4.3.1. L’avvio della causa (1604)

La seguente scrittura, stesa dagli avvocati di Euriemma nel corso del 1604, è di estremo interesse non solo perché fornisce molte notizie intorno a quanto era avvenuto a Finale di Agugliaro quasi trent’anni prima, ma anche perché delinea la strategia del conflitto giudiziario, soprattutto sulla questione delicatissima della presunta illegittimità di Euriemma sollevata dalla zia Ludovica, che per dimostrarla aveva adito il foro ecclesiastico in quegli stessi mesi del 1604. Lo stile involuto e tecnico dell’avvocato rivela comunque l’importante posta in gioco e mette in rilievo, in particolar modo, l’importanza di soprassedere ad un conflitto incentrato su scritture che potevano dimostrare la diretta filiazione di Euriemma, ma che non ne avrebbero comunque risolto la legittimità, collegata direttamente al matrimonio della madre Trivulzia. L’avvocato rileva invece l’utilità, almeno in questa prima fase, di procedere in base a testimonianze incentrate su alcuni capitoli (ben nove). Così come l’avvocato sottolinea l’urgenza di formalizzare i capitoli che avrebbero dovuto essere presentati a Venezia (come sappiamo al giudice all’esaminnador). In questo modo (non trattandosi ancora di un vero processo civile) la parte avversaria avrebbe dovuto raffrontarsi con gli stessi capitoli senza aver la possibilità di controbattere con altri capitoli che sostenessero il contrario. La strategia qui delineata venne comunque presto modificata, perché come sappiamo (cfr. i punti seguenti) Euriemma avrebbe controbattuto a quanto gli avversari andavano sostenendo presso il foro ecclesiastico con un unico capitolo, sul quale vennero chiamati a deporre alcuni testimoni. La seguente scrittura è dunque interessante anche perché delinea alcune caratteristiche della testimonianza nel processo civile.

Dovendosi incaminar la causa dell’illustrissima signora Oriema Saracina con quel maggior avantagio possibile per ridurla a quel fine che si desidera, non solo per la confermazione delle lettere per lei impetrate, ma anco finalmente per il laudo della pronuntia del possesso rappresentata per la signora Ludovica Ghellina sua ameda, è necessario far constar non solo della filiazione ma della legittimità d’essa signora Oriema: poiché tutta la contesa per la forza dell’appresentatione interposta da essa signora Ludovica et per l’acetatione dell’eredità per lei fatta, come che essa signora Oriema non sia capace. Si riduce a questo sol ponto. Et se bene il pretesto dell’occultatione et asportazione delle scritture è tale che apresso il giudice, e massime venetiano, ci doverà avantagiar assai, tuttavia quando si possi agiutar et adminicular si reputa di dover haverne grandissimo giovamento.

In due modi adonque si giudica che si possi agiutar a fondar la nostra intentione. Il primo con il mezo d’alcune scritture ritrovate, nelle quali si vede che il quondam magnifico signor Pietro padre della signora Euriema, litigando con sue cugnate sorelle della quondam Trivultia Brazodura, madre della signora Oriema, essendoli conteso il statto della figliola, egli non slo affirmò quella esser sua figliola legittima, ma s’offerì anco di giurar che non haveva saputo, né sapeva che tra essi vi fusse alcuna afinità. Et inoltre vi sono alcune riferte delle monache di due monasteri principali di questa città d’haver ricevuto il pagamento delli alimenti per l’educatione de molti anni per essa signora Oriema come figliola d’esso signor Pietro; et d’altre seguite doppo la morte dell’istesso, da quali si vede la recognitione d’essa signora Oriema per figliola e erede d’esso signor Piero, con l’intervento de parenti principalissimi.

Il secondo modo poi è con il far un esame a perpetua memoria del tenor che più abasso serà considerato.

Et quanto al primo, che consiste enelle scritture di sopra acenate e fin qui trovate, s’ha per opinione che quelle giudiciarie, seben portano qualche giovamento alla nostra intentione, tuttavia aportano anche qualche torbido intorno alla nullità del matrimonio per rispetto dell’affinità oposta e quasi confessata per il signor Pietro. Onde si va pensando che al presente si possino ometer di presentare. E quanto alle altre dell’educatione in monastero che non concludono altro che la filiazione, provata anco per il batesimo e per la propria confession dell’adversaria. Oltre che queste si potrano anco presentar poi per maggior comprobatione delli capitoli, insieme con l’ultime fatte doppo la morte; et tanto più quanto queste ultime si possono dire fatte stantibus rebus pro ut stant. Et così stante il possesso di già dalla giustitia conceso ad essa signora Oriema. Ma però doverano anco esse adminicolar.

Il secondo della prova a perpetua memoria si reputa modo singolare, così per facilitar la confermazione delle lettere, come poi intorno il merito sopra la pronuntia rappresentata. E’ vero che venimo in certo modo a confessar d’haver bisogno di giustificar questa legittimità et per consequenza par che si dia occasione alli adversari et al giudice di revocar il possesso penes iustitia, ma però si reputa che sia molto maggiore l’avantagio et il beneficio di queste prove, che non è il rischio dell’avocatione del possesso, perché questo è accidentale e momentaneo. Et il beneficio è grandissimo et perpetuo. Oltre che l’esame sarà per noi fatto così pronto et speditamente che al sicuro serà presentato a tempo, che ancora li adversari non haverano trattata la causa sopra le lettere, sì che potrà servir alla nostra intentione e quando anco si convenisse trattar la causa sopra esse lettere, reputiamo che il portar una modula de capitoli […], quantunque ancor non giustificati, ci potesse grandemente giovar. Avertendo che si deve far presto in levar lettere d’esaminandis testibus ad perpetuam memoriam acciò li adversari non facino notar ordine che che non siano concesse lettere nisi citata parte, perché il negotio si renderebbe più dificile. Et seben poi ci facessero citar per la revocazione serano già prodoti li capitoli. Quali, congionta la retentione delle scritture, doverano far gran motto nell’animo del giudice.

Inoltre si può considerar un altro avantagio notabilissimo et è dell’esser primi a capitolar perché difficilmente il giudice venetiano capiterà in oppinione d’ameter capitoli contrari. In tanto che per tutte queste considerazioni et per altre che per brevità si trapassano, si conclude che si deve far questi capitoli e levar le lettere sodette, remetendosi però etc.

Lauderemo che si facesse una premessa alli capitoli in questa forma regolata però secondo il parer di quelli eccellentissimi signori:

La magnifica signora Ludovica relicta del magnifico dominus Gerolimo Ghellino troppo ingiustamente e ingiuriosamente cercha di travagliar me Oriema legitima figliola et erede del quondam magnifico dominus Pietro Saraxino suo fratello, non pur nelle sustanze e facoltà mie, ma doppo havermi fraudolentemente levata di casa e tolte e transportate tutte le scritture e raggioni mie, anco nel statto e nei natali, cosa che s’io havessi le mie scritture si dimostrarebe così caluniosa che senz’altro resterei solevata e liberata d’ogni ingiusta machinatione d’essa signora Ludovica et suoi aderenti. Ma perché è mia intentione di voler che in ogni maniera la giustitia sia resa certa della mia inocentia e insieme dell’ingiuste maniere con le quali vien cercato d’oprimermi, provar voglio e intendo l’infrascritti capitoli, non m’astringendo, etc.

Primo: Che il quondam magnifico dominus Pietro Saraceno già anni trentadue in circa tolse apresso di sé e in casa sua la quondam magnifica signora Trivultia di Brazoduro et quella vi habitete sempre sino alla sua morte, qual seguì l’anno 1577, tratandola da gentildona et in quell’istesso modo come fano li gentilhomeni le loro mogli, et pro ut etc.

Secondo: Che fra questo tempo e così l’anno 1574 naqui io Oriema sudetta della predetta signora Trivultia et del sudetto signor Pietro et fui batizata nella chiesa parochial di Noenta con l’intervento de molti gentilhomeni, quali furono tolti per compadri dal sudetto signor Pietro suo padre, etc.

Terzo: Che l’anno 1577, essendosi infermata la sudetta quondam signora Trivultia dell’infirmità per la qual poi se ne morite nel loco del Finale, in casa propria di detto signor Pietro Saracino mio padre, esso signor Pietro con l’intervento del quondam reverendo padre Francesco Aquani sacerdote e mansionario della chiesa cattedrale di Vicenza, sposete detta signora Trivultia mia madre per parole de presenti, et pro ut etc.

Quarto: Che seguito esso matrimonio, nacque nel loco del Finale et altri lochi convicini et anco in questa città, publica voce e fama la qual ha durato sino al tempo presente che detto signor Pietro Saracino havesse sposata la predetta signora Trivultia Brazodura mia madre, et così è la verità.

Quinto: Che detto signor Pietro Saracino dal tempo che io naqui insino al tempo della sua morte ha sempre tenuto me Oriema antedetta per sua figliola legitima et naturale, facendomi nutrir et alevar nobilmente et onoratamente, mantenendomi per molti e molti anni ad educar nelli monasteri di Santa Catherina et d’Araceli della città de Vicenza e tratandomi da gentildona, et pro ut etc.

Sesto: Che havendo detto signor Pietro Saraceno mio padre havute due figliole naturali le quali tutta via viveno, doppo la morte della sudetta signora Trivultia mia madre le ha tenute in casa e tratate in quella guisa che si tratano le servitù, facendo che esse e la loro madre servissero alla persona mia, come tuttavia una d’esse mi serve, e così è la verità, et pro ut, etc.

Settimo: Che io Oriema antedetta son sempre stata tenuta et reputata non solo per figliola legitima e naturale del sudetto signor Pietro Saracino mio padre e come tale da lui trattata, ma anco dagli altri miei parenti et massime dalla sudetta signora Ludovica Ghellina, et pro ut, etc.

Ottavo: Che essendo infermato il mese di dicembre prossimo passato il sudetto signor Pietro mio padre dell’infirmità per la quale se ne morite nel loco del Finale, la sudetta signora Ludovica Ghellina sua sorella si ridusse in detto loco insieme con il magnifico signor Giulio Ghellino suo genero. Et essendo poi seguita la morte de detto signor Pietro sotto pretesto di pigliar la mia protezione et di tratarmi come se le fosse stata figliola, mi condusero in questa città nella propria casa chiamata la torre delli signori Ghellini et secco fecero portar tutte le scritture che si ritrovavano apresso detto quondam mio padre in alcuni sachi e forette. E così è la verità et pro ut tec.

Nono: che doppo che io foi condota nella casa e torre sopradetta della predetta signora Ludovica Ghellina mia ameda, vi sono statta sino al prencipio del mese di marzo instante, che poi ho contratto li sponsali con il magnifico signor Scipion Caldogno, che poi mi sono redota in casa del reverendo signor Desiderio de Loschi mio zio, marito della magnifica signora Bianca Brazodura mia ameda, sorella della quondam signora mia madre. Et così è la verità et ut etc.