2.101 Caccia allo zupano

Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria

Se la esemplare carità della Serenità Vostra non provedeva alle continue et insuportabili oppressioni di noi poveri morlachi della Provincia dell’Histria, sicuramente bisognava che noi abbandonassimo quel paese eletto per nostra Patria et con dolore gravissimo ritornassimo nel paese del signor Turco o delli arciducali, per fuggire tante insidie.

Ma poichè la Serenità Vostra n’ha sottoposti, così in civile come in criminale, al clarissimo capitano di raspo, ricevemo molto refrigerio alle tante tribulationi nostre.

Et mentre in questo principio incominciavimo a gustare li frutti della sua giustitia, ci è sopragionti novo accidente di gravissime afflitioni, poi che il clarissimo Baffo, podestà di Rovigno, sdegnato con noi morlachi habitanti nella sua giurisditione per il giuditio impetrato a favor loro dalla Serenità Vostra in contraditorio con li clarissimi suoi fratelli, mentre li furono appresentate le lettere ducali egli fece retenire Mattio Zupichi et con le manette alle mani et piedi lo fece redure in una pregion oscurissima.

Et mentre il zupano della Villanova, intesa questa captura, mandava un huomo dal clarissimo di Raspo per impetrare alcun suffragio, acciò che il prigione fusse liberato, esso clarissimo podestà, unendo tutti quelli cittadini, nostri antiqui adversari et persecutori, ordinò con inusitata forma che fussero serrate le porte della Terra et venuto fuori di palazzo con un bastone in mano, accompagnato da giudici, officiali et cittadini con arcobuggi et pistole, cridando esso clarissimo et tutti li altri ad alta voce ‘ammazza, ammazza il zupano et tutta questa canaglia’, il cavalliero abbassò il cane alla pistola contro il zupano, la quale per gratia del Signore non prese fuoco.

Ma Hieronimo Burla sbarrò un’archibugiatta contra Tomaso Zonta, uno di essi morlachi, il quale rimase ferito sopra un braccio et poi il sopragionse con il pugnale et lo feritte nella schena.

Sono in questo moto stranio state tirate altre archibugiate, sassi, et fatto molto fracasso; et se alcuno mosso da pietà dicea qualche buona parola per noi, esso clarissimo le dava delle bastonate.

Molti di nostri, per ripararse da tale concitatione et furia, si nascosero nelle case di qualche privato, che per pura humanità gli raccolsero.

Et doppo esso clarissimo, con tante caterve, cercandoli, nè potendoli ritrovare, essendo fuggiti et salvati dal pericolo della morte, fece far proclama sotto strettissime pene che tutti quelli che ne havevano in casa li dovessero cacciar fuori, facendo anco gravissime prohibitioni che non vi fusse dato pane nè vino, nè altra vittovaglia, di modo che si ritrovamo in tanta confusione et in così disperato stato, che quando la Serenità Vostra non li proveda non sapemo certamente come più poter vivere.

Però riverentemente la supplichiamo che, havuto giusto et piatoso riguardo alle innumerabili calamità nostre, si degni commettere a mandare chi o come meglio li parerà, acciò che quanto prima sii formato sicuro et diligente processo contra quelli cittadini et altri che saranno trovati colpevoli, si proceda di quel modo che si convien alla giustitia di questo Serenissimo Dominio et all’estremo bisogno nostro. Gratie, etc.

1593 a 11 settembre

Che alla sopradetta supplicatione rispondi il capitano di Raspo et ben informato delle cose in essa contenute, visto, servato et considerato quanto si deve, con giuramento et sottoscrittione di mano propria, giusta le leggi.

(filza 346)