2.57. Il compromesso

Serenissimo Principe et Illustrissima Signoria,

Questa christianissima Republica mai ha tolerato che il rigor di un poco di tempo tolesse la facultà et le ragioni dei suoi sudditi.

Dal che fatto sicuro io Zuan Tirabosco, curatore della heredità del quondam messer Salvo Avogadro, morto alli mesi passati nella età poco manco di cento anni, ignaro et inesperto delle cose giudiciarie, comparo ai piedi di Vostra Signoria, humilmente esponendo che essendo fatto un compromesso al modo di Bergomo, tra il detto quondam messer Salvo da una parte et messer Domitio Carara dall’altra, sopra di questo in contumatia di messer Salvo, per doi giudici arbitri, tertio non existente in opinione, è stata fatta una sententia arbitraria, dalla quale però esso messer Salvo poteva appellarsi et domandar ridutione, ad arbitrium boni viri, nel termine di giorni quattro, iuxta la forma del statuto di Bergomo.

Il quondam messer Salvo, ignaro di simile ordine, lassò la cura al suo procuratore, per la cui negligentia è passato il termine sodetto de altri quattro giorni o poco più.

Nelli quali però esso procurator domandò di esser restituito per il signor vicario in tempo di uno solo giorno di poter esser aldito dalli istessi arbitri overo interponer detta appellatione over redutione, ma non fu possibile di poter ottener detta restitutione.

Però, confiso della sua clementia, ricorro alli piedi di Sua Serenità supplicandola che hauta quella informatione servatis servandis et citatis citandis che gli parerà necessaria, si degni per gratia sua farmi habile di poter interponer redutione, over appellatione ad arbitrium boni viri, di detta sententia arbitraria, non ostante il passar di così poco tempo, acciò che per la neglitentia altrui le ragioni di questa heredità non restino indefese.

Et in sua bona gratia riverentemente mi raccomando.

1577 20 settembre

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il podestà di Bergamo…

(filza 331)