2.95 Il palazzo di Mestre

Serenissimo Principe,

Quando che io fui eletto per gratia della Serenità Vostra al governo di questa sua terra, molte cose procurai di sapere per informatione di questo reggimento et tra l’altre che mi furono notificate fu il cativo e pessimo stato in che si trova questo palazzo.

Fui per questa cagione in pensiero di venir inanti a la Serenità Vostra per suplicarne qualche agiuto di restauratione. Tuttavia restai di farlo con intentione di volere veder prima con l’occhio proprio se così fosse vero, per poterne poi con più verità dargliene conto.

Hora giunto, ritrovo non mi esser stato detto il falso, per il che son astretto a dirle riverentemente che parte di questo palazzo cadè già dalla parte di dredo a terra et rovinò in modo che si ritrova dissolata fino ai fondamenti una camara grande che rispondeva nella sala; un luoco di sotto per mezato et più a basso ancora un altro in terreno, che tutti tre davano molta commodità a clarissimi rettori.

Sì come hora altretanto rendono incommodità per l’isperienza che ne provo, per esser ristretto questo alloggiamento nell’altra parte pur di dredo, ove è una terrazza discoperta e mal fabricata, che di sotto via, sopra la stalla, trapassa la pioggia oltre modo, marcisse li solari et fa danno grande et il muro discoperto che rifferisce poi dentro ad una camara grande di sopra nel tempo di pioggia trapassa similmente che guasta li fornimenti di essa.

Dal colmo anco del palazzo piove in molte parti et li travamenti di esso sono vecchi e marzi, che mostrano questa caduta quando non se li ripari.

Molte altre imperfettioni sono nel restante del palazzo, pieno di mancamenti come di vedri et tellari vecchi e rotti et altri che per brevità tralascio, per li quali resto molto incommodo, oltre che da quella parte caduta vi è la cosina angusta, poco secura et pericolosa d’habitare.

Questo ho voluto rappresentare alla Serenità Vostra, acciò la si degni farne far qualche provisione et conceder quella sorte et quantità di dennaro che li parerà neccessario perchè si rifabrichi il dessolato et s’accomodi quello che tanto bisogna per riparatione del palazzo, perchè non peggiori maggiormente.

Di queste cose honeste e veridiche che io le rappresento la potrà pigliarne informatione da altri, commettendo al clarissimo signor podestà e capitano di Treviso che mandi persona perita a veder il luoco o come a lei parerà et venendo alla deliberatione di proveder a questi bisogni (come spero) la pottrà anco commetter l’esborso del dinnaro et l’ordine intorno ciò ad altri.

Starò con riverentia aspettando la sua gratia, nella quale humilmente mi raccomando.

Di Mestre, li 23 di marzo 1593

Di Vostra Serenità humilmente servitore Giovan Battista Valier podestà e capitano.

1593 a 29 marzo

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il podestà e capitano di Treviso…

(filza 346)