 maggio suddetto, di cui ne do lettura al consiglio.

Di seguito a questi risultati, sembrando al relatore da un lato imperfetta la prova del fatto in genere e, dall’altro, imperfetto pure l’unico indizio che colpiva il Munari, egli proponeva la desistenza da ogni ulteriore procedura di fronte al Munari medesimo, ma la maggioranza di questo collegio non adottò il parere del referente e conchiuse per la verificazione di tutte quelle pratiche che stanno registrate nel relativo protocollo di consiglio, che si passa a leggere.

Le pratiche prescritte dall’ora preletto protocollo si assunsero con sollecitudine, essendo l’odierna relazione stata ritardata e per altri più urgenti affari e per la circostanza che non prima del 24 agosto pervenne l’esame del soldato Angelo Guzzonato, avente sua stazione a Buda nell’Ungheria.

Il risultato delle nuove pratiche egli è il seguente.

La deflorata dichiarò ch’essa non era al grado di precisare l’epoca della prima sua copula col Munari, ma che per altro con sicurezza poteva asserire che la perdita del suo fior virginale per opera del Munari avveniva più di tre mesi prima della partenza di esso Munari da Arzignano per Vicenza ed essa vi si determinava unicamente nella lusinga di divenire sua moglie. Partenza, questa, verificatasi nel 19 settembre dell’anno passato.

Dichiarò che dopo quella prima copula, il Munari si compiaceva con lei ogni qualvolta che l’occasione gli si offriva opportuna e prima di sua trasferta a Vicenza e dopo il suo ritorno in Arzignano, avendo l’ultimo commercio fra loro avuto luogo soli tre o quattro giorni prima ch’essa venisse citata al primo suo esame.

Disse ch’essa, in sulle prime, non mise a parte della sua deflorazione che l’unica sua sorella Maria, la quale poi ne informava il genitore, al quale dappoi, sopra di lui ricerca, essa pure ne raffermava la verità, senza però fargliene detagliato racconto.

Disse che il Munari, incollerito pel di lui richiamo innanzi al commissario in Vicenza, di subito dichiarava che non voleva più saperne di matrimonio con lei. E qui osservò che la causa di tale rifiuto del Munari essa la poneva appunto nel richiamo innanzi al commissario, sebbene il Munari, da lei espressamente interrogato, ricusasse di spiegarsi in proposito.

Disse che in onta a tale rifiuto essa, assicurata dal Munari ch’egli le voleva bene, e spinta dall’affetto verso di lui, spesse volte ancora si abbandonava a lui e carnalmente lo compiaceva. Dichiarò che più volte manifestavasi per lei il sospetto al Munari di essere rimasta incinta per opera sua, ma ciò sempre da sola a solo e che il Munari in risposta le dava della pazza.

Fu qui riflettuto all’esaminata che essendosi il Munari, a suo dire, esternato di non volerla più sposare soltanto dopo esser egli stato richiamato innanzi al commissario, non potevasi perciò trovar ragione per cui essa colla madre si presentasse al commissario ond’accusare il Munari. E qui rispose l’esaminata che siccome la propria sorella Maria per vociferazione era venuta a sapere che il Munari, verso certi suoi amici in Vicenza, erasi espresso che mai più non avrebbe condotta in moglie essa esaminata, così per tale notizia essa colla propria genitrice producevasi ai primi dell’ottobre avanti al commissario e, comunicatagli la propria deflorazione a colpa del Munari nell’estate precorsa, chiedevalo perché inducesse egli il Munari a disporsi al matrimonio.

Quali siano le spiegazioni date dalla deflorata dietro all’ostensione delle lettere esistenti in processo, questo lo si desume dalle di lei risposte numero 21, 22 e 23, punto 37, che preleggo.

Natale, Antonia, Maria e Luigia, genitori e sorelle della deflorata, non seppero dare alcuno schiarimento sulle lettere anzidette. Il Natale poi disse che la prima notizia sulla deflorazione di sua figlia Angela la ebbe dall’altra figlia Maria e che ricercata poscia da lui l’Angela stessa, questa gliene confermava la verità, senza entrar in una esposizione dell’avvenuto caso.

Disse che sull’epoca del rifiuto del Munari al matrimonio nulla egli poteva dire, dacchè dopo la sua partenza per Vicenza egli non aveva più veduto il Munari. Quanto poi alle lettere sopradette dichiarò che frugando egli dopo la scomparsa da casa della figlia nell’armadio di essa, rinvenne varie lettere, le quali poi andava a presentarle al commissario locale, per vieppiù fargli credibile la fuga della figlia e la di lei trasferta presso l’estensore delle lettere di essa amante.

Antonia Cibele-Bruttomesso, madre della deflorata, dichiarò che per essersi sul finir del settembre od al principiar dell’ottobre ultimo scorso, sparsa la voce nel paese che il Munari non intendeva più di sposar la figlia Angela, essa madre, pregata dall’Angela, in compagnia di questa si produceva innanzi al commissario superiore in Vicenza, cui, dopo avergli la figlia narrata la perdita del suo fior virginale per opera del Munari, veniva da esse supplicato perché interponesse la sua autorità, affine si determinasse il Munari a sposare la ragazza. Disse che il signor commissario prometteva il chiamarlo nell’indomani e di agire a norma di legge.

Disse, infine, che a lei l’Angela mai parlò sull’epoca della sua deflorazione, ma bensì alla sorella Maria e ciò lo depone anche la sorella Luigia, ed ambedue vogliono avere sentito dalla Maria che a quest’ultima l’Angela asserisse di essere stata deflorata dal Munari prima che giugnesse all’età degli anni 14, circostanza questa che la Maria, difatti, attesta avere rilevata dalla bocca dell’Angela, che le diceva essere stata deflorata dal Munari nel maggio o giugno dell’anno passato e che attesta avere poi essa comunicata alla madre e sorella.

L’introdotto Pietro Brusarosco, altro di quelli che apparirebbe aver avuto commercio colla ragazza Angela, nel deporre di conoscere non solo questa, ma ancora la madre e le sorelle, e parlando assai male sul conto di tutte in linea di onestà, questo Brusarosco assicura di non mai essersi permessa confidenza alcuna verso l’Angela e molto meno aver avuto commercio con questa giovane.

Il soldato Angelo Guzzonato amette il suo amore coll’Angela prima che andasse soldato, ma dice questo amore affatto innocente e da lui continuato colla mira di matrimonio.

Disse di conoscere il Giovan Battista Munari ed ammette per cosa facile, ma a lui non nota, che questo Munari, dopo il suo allontanamento dal paese, cominciasse relazione d’amore coll’Angela.

La nuova perizia ordinata da questo consiglio ebbe per risultato il seguente peritale giudizio, cioè ch’essi esperti non potevano stabilire se la deflorazione della ragazza avvenisse prima o dopo il 29 agosto 1841.

Data lettura di questo protocollo esistente al punto 43, propongo il seguente

Voto

Le nuove pratiche, a subordinato parere del relatore, lasciarono le risultanze processuali sostanzialmente nell’identico stato in cui lo erano nel giorno 3 del maggio ultimo passato.

Ciò stante, ovunque il legale criterio si volga onde trarne dal processato argomento la prova del fatto in genere e la legalità dell’indizio, egli è certo che la mente del giudice devesi sempre ridurre e concentrare nella sola attestazione della stuprata, perciocchè essa è la sola che dice aver perduto il suo fior verginale tre mesi prima ch’ella giugnesse alla pubertà ed essa è la sola, del pari, che qual defloratore ne accusa il Munari.

Ora, se si considera che la legge al paragrafo 274 Codice penale2 soltanto per via di eccezione vede la prova in genere d’un fatto ed ancora il legale indizio di colpa per una sola testimonianza, ma tutto ciò vede essa però unicamente sotto la special condizione che il testimonio sia degno di fede.

Egli è certo che, concentrandosi il giudice in questa positiva disposizione di legge, la odierna stuprata non è certo quel testimonio di cui la legge ha voluto per via di eccezione parlare.

Troppo immorale si è la fama e la condotta di questo testimonio perché la legge, ch’è fondamento e norma di rettitudine e di morale la più squisita, si abbassi a tanto da prestare fiducia a proclamata meretrice, la quale d’altronde mai potrebbe neppure tanto validamente attestare seppur di onorati costumi fosse, perciocchè essa attesterebbe d’un fatto ad essa, come vorrebbe, accaduto quando ancora completato non avea il quattrodicesimo anno di sua età.

Imperfetta adunque, sotto ogni rapporto, la attestazione di costei, e siccome da questa soltanto dipender deve la prova del fatto e nel tempo stesso anche l’indizio di colpa, così ne viene che il relatore debbasi star fermo nella sua proposizione dei 3 maggio ultimo passato, come effettivamente oggigiorno in quella persiste, sia in riflesso ai motivi di allora, come in riflesso alle presenti considerazioni.

Li 27 settembre 1842

Marchesini

Conchiuso per maiora per la desistenza ad ogni ulteriore investigazione e per dirempta paria perché si pronunci la desistenza per insufficienza d’indizi a carico dell’imputato.

1 Il paragrafo 112 del Codice penale, compreso nel capitolo XV, dedicato al reato di stupro, equiparava comunque a tale reato la violazione compiuta nei confronti di una persona al di sotto dei 14 anni: “L’intrapresa violazione d’una persona, che non ha ancor compiuta l’età di quattordici anni, è considerata e punita come lo stupro violento”, cfr. Codice penale universale…, p. 40.

2 Paragrafo molto interessante inserito nel capitolo III dedicato all’investigazione e legale imputazione d’un delitto commesso: “A fondare la legalità d’un indizio non è sempre necessario che sia esso provato col mezzo di due testimoni superiori ad ogni eccezione, o della giudiziale ispezione. Anche un solo testimonio degno di fede basta, sia egli il danneggiato od un terzo, purchè deponga intorno all’esecuzione del fatto stesso, od intorno alle azioni o circostanze dell’imputato, aventi col fatto una necessaria connessione”, cfr. Codice penale…, pp. 89-90.