2.37 Ritorno in villa

Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria

Fin tanto che noi poveri homeni della Villa del Conte, iurisdition del castello de Campo San Piero, habbiamo havuto beni et sustanze proprie con le quali s’havemo potuto tollerar la impietà, per non dir altro, del magnifico messer Andrea Morosini, non diremo d’accuse et extorsioni et liti infinite con le quali ci ha a fatto consummati, perchè di queste al presente non parliamo, ma di quello che è durissimo a sentir, di non voler pagar per le sue terre le gravezze ale quali, per la forma delle vostre leggi, sono tenute le sue possessioni, terre et suoi lavoratori, havemo patientemente sopportato ogni cosa, impegnando et vendendo le sustanze proprie per i debiti dei suoi lavoratori et suoi.

Ma hora che ci manca ogni sussidio et che siamo per detta cagion debitori di Vostra Serenità et delli exattori publici et privati di grossissima quantità, non sapemo altro rimedio pigliare all’afflitto et semivivo commun, che riverentemente farlo con ogni medestia s[a]per ala Vostra Sublimità.

Saperà dunque Vostra Celsitudine qualmente il magnifico messer Andrea Moresini ha nel suo commun nove grossissime possessioni, per le quali ogni anno scuode da suoi lavoratori tutte quelle gravezze, sì ordinarie come extraordinarie, che essi lavoratori dovrebbono pagar in commun a Vostra Serenità, overo ai suoi publici ministri.

Et si obliga lui di pagar il debito de detti lavoratori et quando si doverebbe per sua magnificencia far la debita satisfattion, non è garbuglio al mondo che el non si immagini per non pagar et per strusciarne, facendo nascer lite de lite et garbuglio de garbuglio, minacciando li deffensori del commun, villaneggiando li avocati nostri, spaventando tutti con quel suo intricoso modo de litigar.

Tal che, correndo li debiti ordinari che siamo ogni giorno venuti a pagar noi meschini, siamo tutti stracciati et svaliggiati per li suoi lavoratori che non pagano a chi dovrebbono pagar et a un tempo istesso siamo privi et de robba et de deffensori.

Et se vi è alcun che voglia aprir la bocca per il publico bene, subito è strusciato con mille liti che li move, oltra le minaccie et villanie et che li spaventa.

Ma perchè questo è interesse ancho di Vostra Sublimità, habbiamo voluto exporlo con quella sincerità et verità che è in fatto, certificando Vostra Serenità che el magnifico messer Andrea, per le cause predette, è debitor dal 1563 fino il mille cinquecento et sessanta nove lire 2346, come per li conti appar, che presentemo davanti Vostra Serenità, senza li debiti vecchi et li debiti dell’anno 1570 et 1571.

Et se qualche fiate è occorso far tuor li pegni ai suoi lavoratori, li ha bastato l’animo far con arme alla strada levar li pegni de man delli officiali, come per atti publici appar.

Non è dunque intention nostra se non che sia pagato il debito de Vostra Sublimità et che noi non siamo più angustiati per li suoi lavoratori.

Al che Vostra Serenità provederà con quella infinita prudentia sua, la qual risplende per tutto il suo imperio a laude de Dio et a sollevation de noi meschini.

1571 17 de ottobre

Che risponda il podestà di Padova…

(filza 325)