4.2 Un caso di adulterio a Padova

Un reato, l’adulterio, che veniva percepito e declinato conflittualmente secondo il linguaggio complesso dell’onore. Il caso che vede come protagonisti il nobile padovano Francesco Zabarella e Isabella moglie di un altro nobile padovano ha un esito tragico (come del resto denotano altre suppliche riportate nel sito). Ma svela pure le sue implicazioni economiche. Nel caso di un adulterio femminile, la dote non veniva infatti ritornata alla famiglia della moglie dopo la sua morte (ed uccisione). Questo crea una sorprendente alleanza tra il marito (sottoposto a processo), Andrea Speroni, e il lignaggio di Isabella uccisa dallo stesso marito e che mira a riprendersi la dote. Un’alleanza che volge la sua offensiva contro l’adultero Francesco. La strumentalità dell’azione processuale condotta dal podestà di Padova con la sua corte è però colta dagli Avogadori nella loro risposta. 

Un caso di adulterio a Padova

a. La decisione della Signoria

1612 24 mazo

Udita dalla Serenissima Signoria la supplica presentata per dominus Francesco Zabarella, colla quale ricerca dellegatione del caso dell’imputatione a lui data con proclama del presente podestà di Padoa, di adulterio da lui commesso con la quondam signora Isabella, fu moglie del signor Andrea Sperone, a qual altro rettor con corte di Terraferma che più le piacerà, et come nella detta supplicatione più distintamente si legge, sopra la qual hanno risposto li rettori di Padova et li Avogadori di Commun, il tutto inteso et ben considerato, udite anche le parti con li loro avocati, fu posto il bossolo bianco che l’imputatione et caso di sopra espresso, come nella detta supplicatione sia dellegato alli rettori di Padova colla corte del podestà; il verde de non et il rosso non sincero. Et furono:

——- 2 —— 2

——- 3 —— 3 pende primo

——- 1 —— 1

Illico:

Fu posto che sia dellegato al podestà de Padoa successor del presente podestà, che è stato eletto, al capitano di Padoa et alla corte di esso podestà et furono:

—/— 5 Consiglieri:

——- 1 d. Vicenzo Dandolo

——- 0 d. Nicolò Contarini

d. Marco Loredan

d. Zorzi Corner

d. Alvise Balbi Capi de 40

d. Andrea Dolfin V. C.

b. Francesco Zabarella, il supplicante

Serenissimo Principe

Il signor Andrea Sperone padovano, già molti mesi per vanissimi sospetti trucidò crudelissimamente con 27 ferite la quondam signora Isabella che era sua moglie di più de anni 28 et di età di anni 47 in circa, la quale, in quelle poche hore che precessero alla sua morte, fece testamento et insituì nella sua dote certo monasterio di monache. Del che, per interesse dela robba, sdegnati i parenti suoi, che prima erano sollevati et ardentissimi, acciò che il marito havesse di eccesso sì grave il dovuto castigo, uniti con esso lui, con fine di ottenere taglio del testamento, tanto fecero col preparare a diffesa testimoni a loro gusto, che si indusse il detto Sperone reo a presentarsi in caso di così enorme uxoricidio. Et prima hebbe la casa per prigione et poi, fatte certe sue diffese, senza haver alcun aversario, fu assolto dalla pena ordinaria dell’homicidio et condannato solo in ducati cinquecento per l’attrocità del fatto.

Ma quello che più importa et che dà occasione a me Francesco Zabarella, devoto servo di Vostra Serenità, di comparer riverentemente ai piedi suoi e che spedito esso Sperone ha parso ad esso illustrissimo signor podestà di Padova, senza precedente querella d’alcuna sorte, contra la forma de statuti di quella città, di fulminar contra di me un proclama che non ha, né loco, né tempo determinato, per il quale mi viene dato imputazione che io habbi commesso adulterio con detta gentildonna et con altre reprobate introduzioni, che sono state adossate a me per paliar et deffender da così grave et attroce homicidio esso Sperone, confidato nella sua molta auttorità, nell’appoggio de parenti, per interesse della robba et nella sentetia fatta da quell’illustrissimo rettor sotto la cui censura (se ben pieno di giustitia non è conveniente che io debba appresentarmi, havendo di già sua signoria illustrissima il giudicio fatto della persona del Sperone, dichiarito giuditiariamente la opinione sua contro di me, che molto più importa, che se privatamente si havesse lasciato intendere. Onde quando haverò fatto conoscere la falsità de testimoni introdotti a sola diffesa del Sperone et demonstrata con irrefragabili diffese la innocenza mia, potrà dal medesimo giudice esser posta in dubio la mia innocenza, stante la sudetta sua sententia et dichiarazione già fatta contra di me.

Supplico dunque riverentemente io Francesco sodetto Vostra Serenità che si degni per li sopradetti importantissimi rispetti, prese le debite informationi anco dalli illustrissimi signori Avogadori di commun che hanno il processo nelle loro mani, dellegare questo giuditio a qualche altro rettore con corte di Terraferma, chi meglio parerà alla sapienza sua, acciò che, in caso di così grave mio interesse, possi essere amministrata anco a me suo devotissimo servo quella giustitia che è conforme alla santa intentione di Vostra Serenità, nella buona gratia della quale genuflesso mi raccomando.

1612 6 maggio

Che alla sopradetta supplicatione rispondano li rettori di Padova et ben informati delle cose in essa contenute, visto, servato et considerato quanto si deve, dicano la loro opinione con giuramento et sottoscrittione di mano propria, giusta la forma delle leggi.

L’istesso facciano li Avogadori di commun.

Consiglieri

d. Antonio Lando

d. Zorzi Corner

d. Alvise Balbi Capi de 40

d. Andrea Dolfin V.C.

c. I rettori di Padova

Serenissimo Prencipe

Sopra il contenuto nella supplicatione presentata ai piedi della Serenità Vostra per Francesco Zabarella, cittadino di questa città et che a noi s’è compiaciuta commetter l’informatione, ne occore riverentemente significarle che nel caso della morte della quondam madonna Isabella, moglie di d. Andrea Sperone, medesimamente cittadino di questa città, seguita il dì primo settembre passato con molteplicità di ferrite, fu mediante il processo formato con ogni esquisita diligenza trovato reo di essa morte d. Andrea Sperone suo marito, il quale perciò il dì 3 di detto mese, proclamato alle preggioni, volontariamente comparse et in quelle si costituì, confessando di haver amazzata la moglie con occasione di certa contesa con lei l’istesso giorno havuta, escusandosi di haver passato il segno, vinto et transportato di giustissima ira et da insoportabile passione, perché essa donna, costituita hormai in grave età, doppo il corso de anni 28 et doppo il parto di più figli, solecitata dal detto Zabbarella, con ogni maniera d’atti inhonesti dalla casa di sua habitat ione, tolta ad affitto l’anno precedente, vicino alla propria casa di esso Sperone, et in ogni altro loco et sino nelle chiese, inanti l’altar di Dio, si havesse lasciata indurre, doppo essersi portà in habito et con ornamenti giovanili, a commettere con esso Zabarella adulterio nella predetta propria sua casa, entrato in essa et con scale et con altre [ …] Et con haver minacciato il carrociero nella stalla et postoli in spavento con le pistole delle quali se n’andava armato, havendo anco tale disonorata attione commessa sino in carrozza, mentre detta sua moglie se n’andava per alcuni luochi solitari verso le mure della città.

Perciò intimategli le diffese, doppo essergli stato assegnato in palazzo il luocho solito de presentati et poi la casa per priggione con piezaria, restando mediante l’essame di molti testimoni assai comprovato l’adulterio, et nella casa et nella carrozza, le minacie con la pistola et gli atti inhonesti fino in chiesa; et de haver attentato con concerto di essa femina la morte di esso Sperone in diverse maniere con altre pessime qualità et alteranti gravemente il delitto et la persona di esso Zabarella, me ne veni io podestà con la mia corte alla sua spedizione, assolvendo il predetto Sperone dalla pena ordinaria dell’homicidio et per tutto l’eccesso condenatolo in ducati cinquecento al fisco, de quali alcuno di noi rettori o curiali hanno alcuna minima participatione, con dechiarattione che contro la persona del prefatto Zabarella si dovesse procedere, il quale perciò, a 4 genaro passato, proclamato ad appresentarsi alle priggioni per imputatione del sopradetto adulterio, dell’attentato homicidio nella persona del sodetto Sperone et delle minacie con le pistole al carrociero, hebbe doppo il termine ordinario proroga di XII giorni, nel qual tempo, sopra la instanza del medesimo Sperone, fu come ausiliatore nel delitto proclamato anco Domenico da Parma servitor di esso Zabarella, il quale citato ad informar la giustitia non si curò di comparer, al quale essendo stato medesimamente concessa proroga di giorni otto, oltre il termine contenuto nel proclama, venero l’uno et l’altro con lettere dell’illustrissimo offitio dell’Avogaria a sospender il caso intorno a due mesi continui […] spirati li termini di esse lettere, fu il proclama con lettere del medesimo illustrissimo officio a 28 febraro dal prefato Zabarella appellato, sì come fu anco il dì 20 marzo susseguente appellato dal predetto Domenico servitore, per il che fu trasmesso il proclama con esso processo all’illustrissimo signor avogadore Moresini, il quale per suoi impedimenti, non havendo facilmente potuto vederlo, vene in opinione a 7 d’aprile passato di far intrommisione de reaudiendum, come da sue lettere appare, ma essendo già corso un altro mese senza diffinitiva intromissione, né di sua signoria illustrissima, né dell’illustrissimo signor avogadore Mosto, è palpabile raggione che, havendo l’uno et l’altro delli sodetti signori illustrissimi conosciuto essersi legittimamente proceduto contro li detti Zabarella et servitor, non passarono ad altra intromissione, con tutto che non vi fosse (come pare che il detto Zabarella vada apportando nella sua supplicatione) querella, né espression di giorno particolare et delitti aseriti, et all’uno et all’altro, et che fosse assegnata la casa per priggione al reo. Et finalmente pronunciato doversi procedere contro la persona di detto Francesco supplicante, il quale nella sodetta sua supplicatione ha voluto tacere che il fratello istesso della dona morta, costituito dalla giustitia, non solo per questo fatto evitò la sua ira contra il cognato, ma conosciuta la colpa et il mancamento dell’inhonesta sorella, rese et stimò scusabile il predetto Sperone suo cognato.

Da questo tanto può la Serenità Vostra comprendere che il Zabarella supplicante non tralascia via di subterfuggere il giudicio et perciò ha pensato di ricorrere ai piedi suoi, come ultimo rimedio al suo bisogno […] presentata la supplica che si è degnata trasmetterci.

Noi crediamo possi esser facilmente conosciuto il fine del supplicante, non potendo lui dire che l’havere io podestà pronunciato con detta mia corte doversi procedere contro la persona sua et perciò, passato anco al proclama che contiene le sue colpe, io habbi perciò dechiarito qual sia l’opinione mia nel caso sodetto, più se di essa mia opinione io mi havessi lasciato intendere poi che tali dechiarationi si fanno da ogni giudice ordinariamente et sempre per le cose risultanti all’hora dal processo, che vengono poi regolate secondo la qualità delle difese, che sono apportate dalli rei. Et se havesse luoco del pensiero, cadauno rappresentante Vostra Serenità quando devenisse a proclama contro alcun reo, venirebbe per tal via a far a farsi sospetto di quel caso et giudice incompetente; ma il Zabarella predetto, contradicendo a sé medesimo, mentre predicando me podestà pieno di giustitia va dubitando di comparere et trovando, come egli fa, subterfuggi, dimostra apparentemente qual sia l’animo suo, che il caso cadi in oblivione.

Questo è quanto habbiamo raccolto dal processo et intorno le giustificationi fatte dal supplicante sopra la supplicatione diretta alla Serenità Vostra, che da lui sono stati fatti essaminare sopra il seguente particolare tre testimoni, li quali depongono che li fratelli della sodetta dona interfetta et domino Giulio Carraro loro cognato tengono stretta amicitia et parentela con molti nodari del maleficio et che il fratello di detto domino Giulio è cancelliere della magnifica città et esso domino Giulio nodaro di collegio; né sappiamo immaginarsi che interpretazione vogli il supplicante dar a queste deposizioni. Che è tutto quello che potemo refferir alla Serenità vostra. Gratie.

Di Padova li 18 maggio 1612

Marco Bragadini podestà con giuramento di man propria

Giulio Capello capitano, con giuramento di man propria.

d. Gli avogadori di comun

Serensissimo Prencipe

Rispondendo alla supplica di Francesco Zabarella, noi avogadori di commun Morosini et Mosto, ritrovandosi l’illustrissimo Malipiero, terzo nostro collega, indisposto, riverentemente dicemo alla Serenità Vostra, che essendo stato proclamato a Padova il dì tre settembre 1611 Giovan Andrea Sperone, che s’appresentò per difendersi dalle colpe contenute in detto proclama che lo imputa della morte della propria moglie, trucidata da lui il primo dello stesso mese di settembre con 27 ferite, et havendo egli fatte le sue difese, fu alli due gennaio susseguente, stante esse difese, assolto dalla pena ordinaria dell’uxoricidio, così dicendo la sentenza, et pro toto excessum condannato in ducati 500.

Doppo di che fu proclamato il Zabarella supplicante per colpa d’adulterio con l’interfetta, che risulta dalle difese del Sperone et per deboli inditii d’attentato homicidio nella persona di esso Sperone.

Ma perché si duole esso supplicante che dall’illustrissimo signor podestà di Padova con la sua corte si sia venuto alla espeditione del Sperone sodetto senza udir le difese dell’istesso supplicante, poiché saria stato conveniente espedir tutto il processo unitamente et che con l’assolutione del Sperone sodetto sia tacitamente stata dechiarata l’opinione contro di lui supplicante, che è veramente cosa contraria all’ordinaria forma criminale, stimiamo che habbi havuto giusta causa di porgere detta sua supplication ai piedi della Serenità Vostra, alla quale questo è quanto possaimo dire,

Datum ex officio Ad. Co. Die 2 maii 162

Paulus Maurocenus Ad. C. manu propria cum iuramento

Angelus da Musto Ad. C. manu propria cum iuramento.