2.81 La verità dei da Porto

Serenissimo Prencipe, Illustrissima Signoria

Serà cosa facile che la Serenità Vostra resti a pieno persuasa che il caso importantissimo che hora se le rapresenta sia uno dei più attroci assassinamenti che commettere si possa et meriti la gravissima censura della sua tremenda mano.

Quando si senti homini potentissimi e principalissimi della sua città di Vicenza, con setta di siccari presentati et obligati per casi gravi a queste pregioni et con seguito de banditi et altra gente di mal affare, haver havuto ardire la sera della festa sanctissima della Resurettione di nostro Signore, porsi in insidie alla stradda publica, anci alle porte principali di quella città et carrichi di numerosa copia d’archibusi longhi et corti prohibiti, haver assassinato et trucidato con molte archibuggiate chi di essa uscia, con buona fede per venirsene in questa illustrissima città.

Radoppiando l’eccesso nel seguente giorno col mezzo di suoi fautori, che si fecero lecito sparare molte archibuggiate contra chi eran fuore con la giustitia, per far venir in luce del detto horrendo caso della sera precedente.

Vivono, Serenissimo Prencipe, in questa sua travagliata città, il conte Girolamo et altri fratelli Capra, per la forza delle sue numerose dipendenze e per la ferocità degli indurati loro animi, così insoperbiti et incrudeliti all’esterminio della Casa Porto, che non solamente consumano ogni loro studio ad insidiare perpetuamente le vite, l’honore e le faccoltà di essi Porti, ma si sono iniquamente dati a perseguitare con la stessa crudeltà tutti quei che per vincolo di sangue o d’amicitia conversano con alcuni della predetta Casa Porto.

Da qui è succeduto che mentre noi Mutio Muzano, cognato del conte Pietro Porto et Pietro Paolo Campiglia, di quello et di questi strettissimo amico, eravamo per certo aviso importantissimo per conferirsi a sera di Pasqua passata in questa città, il predetto conte Girolamo Capra, fatta setta di Girolamo Malchiavello et Zuan Milano, nemici di me Pietro Paolo Campiglia, levati da queste preggioni ove stavano presentati come mandatari di essi Capra, per casi attrocissimi, et accompagnato da banditi di terre et luoghi et altri loro crudelissimi siccari, tutti armati a cavallo d’archibusi longhi et corti prohibiti, si fece lecito porsi in insidie alla porta di Padoa della predetta città di Vicenza, per dove eravamo per uscire.

Et circa le 2 hore di notte sparare, lui et gli altri, cinque archibuggiate contra di me povero Campiglia, che fuI primo ad uscire dalla detta porta, trapassandomi con due di esse archibuggiate mortalmente la spalla et brazzo sinistro, cridando ammazza, ammazza, perseguitandomi per atterrarmi a fatto, sì come li sarebbe succeduto, quando per miracolo di Dio io non mi fosse retirato et nascosto in certo fosso et poi salvato in casa delli signori Barbarani, ove son ridotto in stato manifesto della morte.

Né di ciò contenti, havendo presentito che io Oratio Porto, accompagnato da alcuni amici era fuore a Camisano il giorno seguente, col signor giudice di melefficio per far formar processo del predetto horrendo assassinamento, fu oprato che el signor conte Camillo Sesso et conte Gasparo Thiene, cugnato di essi Capra, venissero a quella volta con due carrozze di gente armata di archibusi et altre arme.

Et mentre andavamo per alcuni testimoni da far esaminare, ne furono sparate dalli predetti che s’erano posti in insidie in certi casoni […] archibuggiate, con spaventoso periccolo della vita nostra et con terror di quelle genti, che dalla lor […] non ossano apprir bocca, non che deporre la verità di questi loro casi attrocissimi.

Imperò, per reprimer in qualche parte l’orgoglio di questi formidabili caporioni et sollevar noi et il resto di quella città et […] da tante sue tiranniche operationi, supplicamo humilmente la Serenità Vostra che tolte le debbite informationi la voglia delegar questi casi attrocissimi all’officio clarissimo dell’Avogaria, ove ritrovata con l’autorità di quel amplissimo magistrato la intiera verità di questi gravi eccessi et scoperti tutti li predetti delinquenti, possa la giustitia esercitarsi contra essi con quel severo et esemplar castigo che alla grandezza della loro grave colpa si conviene.

Et in buona gratia della Serenità Vostra, con ogni riverenza si inchiniamo et raccomandamo.

1582 20 aprile

Che alla sopradetta supplicatione rispondino li rettori di Vicenza…

(filza 336)