2.31 Da Ceneda

Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria

Non è fra tutti gli contrari che ponno occorrer a chi litiga contrarietà alcuna che con maggior cruccio d’animo si supporti quanto è il vedersi astretto a dever litigare inanzi giudice sospetto, o per se stesso, o per chi egli rappresenta.

E questo cruccio tanto si fa maggiore quanto la speranza di poter, col mezzo dell’appellatione, ricorrer ai piedi del suo principe naturale e giustissimo, gli vien, per privilegio concesso a quel giudice o per altro, del tutto levata.

Però riverentemente riccorro ai piedi di Vostra Serenità io Cornelio Sarcinello di Seravalle, esponendole che, havendo io ottenuto contra monsignor reverendo vescovo di Ceneda, a favor mio, dal magnifico podestà di Seravalle, una sententia dalla quale egli s’è appellato et anchora sopra la detta appellatione pende indecisa la lite fra sua signoria reverendissima e me in questa città.

Et havendo hoggidì lite ancho col magnifico cavalier Ceccato di Cividal di Belluno, suo parente, oltra che in altra occasione m’habbia sua signoria reverendissima oltragiato di parole acerbe e severe più che non si conviene, io dubito oltre modo tanto del giudizio suo, quanto dei suoi ministri e da lui dependenti, così nelle liti che m’attrovo haver al presente in Ceneda, sua giuriditione, come ancho in alcune altre di non piciola importanza ch’io son per mover hora.

Dove che per le ragionevoli sospetti sopradetti non posso se non infinitamente sospettare d’essere giudicato puoco sinceramente e con qualche sorte di passione che mi causasse un pregiudicio irreparabile, poiché dalle sententie sue m’è tolto di poter appellare in questa illustrissima città, dove sinceramente, senza alcuna passione, si giudicano le cause di ciascuno indiferentemente.

Laonde supplico Vostra Serenità che degni delegar o a Seravalle o a Conegliano o a Sacille o a Treviso o in qual altro luogho parese alla Sublimità Vostra tutte le cause mie, così presenti come future, che fussero sotto la giuriditione di monsignor reverendissimo di Ceneda sudetto, acciochè io possa havere quel contento che piace a Vostra Serenità di dare a ciascun suddito suo di litigare inanzi a giudice sinciero et a nessun modo sospetto.

Et alla sua buona gratia humilmente mi raccomando.

1569 alli 22 di settembre

Che rispondi alla presente supplicatione il podestà et capitano di Treviso…

(filza 323)