2.3 Il podestà e l’avvocato

Serenissimo Principe, Illustrissima et Inclita Signoria,

Così come è di gran consolatione del suddito l’esser giudicato da giudice sincero, così è di sua gran passione l’esser giudicato da giudice sospetto. Perché il giusdicente, essendo huomo et sottoposto alli affetti et passioni humane, può facilmente giudicare in quelle parti che lui habbia l’amore over odio.

Questo dico io Pamphilo della Fratina dottor et avocato in Portogruaro, servo di Vostra Sublimità, il quale, per esser stato, come avocato et parente alla diffesa di messer Marco Della Fratina contra il magnifico messer Hieronimo Zorzi podestà di quella terra di Portogruaro, per occasion d’un certo broilo venduto al publico incanto per li signori et officio delle Rason vecchie, fatta la esborsatione del danaro nel Dominio per il sopradetto messer Marco.

Et per essere similmente stato presentatore delle lettere delli eccelentissimi signori Capi dell’illustrissimo Consiglio de dieci alla diffesa dell’eccellente messer Giulio Sbrogliavacca, per occasion di certo formento tolto per detto magnifico podestà, qual formento per comandamento delli ditti eccelentissimi signori Capi, aldito l’eccellente messer Giulio, per giustitia giudicorno dover esser restituito, come per avventura in questo loco et ai piedi di Vostra Serenità è stato reclamato.

Son di maniera dal prefato magnifico podestà odiato, che in vari et diversi modi va cercando ogni occasione di vendicarsi contra di me, come già per la prima causa solamente principiò contra la persona di mio socero, che essendo lui daciaro della beccaria di quel loco, captata ista occasione di vendicarsi contra di me, anchora che non fusse debitore, lo fece venir in palazzo et in mia presentia, che patrocinava per altri, lo retense et comandò, dopoi molte ingiurie, che non partisse da palazzo se non disborsava la quantità di danari che dimandava.

Talchè, io vedendo tal oltraggio, fui astretto di dire che sotto il felice manto di Vostra Serenità non si sogliono far queste violentie.

Ma, poco curandosi delle mie parole, se io volsi liberar il ditto mio socero, fui sforciato ritrovar et contar li danari et dapoi il mio partire ha havuto a dire sua magnificentia che non finirà il suo reggimento che mi farà pentire delle ation mie fatte contra la sua specialità.

Ita che non posso sincerarmi che, havendomi sua magnificentia a giudicar per occasion di certa querella data per me contra uno nominato Zuan Proffetta, et per lui similmente contra di me de verbis iniuriosis, quali parole nascettero disputando in giudicio, non la debbo haver per sospettissimo giudice et temer grandemente, che le passioni dell’animo non habbino a torbidar la candidezza della giustitia.

Tanto più che esse querelle sarebbono hormai estinte per interposition de communi amici et specialmente del magnifico messer Alvise Zen fo di messer Marcantonio, qual fu già benemerito podestà di quel loco, il qual havea tolto il carico di componer le ditte querelle, se non fusse che esso magnifico podestà non volse contentar a tal compositione, dicendo di voler espedir lui et lui far giustitia.

Però son ricorso alli piedi di Vostra Serenità et genibus flexis supplico Vostra Serenità si degni per sua innata clementia provedermi di giudice non sospetto, il quale giudichi le querelle predette et gli processi sopra quelle formati et ogni altra causa nella quale venisse la mia specialità.

Qual giudice habbia da esser il prossimo futuro successore o il clarissimo proveditor di Marano o il clarissimo proveditor di Pordenon, quali sono vicini a Portogruaro, overo anco il clarissimo luogotenente della Patria et la sua Corte, che so sinceramente sarà da ogniuno di loro fatta giustitia senza affetto o passione dell’animo.

Del che prego et supplico Vostra Illustrissima Signoria si degni per sua clementia di esaudirmi, come a molti altri soi sudditi è stà più et più volte concesso.

Et alla sua buona gratia mi raccomando prostrato per terra.

1554 ultimo decembris

Respondeat locumtenens Patriae Fori Julii…atque ei detur notitia de suspensione facta per XV dies quod potestas Portogruarii non procedat.

(filza 311)