2.119 L’equità della Repubblica

Serenissimo Principe

Non tolerano le leggi, né soporta l’equità di questa religiosissima Repubblica che li sudditi suoi siano giudicati da giudici sospetti et appassionati, ma in ogni tempo ha voluto che la giustitia sia resa a cadauno sincieramente et senza alcuna passione.

Et perciò comparo io Giovan Battista Batistino da Pordenone ai piedi della Serenità Vostra, esponendoli riverentemente come io mi ritrovo diverse liti, così civili come criminali, nel territorio di Cordignano, con diversi avanti quel magistrato, in tutto et per tutto dipendenti da esso magistrato, et ciò causa che io non posso ricever giustitia, poiché s’io voglio essecutione contra miei debitori, questa in tutto mi vien negata.

Et se alcuno vuol far essecutione contro di me, immediate con rigoroso modo si procede et con essorbitantissime spese et tasse.

Et ciò fanno per il mortalissimo odio che mi porta tutta quella corte et quel che è peggio non posso haver copia di atti o scritture dalli cancellieri se non con struscii et viaggi che mi convien fare et con spese eccessive.

Suplico adunque la Serenità Vostra che si degni (tolte le debite informationi al signor podestà di Sacil o dove più a lei piace d’altro rettore) delegarmi per giudice delle cause così civili come criminali che io mi atrovo, o potessi atrovarmi in quella giurisdicione), qual regimento o rettore di questa Serenissima Republica che parerà alla pietosa sua mano. Gracie.

1609 12 di novembre

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il potestà et capitano di Treviso….

(filza 362)