4.1 Euriemma e la zia Ludovica (1604)

Si è iniziato con il documento scritto a nome di Euriemma Saraceno (che compare ripetutamente tra le carte di famiglia) in quanto riassume bene la strategia dei suoi avvocati in questa prima e rapida fase del conflitto. Il padre Pietro Saraceno era morto nel dicembre del 1603 e Euriemma sarebbe rimasta con la zia Ludovica (che l’aveva condotta sino a Vicenza) sino al marzo successivo. Già ad aprile celebrava gli sponsali (il fidanzamento) con Scipione Caldogno. Appare evidente che le tensioni erano già in atto prima della morte del padre.

Scrittura presentata a nome di Euriemma Saraceno agli Auditori Novi

1604 20 luglio

Grandissima disaventura è statta quella di me Euriema, figliola et herede del quondam magnifico signor Pietro Saraceno, che essendo io per tal conosciuta, riputata et tratata dalla magnifica signora Lodovica Ghellina mia ameda, sorella del detto signor mio padre, et da tutta la città.

Questa gentildonna, sotto pretesto d’haver la mia protetione et tutela, con uno delli signori suoi generi, al tempo della morte del detto quondam mio padre, sii venuta a casa mia et con false promesse di diffendermi et protegermi, mi habbi levata dalla casa materna et condotta in Vicenza nella casa deta la Torre delli signori Ghellini, levando di detta mia casa tutte le scritture, in sachi et sachetti, et doppoi che sotto il mio nomine ha fatto far gli atti che si manifestano in processo per la conservatione del possesso, che continua et deve continuare in me della heredità mia paterna.

Non le havendo riuscito il poter far mercantia della mia persona come designava, con maritarmi via come herede di mio padre, con che a lei tornava più a conto, ma con quei civancei [vantaggi] che le parea di poter fare in così opulente facoltà lassatami da detto mio padre, s’habbia poi voltata non solo ad insidiarmi la facoltà, ma l’honore della quondam mia madre, che fu pur gentildona di famiglia honoratissima et ricca de più di ventimillia ducati di facoltà et citandomi al giudicio ecclesiastico, pretende hora contra di me far decchiarare non haver potuto esser contrato matrimonio fra la detta mia madre et il detto quondam mio padre.

Et mentre debbo viver dalle sue mani le scritture della heredità paterna, da lei levatami di casa sotto pretesto di difendermi, impugnar così ingiuriosamente le mie natali, ardisce anco a contender così giusta et debbita restitutione dinanzi Vostre Signorie Illustrissime et Eccelentissime, che dovendo io conforme alla dispositione delle leggi esser conservata al possesso dell’heredità paterna, vien da questo Eccelentissimo magistrato commesso che sii fatto la restitutione a me di dette mie scritture.

Et havendo pensato di fomentar questi ingiustissimi pensieri si fece lecito dar a parte un processo al mio procurator di scritture composte et inventate et fatte capitar con grandissima accortezza al forro ecclesiastico. Qual havendo terminato Vostre Signorie Illustrissime che le debbian presentar in officio, né ha havuto ardimento di ciò fare, che pur è evidentissimo segno che con manifesti et ingiustissimi suplanti pensava poner in difficultà il statto et possesso della mia legitima filiatione.

Nel qual, dovendo io esser conservata, deve la detta Magnifica mia ameda restituirmi le dette mie scritture levatemi con così manifesto ingano et prodicione, ancorché ancor io mi possi diffender dalle sue insidie. Delle qual se le pare che ne debbi esser fatto inventario prima che mi siino consegnate per scapriciarsci che io non le meterò difficoltà, intendendo che siino sempre salve le raggioni mie, né tolererà mai la giustitia che detta signora Ludovica con suoi generi, sotto pretesto di carità et di parentela et di volermi proteger, m’habbino privata de dette mie scritture, le quali quando havesse havute et che così insidiosamente et proditoriamente non mi fossero statte levate, mi rendo sicura che non li haveria bastato l’animo promovermi l’ingiuriose molestie che io provo hora spogliata d’esse.

Le qualli cose, sì come sono nottorie, sono anco così vere che detta signora mia ameda non ardiria negarle in scrittura, perché in tal caso in quanto facio bisogno, mi offerisco provarle. Et non le negando pretesto che s’habbino per vere et comprobate, stante le quali non obstante la sua vana oblatione doverà seguir confirmatione delle lettere contenciose.

Il che li sii detto senza pregiudicio nel resto delle raggioni mie, quomodcumque et qualitercumque et senza pregiudicio delle parti.

Die 20 iulii 1604

Visa per MM. D. Auditori Novi