4.4. Le conseguenze del matrimonio di Trivulzia Brazzoduro

Il documento che segue è di straordinaria importanza. Steso da un giurista o avvocato come informazione che doveva ragguagliare Euriemma Saraceno e il marito Scipione Caldogno, lo scritto ci informa dettagliatamente su alcuni dei retroscena del contestato matrimonio di Trivulzia Braccioduro e del suo successivo testamento, steso in punto di morte. Molti particolari che le testimonianze (necessariamente incentrate sul famoso capitolo presentato prudentemente dagli avvocati di Euriemma) lasciano sullo sfondo, emergono vividamente da questa informazione, stesa molto probabilmente intorno al 1604. Si delinea innanzitutto l’immagine di una donna, Trivulzia, angosciata del destino della figlia e sottoposta all’autoritaria (e spesso violenta) volontà del marito. Il presunto matrimonio sembra essere strappato a Pietro Saraceno in virtù del successivo testamento di Trivulzia. Intorno alla sfortunata donna e alla figlia Euriemma (che non ha ancora che due o tre anni) si muovono sullo sfondo i lignaggi di entrambe le parti. Quel matrimonio, comunque, avrebbe avuto delle conseguenze. Questo era un dato potenziale che avrebbe potuto emergere solo alcuni anni più tardi. E lo sarebbe stato in presenza di alcune circostanze che si verificarono. L’informazione entra inoltre nella complessa materia matrimoniale che il Concilio di Trento aveva definito con maggiore certezza giuridica. E così pure si delinea con maggiore chiarezza la stessa figura di Piero Saraceno, il quale si muove con titubanza, ma anche con scaltrezza, di fronte alle attese del proprio lignaggio. E sappiamo (come ci informano pure i registri canonici di Noventa Vicentina), che egli aveva pure una relazione amorosa con una sua domestica, che gli aveva dato due figlie naturali.

Informatione del fatto

Essendo la signora Trivulcia Bracioduro vedova a Noventa Vicentina, il signor Pietro Saracino suo parente in quarto grado di consanguineità, come dall’arboro, ma che per quello dice in alcune scritture lo ignorava, hebbe seco pratica con promessa di sposarla et publicamente passò dalla sua casa del Finale a quella di essa signora Trivulcia a Noventa et con lei habitò cinque o sei anni sino che ella morse et di quella hebbe del ’75 in circa la signora Euriema, della quale al presente si tratta.

Si proveria che il signor Pietro, huomo terribile, facesse cativa vita a detta signora Trivulcia et che quando ello lo ricercava ad effettuar la promessa del matrimonio la batteva et mal trattava, sempre dicendoli: ‘Quello che t’ho promesso l’attenderò’.

Del 1577 s’amalò et morse detta signora Trivulcia, non più a Noventa, ma al Finale in casa del signor Pietro. Et prottestando lei che saria morta disperata s’egli non la sposasse, sì come tante volte li haveva promesso, et di ciò essendone repplicata da suoi suoi intrensichissimi et fidatissimi, de’ quali l’uno era sacerdote et l’altro suo strettissimo parente, si risolse infine di sposarla. Et così facendo le parole il prete, la sposò, alla presenza del parente et del sacerdote che fece le parole, con prottesta et giuramento imposto dal detto signor Pietro alli predetti di non propalar tal matrimonio senza sua licenza.

Era circa le due hore di notte nel mese di marzo, nel loco del Finale, lontano dall’Agugiaro parochia, et dove era il parocho più d’uno miglio, et instava il pensiero della morte, che seguì la notte medesima verso le sette hore, siché non v’era tempo di ricorrere al detto parocho.

Addolcita la gentildonna dal sponsalitio, testò doppo sposata della sua facoltà, che poteva importare allhora 15 o 16 mille ducati e più. Et voleva severa lasciar 10 mille ducati alla figliola et il resto al signor Pietro, et a quello sustituir la figliola; ma dicendo esso signor Pietro che a lui lasciasse il tutto liberamente, con assignar 5 mille ducati solamente alla figliola, perciò che elli non si maritaria più et lasciaria infine questa et tutta la propria facoltà alla commune figliola. Ella che temeva il signor Pietro et che era nelle sue mani se li lasciò persuadere e testò, come si vede da questo testamento, che si crede saria tagliato; né volse il signor Pietro esser nominato nel testamento marito, ma padre della signora Euriema et herede della signora Trivulcia.

Testò alle tre hore et morse alle sette.

Morta, si mormorò per la casa et per la villa che l’havesse sposata et s’ha tenuto et si tiene publicamente che così fosse. Et inoltre esso signor Pietro l’ha sempre tenuta et trattata da legitima et lasciatosi intendere con molti che haveva quella sola legitima, a diferenza d’altre due figliole d’una serva; et che saria stata sua herede, havendo trattato di continuo di maritarla in soggetti principalissimi et havendola anco tenuta molti anni in monasteri a Padova et a Vicenza.

Alla fine esso signor Pietro è morto ab intestato, lasciata questa sola figliola legitima, secondo la verità et le due predetti naturali et una sorella, la signora Lodovica Ghellina, insieme con due figliole della signora Franceschina Pigafetta, pur sua sorella.

Delli presenti al sponsalitio è morto, già molti anni, il sacerdote, ma però ha detto quanto di sopra a diversi et vive il parente del signor Pietro.

Et perché il signor Biasio Saracino juniore, padre del detto signor Pietro, nel suo testamento ordina che mancando questo et Leonardo, l’altro suo figliolo, sine filiis masculis legitimis et naturalibus, le figliole superstiti siano usufruttuarie della sua heredità, la qual poi si devolva alli più prossimi della sua agnatione.

Essa signora Lodovica, sola superstite, prettende per questo non solo l’usufrutto delli beni del detto suo padre, ma anco che atteso che non consti di legitimo matrimonio tra li suddetti signori Pietro et Trivultia et stante la loro consanguineità non possi la signora Euriema succedere non solo come legitima et herede, ma nepure nelle due oncie, stante l’incesto. Il che, quando fosse, le nepoti Pigafetta succedariano con essa signora Ludovica pro medietate nelli beni liberi di esso signor Pietro.

Adducono l’intervenienti della signora Lodovica che sola sinhora si scuopre ut infra:

Che il signor Pietro non sposasse mai la signora Trivultia et quatenus la sposasse, modo ut supra, che sia nullo per il decreto chiaro del Consilio et per la parentela in quarto gradu, et adducono quello che sopra tali matrimoni ha scritto l’eccelentissimo Pellegrino, oltre la commune in civili et canonico.

Che nel testamento seguito doppo l’asserto matrimonio non si è chiamato il signor Pietro per marito, ma solo per il nome proprio et padre dell’infante allhora di duoi anno o tre.

Che mentre il signor Giulio Pogiana et il signor desiderio Losco, mariti delle signore Madalena et Bianca Braciodure, sorella della quondam signora Trivulcia, volevano levar dalle mani dal signor Pietro l’heredità di detta signora Trivulcia, come sottoposta al fidecommisso dei Bracicoduri et della signora Brigida madre commune; mentre essi nelle scritture trattavano che l’infante signora Euriema fosse incapace come naturale et incestuosa, esso signor Pietro nella diffesa mai confermò haver sposata la madre, anzi chiamandosi herede testamentario deffende solamente che la figliola non sia nata di illegitimo coito, stante che egli non sapeva la consanguineità et come in dette scritture, che si mandano. Ma però non nacque sententia.

Che il signor Pietro havesse scritto certo schizzo di testamento nel quale lasciasse sì herede queste, ma che dapoi lo straciasse et abbruggiasse.

Che non habbi mai doppo morta la signora Trivultia procurata dispensa, né lasciata minima scrittura che comprobasse il matrimonio.

Et che non havendo testato et sapendo la dificultà che doveva haver questa nelli natali, habbi voluto denotare che non l’ha tenuta per legitima, con molte altre presunttioni appresso.

All’incontro pareria che in favorem matrimonii et filiae nobilis et pro salute animae defunctae dovesse bastare quando per il detto del parente vivo che fu presente al sponsalitio [il conte Iseppo da Porto] et l’attestatione di quelli che deponerano haver inteso l’istesso del sacerdote morto, si comprobasse questo sponsalitio.

Et quando bisognasse riccorrere alla Santità di Nostro Signore per l’interpretatione del Concilio, dovesse favorabilmente interpretarlo, benchè ex adverso si dica, che Sua Santità non lo faria, poichè con la morte del signor Pietro iam aquisitum est ius tertio.

Et quanto al Concilio [di Trento] pare che si potria dire che habent locum inter vivos ad tollendas fraudes, ma che in articulo mortis si dovesse mitius interpretari.

Oltre di ciò s’haveria la publica voce et fama che la sposasse et che habbi tenuta questa per figliola et sopra ciò si fa il maggior fondamento, parendo a molti che anzi quando si provasse il matrimonio fatto alla presenza delli due soli, delli quali havendo fatto il sacerdote l’officio delle parole, resta il parente solo testimonio, saria pregiudiciale et perciò si ritiene d’alcuno che non si debba parlar della forma del matrimonio, né esaminar sopra quello, ma star solamente sopra la publica voce et fama che l’havesse sposata et che tenesse questa per legitima, il che si consideri.

Si consideri anco a favor della figliola che nelle scritture et massime nell’ultima, dice che allegata ex adverso minime impedirent quo minus nata fuerit legitima, nel che si vede pure non so che attestatione del padre della sua legitimità, benché non voglia usar il nome di marito.

Il parente testimonio ha fatto continuis temporibus fede di quello et così il sacerdote defunto, mentre visse et che non s’attendeva a questo caso.

Si desidera sapere quello si potesse sperare circa la validità o non del matrimonio et sopra la legitimità o non della signora Euriema, non solo nel rigore del Concilio, delli canoni e delle leggi imperiali, ma anco nell’honestà et equità del giudicio di Venetia, dove litigandosi, la causa harà da terminare et dove quando apparerà della promessa del matrimonio a principio et delle blanditie del padre verso la madre gentildonna, per godere lei et la sua robba et poi le sevitie usate contro quella, che tenne sempre strettissima, et che ultimamente in articulo mortis la sposasse, ma con tanta secretezza et senza li requisiti necessari, et che non s’habbi pur degnato di farsi chiamar marito nel testamento, et nominar lei moglie in scrittura, et che li facesse far quel testamento così inofficioso, non ostante che lasci il terzo alla figliola loro legitima et che doppo morta habbi venduta tutta la sua robba a pregiudicio della povera figliola et che in loco di maritarla nelli 18 anni, l’habbi tirata nelli 28, et doppo levata di monasterii tenuta in vita miserabilissima et come sepolta in una stanza terrena, con una meretrice in casa, per la quale si habbi fatta vita durissima, ma ben sempre in tanto publicando che fosse una figliola legitima et trattando di maritarla nobilmente et darli dotte grande.

Se dico per queste et per molte altre honestà congiunte al favor ordinario che vuole prestare la giustitia di questo stato alle povere figliole, si possi sperare che debba esser mantenuta nel possesso che ha preso di tutti li beni paterni, salvo iure quarumcumque personarum et il qual possesso è stato coroborato con una lettera di Venetia, della quale si manda copia.

La signora Lodovica [ha] ancora fatto pronunciare il punto del testamento paterno che la dichiara usufruttuaria ha preso il possesso virtute illico testamento paterno, il che è citra praeiudicium bonorum liberorum domini Petri.

Li signori Saraceni che prettendono fideicomisso in virtù d’uno testamento del quondam domino Biasio seniore ut in arbore, non si sono ancora mossi, ma le scritture tutte sono in mano loro et della detta signora Lodovica, in modo che la povera figliola non ne ha d’alcuna sorte.

Prettendendo dunque la signora Lodovica, non extantibus filiis legitimis et naturalibus domini Petri, a modo suo di succedere essa pro medietate, almeno rispetto alle nepoti Pigafetta da una e la signora Euriema dall’altra, di dover seder sola nella sede del padre, come sua figliola legitima et naturale, s’ha trattato et si tratta di componerle se possibile fosse.

Et pare che li agenti della signora Lodovica, et ciò sia senza pregiudicio delle parti, si contentaria che si facessedue parti di tutta la facoltà et del fideicomisso ancora, del quale ella deve esser usufruttuaria et che se ne desse uno alla signora Euriema et l’altra alla detta signora Lodovica.

Et dalla parte della signora Euriema si è detto che per sfugir le liti, quando la prima cosa li fosse assegnata tutta la robba materna, overo, perché è stata venduta, il valsente di quella, si potria contentare che poi si dividesse il resto per metà et che per metà si dovessero pagar le debite et il fideicomisso che potesse convincer li Saracini, al che si crede che non siano per consentire li agenti della signora Lodovica.

Ma nasce maggior dificultà quando questo accordo seguisse nella forma dello estenderlo, acciò da questo le Pigafetta, mosse dall’essempio di veder che la signora Euriema havesse datto molto del suo proprio alla signora Lodovica, non li facessero l’istessa dimanda ex capite natalium: et così mentre credesse essersi liberata da una parte, precipitasse nell’altra.

Per salvarla pare che nell’accordo, quando seguisse, si dovesse esprimere che ella, figlia legitima et naturalis et heres patris fa etc. Ma pare che li agenti della signora Lodovica non vorrano consentire a queste parole, dubitando che con tal confessione della sua legitimità li potesse esser reconvinto quello che li fosse datto, come estortto con niuna ragione.

Et all’incontro se non si fa la confessione della zia della sua legitimità, resta la signora Euriema troppo scoperta alla danni che li potessero esser intentati dalle altre sue germane.

Si desidera il parere e consiglio dell’eccelentissimo Pellegrino, hora che sarà informato di tutto il fatto et quello si possi operare per far essibire le scritture delli Saracini et della singora Lodovica.

Nell’archvio Caldogno-Curti esistono molte copie del testamento di Trivulzia Brazzoduro. L’atto venne rogato dal notaio Alvise Barbarano nel 1577, die jovis septimo mensis martis veniente die veneris in loco del Finale districtus Vincentie, in domo vetera nobilium heredum d. Gasparis Saraceni virtute fideicomissi in camera superiori. Il testamento venne rogato secondo le formalità solenni alla presenza di numerosi testimoni, tra cui il reverendo Francesco Aquani e il signor Pietro Francesco Calza, che saranno menzionati nelle testimonianze escusse su iniziativa di Euriemma molti anni dopo. Era inoltre presente Battista Bottaro che comparirà tra i testimoni chiamati a deporre sul contestato matrimonio.

Dopo le consuete disposizioni testamentari Trivulzia Brazzoduro stabilì un legato a favore della figlia: Item iure legati, et omni quo potuit meliori modo, reliquit nobili pupille domine Urieme eius filie pro eius maritare ducatos quinque milia ei exibendos modo ut infra per infrasciptum dominum eius heredem et ressiduarium, videlicet ducatos duos mille tempore sui matrimonii seu sponsalitii et alios ducatos tercentos annuatim, usque ad suplementum et integram solutionem predictorum ducatorum quinque millium..“. Tutti gli altri suoi beni ella lasciava all’erede appositamente istituito: magnificum dominum Petrum quondam magnifici domini Blasii Saraceni honorandum Vincentiae et eius heredes, aut ad eius heredis, aut ad eius libitum deveniat predicta hereditas“. Poche e scarne parole, ma che sembrano esprimere chiaramente come la disposizione testamentaria fosse stata estorta. L’unico cenno alla comune discendenza di Euriemma avveniva quasi tra le righe, laddove Trivulzia prevedeva: Si autem predicta pupilla decesserit sine filiis vel filiabus legitimis et naturalibus, tali casu ipsa domina testatrix substituit loco illius d. Petrum infrascriptum eius patrem aut heredes ipsius domini Petri…”.

Alcune notizie dell’informazione sono dunque confermate, anche se la piena istituzione ad erede di Pietro Saraceno (che poteva disporre liberamente dei beni ricevuti) lascia chiaramente intuire in quali condizione di prostrazione la donna si trovasse e come, molto probabilmente, il matrimonio segreto fosse stato mercanteggiato in cambio dell’istituzione ad erede dello stesso Saraceno.