2.29 Proemio

Serenissimo Principe, Illustrissima et Eccelentissima Signoria

Se questa così ben fondata et miracolosamente instituta Republica è più longamente durata che niun altra giamai, per quanto facciono mentione le greche et latine scritture, dobbiamo credere che ciò non sia senza gran misterio dell’etterno redemptore, poiché quivi li poveri deppressi dalle oppressioni dei potenti liberati vengono.

Trovano li afflitti reffrigerio alle calamità loro et consolati rimangono i miseri dolenti. Laonde essa Republica è fatta a tutto el mondo essempio chiarissimo et spechio lucidissimo di equità et giusticia.

Che perciò, Serenissimo Principe et padri pientissimi, mosso da tutte queste cose, io misero et infelice Liberale Marciari, povero nodaro della sua città di Vicenza e divotissimo servitore, non ho dubitato riccorrer ai piedi della Sublimità Vostra, con fermissima speranza di ottonir dal limpidissimo fonte della sua gratia tribunal dove possi sperare buona giustitia et di far palese l’innocentia mia dall’imputacione che a torto mi vien data sopra la morte del conte Livio dalla Volpe.

Perciochè, essendo in una pura et subitanea rissa, successa, la sera del primo giorno di avosto prossimo passato, fra questo dalla Volpe con suoi compagni che cenavano sopra l’acqua del Bachiglione et alcuni gentilhuomini dalla Scrova con suoi adherenti dall’altra, rimasti feritti molti di essi gentilhuomini, è piacciuto al consule di nominare me solo in processo, persona di mezo che corsi al rumore simplicemente per far buon officio col signor Zuan Piero dalla Scrova, signor Fabricio suo figliollo, messer Adrian Zoian et altri che allhora si trovavimo a raggionamento al frescho sopra la porta delli detti dalla Scrova: che non si sappeva, né poteva sappere che rumor fusse.

Per la qual cosa mi trovo in tanta oppressione et persecutione che con tutto io sia innocentissimo et fuori d’ogni colpa, non so che espediente pigliarmi, dovendo passare per la censura della Consolaria, essendo tutti quelli che intravenero in questo fatto delli primi della città, al numero de dieci famiglie in circa, che abbracciano tutta la terra col parentà loro, essendovi delli suoi ordinariamente consoli et considerando all’artifficio usato nella formation del processo, collusoriamente per essere quasi tutti loro rissanti strettissimi parenti et amici.

Et per tale rispetto sia stato il tutto discargato adosso di me solo innocentissimo, come il più debile et povero di robba, di parenti et amici, havendo già tra di loro fatta pace et accordatosi insieme, come è cosa notoria per la città.

Temo et dubito, anzi son certo, di non trovare appresso la Consolaria buona giusticia et larga strada che haverei di mostrar l’innocentia mia, quando mi fusse dato dalla clementia della Sublimità Vostra altro giudice.

Che perciò riverentemente la supplico, per le viscere di nostro Signore, che havuta informatione di questo fatto dalli clarissimi suoi rettori, voglia dignarsi di sollevarmi da tanta oppressione et calamità, dellegando il detto caso ad altro giudice, in qualonque altro locho che meglio parerà alla Sublimità Vostra, per solita sua prudentia, perché così sarò sicuro che non resterà sepolta, né mal intesa l’innocentia mia, et di ricever compimento di giusticia.

Et alla buona gratia della Sublimità Vostra, prostrato in terra, humilmente mi raccomando.

1569 alli 3 di giugno

Che rispondino alla presente supplicatione i rettori di Vicenza et tolte le debite et necessarie informationi sopra le cose in essa contenute, considerato et servato quanto si deve, dicano il loro parere con giuramento et sottoscritione di man propria, secondo la forma delle leggi. Et furono

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consiglieri:

D. Lorenzo da Mula, D. Marin di Cavalli, D. Piero Sanudo, D. Paulo Tiepolo.

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