2.33 Legge e giustizia

Serenissimo Prencipe, Illustrissima Signoria

Non è cosa più dura quanto esser giudicati da giudici sospetti et non solamente sospetti, ma propri adversari.

Questo dicemo noi intervenienti per il suo fidelissimo comun et huomini di Malo, giurisdittion de Vicenza, perciochè, havendo altre volte detto comun comprato da Vostra Serenità la decima del detto loco et dovendo noi scoder quella, si opposero molti cittadini de Vicenza et de li principali, non ne lassando scoder quella.

Onde nacque grandissima litte, la qual in fine, per sententia, fu diffinita a nostro favore et detta sententia fu laudata nell’eccelentissimo Consiglio di Quaranta Civil Novo.

Et dovendo, in esecution de detta sententia et laudo de quella, esso nostro comun haver la sua decima, mandorno li suoi decimali a tuor la decima deli ravi neli campi d’essi potentissimi adversari.

Per il che, fin dell’anno 1561, parse alli heredi del quondam magnifico messer Brunoro da Porto et al magnifico messer Troilo Muzan, per nome loro et d’altri consorti, tutti nobili et potentissimi di quella città de Vicenza et in gran numero, et dar querella a uno Benedetto De Fin et compagni nostri decimali, per il che detto nostro comun fece allhora le debite diffese et stettero taciti, né da quel tempo impoi hanno detto cosa alcuna.

Ma al presente si hanno immaginato far metter all’improviso in corte detto processo et intendeno volerlo introdur in Consolaria, la qual cosa se li andasse fatta sariano giudici et parte.

Il che far non puono, né dieno di ragione, perciò che una causa pura et mera civil veneriano a farsi criminal, poi veneriano a metter bocca nele venditione fatte per Vostra Serenità et in gli giudicii degli eccelentissimi Consigli et così, inappellabilmente, ne veneriano a far uno grandissimo pregiudicio, il che non porta il dover.

Ma havendo a far con sì grande et notabilissimo numero de cittadini et de li primi de la città preditta et non esser il dover che il giudicio resti in le loro mani, et perché la giustitia di Vostra Serenità non manca a chi giustamente dimanda.

Per tanto noi intervenienti per il detto comun comparemo alli piedi suoi et humilmente supplichemo la voglia, stante le cose preallegate, comettere al magnifico podestà che ex capite suo, servatis servandis, habbi solo a giudicare detta nostra causa et far giustitia secondo la bona mente di Vostra Serenità, alla qual humilmente si raccomandemo.

1570 alli 11 maggio

Tra i Consiglieri et Capi di Quaranta, vacando il dogado, che rispondi alla presente supplicatione il capitano di Vicenza…

(filza 324)