2.49 L’affittuale

Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria

E’ fatta così grande l’insolentia et tirannia di tristi che, senza niuno rispetto della giustitia, non cessano mai di machinare non solamente contra la robba, ma anco contra la vita di quelli che procurano di goder il suo pacificamente.

Questo dico io Francesco Maraveggia, suo humilissimo servidor, perciochè, tenendo ad affitto da noi un Mattio Pizzandro, contadino ricco et potente, alcuni pochi campi nella villa di Bogion sotto Piove di Sacco, non contento di strusciarne alli tempi del pagamento, s’imaginò, per sforzarne a darli li predetti campi per quello che voleva lui, di renunciarli, minaciando quelli di detta villa che li havessero tolti.

Onde havendo noi procurato di darli ad altri et havendo fatta l’affittatione ad un Mio Medon, questo diverse volte lo minacciò di volerli dar delle ferite, dicendo: ‘vederò chi sarà quello che ardirà di lavorar questi campi’, minacciando ancora noi et dicendo: ‘al loro dispetto conveniranno darli a me’.

Il che inteso da me, tolsi lettere dalli clarissimi Avvogadori di commun che li mettevano pena di prigion et galea che non dovesse impedirsi nelli detti campi, né ardisse di molestare, né in parole, né in fatti, il predetto Mio Medon.

Ma questo ribaldo, sprezzando il detto magistrato et la giustitia, havendo havuto per spia che il predetto Mio soleva la mattina innanzi il giorno uscir di casa sua et andar ad alcune chiese vicine per pigliar il giubileo, appostatolo un giorno della settimana santa, che era partito di casa doi hore innanzi dì, nascosto insieme con doi altri suoi nepoti, armati di spontoni et altre armi, in certi campi, dove il meschino andava a quagliare, con fine di amazzarlo lo assalirno proditoriamente et li tirorno doi spontonate, l’una mortalissima che li passò una costa da un canto all’altro, et l’altra nel fianco, la quale per divino aiuto lo colse scarsamente, gridando il meschino et chiamando aiuto.

Al qual crido, essendo corsi alcuni contadini vicini, questi scelerati si salvorono, lasciandolo in terra come morto.

Il quale scelerato assassinamento ha talmente impauriti tutti li contadini di quella villa, che non si trova chi voglia più tenir dette terre ad affitto, dubitando non li occorra il medesimo, conoscendo la mala qualità di questo tristo, il padre del quale, per simili sceleratezze et diversi latrocini commessi in detta villa, fu appicato per la gola.

Perciò supplico humilmente la Serenità Vostra che, affine che sia repressa l’insolentia di simili scelerati, che senza niun timor di Dio, in sprezzo del magistrato et della giustitia, commetteno tali assassinamenti, voglia esser contenta, tolte le debite informationi del clarissimo podestà di Padova, delegare questo caso all’officio clarissimo dell’Avogaria, le lettere et commandamenti del quale vengono ad essere principalmente offesi, acciò col mezzo della giustitia quelli che sono sotto il suo patrocinio possano godere il suo et deffendersi dalla insolentia et tirannia di tal scellerati. Gratie.

1576 26 maggio

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il podestà di Padova…

(filza 330)