2.76 I tiranni

Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria

Fra gli potenti et famosi tiranni, sitibondi del sangue humano, subditti della Vostra Serenità, sono li signori Olibeni, gentilhomini della magnifica città di Verona, quali, contra le leggi de Iddio et di questo cristianissimo Dominio, habitando per il più nella villa di Grezzana territorio veronese, tiraneggiano tutti quelli circunvicini, questi nella robba, questi nell’honore et quelli altri nella vita.

Et per la loro potenza et tirannia et abondantia de testimoni falsi, li casi restano impuniti, tenendo in casa del continuo, contra le sante leggi dell’eccelentissimo Consiglio di dieci, homeni forestieri, i quali spesano a questo mal fine, violando questa o quella giovine et poi con violentia la fanno sposare o dottare a questo et a quello.

Et s’alcun ciò recusa di fare, gli convien abondonar la propria habitatione et patria per tema di non esser mal trattato o amazzato. Et in somma chi vuol viver et habitar in quelli contorni gli fa bisogno condescender ai suoi appetiti per inhonesti et dannosi che siano, altramente sono mal trattati, come alli infrascritti è successo.

Che havendo questi Oliboni, nominati il signor Giulio et domino Bernardino fratelli, auttoritate propria et con mali modi tiraneggiato al comun di Stallavena l’aque, de quali esso povero comun si serviva per suoi edificii et per adaquar i suoi pradi et quelle usurpatosselle per suo interesse particolare, et essendosegli opposto a nome di detto comun, questi tali si misero a perseguitar tutti quelli elletti per tal oppositione, fra quali un Zuan Piero de Antonio di Stallavena, elletto massaro, qual per esser stato uno dei primi defensori del comun, fu attrocemente amazzato.

Et fu bisogno per minacie et bravura de questi tacere, ma il comun per assicurar li altri si ricorse all’eccelentissimo Consiglio di Quaranta criminal, onde si ottenero littere penale con questi Olibeni, che non havessero a offender, nè far offender alcun de detto comun, et come in quelle.

Et questi sdegnati di ciò, con querella et falsi testimoni, fecero appresentare alle prigioni di Verona quatro del comun predetto per imputatione de contrabandieri de biave, tra quali fu l’infrascritto quondam Franceschino mio padre.

Et conosciuta la loro innocenza, furon liberati et perchè vedevan che neanche con questi indiretti modi non potevan divertir li eletti del comun della litte de queste acque, non curandosi de parte dell’eccelentissimo Consiglio di dieci, nè dell’eccelso Consiglio di Quaranta criminal, l’anno 1578, la zobba santa, fecero amazzar con arcobusate l’infelice et poverhuomo di Tasseto di Malitii, uno del detto comun. Et per la loro potenza et bravura alcun non ardì deponerli contra. Et così questi crudelissimi casi sono restati impuniti et loro se ne vanno gloriosi.

Et per ciò non contenti de tanti travagli dati a tanti poveri di Stallavena per ocasion di questa litte, che essendo stati detti Oliboni citati ad aldir sententia davanti alli clarissimi XX savi dellegati sopra li beni inculti, la qual sententia anco da poi è seguita a favor del detto comun, condennando nelle spese essi Oliboni, che detti Oliboni, di tal citation sdegnati, spinti da un spirto diabolico, sapendo che l’infelice Franceschino Di Simoni da Stallavena, uno delli eletti in detta causa, era solito la sera dapoi cena ridursi alla stalla per governar li soi animali, la sera del dì 9 giugno prossimo passato 1581, ad un’hora e mezza di notte, nell’andar detto Franceschino, homo quietissimo d’età d’anni 55 circa, da la sua casa alla stalla, che però è in un cortivo istesso strado de muro, secondo il suo solito, fu crudelmente amazzato da molte arcobusate dalli bravi et siccari di detti Oliboni, tra quali furon conosciuti Giovan Francesco di Cesar piasentino et Enea di Prospero visentino, i quali comesso il delitto se ne fuggirono verso la casa di essi Oliboni soi patroni.

Per il che io Perino figlio dell’infelice Franceschino che si morrì assassinato, comparo ai piedi di Vostra Serenità et humilmente la supplico che si degni, tolto le debite informationi dalli clarissimi rettori di Verona, delegar il presente sceleratissimo caso, sì per l’attorità, come per la grande disparità et raggioni predette, all’officio clarissimo dell’Avogaria, ove sicuramente et sinceramente si potrà formar il processo et administrar giustitia, per un delitto di sangue così innocentissimo del poverino de mio padre, quale ha lasciato drio sè una così numerosa et povera famiglia et affine che noi poveri contadini servitori devotissimi di Vostra Serenità possiamo viver quietamente et goder quello che dalla benigna gratia di Vostra serenità ne è stato concesso, se questi tali scelerati sarano puniti et castigati ad esempio d’altri. Et genibus flexis humilmente mi li raccomando.

1581 12 settembre

Che alla sopradetta supplicatione rispondino li rettori di Verona…

( filza 335)