2.53. Un uomo d’onore

Serenissimo Principe

Non credo io Francesco Grigno, cittadin de Castelfrancho et servitor devotissimo di Vostra Serenità che sia mai stà da alcun scelerato comesso il maggior, né più neffando tradimento di quello che contra di me ha comesso il capitano Andrea Zabbarella, nepote del capitano Jacomo, già privo da Vostra Serenità perpetuamente del suo stipendio, il qual con le armi, danari e soldati de Vostra Serenità, fingendo essermi amico et di me servendosi nelli sui bisogni, s’havea domesticato in modo che sue sorelle et sua ameda, moglie del detto capitan Jacomo, praticavano intrinsechamente in casa mia con la quondam Ludovica mia consorte, qual è stata mecco anni vinti et hauto sette figlioli.

Con il mezo delle quali, havendo indoto essa infelice ad assentir alle sue voglie, con offesa del signor Dio et perdita dell’anima et honor suo, né di ciò contento, che havendosi fatto dar ad essa selerata mia moglie le chiave, qual apre le porte di casa, del granaro et delle casse a me più care, ne fece far di simile contrafatte, con le qualli, a sua voglia mi veniva in casa et aprendo ogni cosa disponeva di casa mia come della propria.

Et per sugestione diabolica vene con la adultera a così rissoluta et maladeta conchiusione de venenarmi, per potersi più securamente godere, sì come attestano le proprie litere del selerato a lei scritte.

Il che gli seria facilmente successo, quando un trattato tale per voler divino non mi fosse venuto a nottitia et che io ne havessi fatto quella demostratione che a un huomo di honore si conviene, però che, havendo ritrovato costui in casa mia la notte di 6 di marzo passato, con tutto che io fossi solo et lui accompagnato et armato di archibusi et altre armi, da bon capitano, hebe che far a fugirmi di mano, senza un arcobuso, braghesse et altre armi et spoglie sue. Le qual mi restorno in casa con le sudete chiave false che erano nelle scarselle et molte altre litere delli maladeti amanti.

Et lei restò morta secondo il suo merito da me povero marito, mosso dal giusto dolor, del qual adulterio et gravissimo assassinamento sendosi formato processo per il magnifico podestà de Castelfranco, non sol si vede progresso di farmi sopra ciò giustitia, ma questo neffando adultero, più superbo et orgolgioso che mai va insidiando la vita mia in ogni loco.

Con diversi armati in setta ha più volte torniato casa mia, con scandalo de tutti quelli della terra, che dar voleano il suono alla campana per liberarsi da tanta insolentia.

Et havendo piacciuto al detto magnifico podestà de bandirmi per dui anni per la morte de detta adultera, vien a questo modo esser liberato il sporcho adultero et maladeto assassino, non essendo chi soleciti l’espeditione.

Però io Francesco Grigno predeto, con molte lachrime humilmente son comparso alli piedi de Vostra Serenità, suplicando la constante et singolar giustitia sua che si degni a honor del signor Dio et consolatione, non di me suo fidelissimo vasalo, ma di tutta la terra sua de Castelfranco, dellegar questo importantissimo caso di assassinamento, adulterio et altro, come dalli processi et altre comprobationi chiaro si vederà, all’offitio clarissimo dell’Avogaria, affine che la giustitia senza rispetto d’alcuna cosa possi haver la parte sua, et io usar le mie raggioni et deffender l’honor mio più caro de mille vitte et la mia vitta anchora.

Et a Vostra Serenità riverentemente m’inchino.

1577 primo maggio

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il podestà et capitano di Treviso…

(filza 331)