13.8 Una donna privata dell’onore e del padre

In questo caso la donna custodita è al centro di un conflitto molto aspro che ricorre al linguaggio dell’omicidio. Le emozioni sembrano piegarsi inequivocabilmente al richiamo degli interessi.

Serenissimo Prencipe, Illustrissima Signoria

Se potessero gli homeni sceleratti così facilmente nascondere per sempre li loro dellitti, come facilmente li possono commettere, crescerebbe di maniera l’audatia loro che gli buoni et pacifici non sariano in luoco alcuno sicuri.

Ma Dio, che ha protetione della verità finalmente, perchè le sceleratezze non restino impunite, malgrado loro la manifesta.

Chiaro testimonio di ciò ne rende l’infelice et miserabil caso del povero Mathio Agustini di Verona, il qual insieme con tutta la famiglia Agustina fu perseguitato per antico odio da Lodrico Pompeo et li quondam Alessandro, Zuane, Francesco et Simon suoi fratelli, li quali come homeni sicari et per la potentia loro assoluti patroni di Roncà territorio veronese, l’anno 1573 con gran numero d’armati con schioppi trucidorono li quondam messer Jseppo et Michiele delli Agustini su la publica piazza di quel luoco.

Fu delegato il caso all’Avogaria et banditti absenti la maggior parte di loro, Lodrigo assolto, al quale noi della famiglia Agustina faccessimo pace.

Ma non contento, anzi ingratissimo, ne rimunerò la cortesia con innaudita et dettestanda crudeltà, perchè ritrovandosi il povero messer Mathio, fratello del quondam messer Jseppo trucidato da loro, Madalena figliola unica nata della famiglia Losca nobile di Vicenza, herede della dotte della madre di ducati 1800, oltre quello che poteva sperar dei beni del padre, finse di amarla.

E tenuto mezo con un Bernardo Pecoraro di casa, si riddusse con lei più volte a raggionamento di notte, sì che essendo per voler del padre et suo destinata a servir Dio, la persuase a prometterli d’esser sua moglie et con questa fede del mese d’aprille 1579, accompagnato da molti scelerati suoi seguaci la menò fuori della casa del padre, mentre che egli opresso da mortal infirmità, caduto in agonia stava per spirar l’anima.

Et condutala un campo per longo, la diede in mano a viva forza, mettendogli un fazzoletto in bocca perchè non cridasse, a Sabbino Vignato, persona ville et povera, suo domestico et bravo di molti anni, facendo che per forza lei gli prometesse di tuorlo per marito.

Il qual accompagnato da molti armati se la menò via et la stuprò, con vergogna perpetua di casa nostra et mal essempio universale.

Questo caso fu dellegato all’officio dell’Avogaria, parimente da Vostra Serenità, nel quale essendossi questi con altri complici apresentati, prima oprorono quanto potero di far fugir il Pecoraro et quatro famegli di casa perchè non manifestassero il fatto.

Ma se ben uno fuggì, si hanno havuto però li altri. Dalli quali pienamente si ha la verità.

Hora mentre che con ogni importunità instano l’espeditione, perchè più oltre non si scuoprano le neffande et tiraniche scelleragini loro, si è scoperto che l’istesso Loddrico et Sabbino, per impedire a principio il progresso di questo attrocisssimo dellitto, l’anno 1579, 2 d’agosto, tenero mezo che in casa di Francesco Castellano, insieme con Giacomo Castellano, Gioan Dominico Tirapelle et altri suoi antichissimi satellitti, si facesse concerto et trattato di trucidar il povero messer Mathio, padre di quella sfortunata figliola.

Et così ascosi il predetto Zuan Domenico et Francesco Castelan in un campo di sorgo fra la villa di Sorio et Roncà con archibusi aspetorono esso messer Mathio, il qual partitossi di casa se ne andava a messa accompagnato da un servitor.

Et nel passar per la strada vicina al luoco dell’aguatto con archibusate ambi li uccisero.

Del qual fatto sono rei li istessi rei anco del rapto della figliola.

L’homicidio dipende dal rapto già dellegatto, anci a sua diffesa esaminano l’istesso Tirapelle et altri rei dell’homicidio.

La verità di questo horribil caso a noi è statta nascosta fin hora et per questo habbiamo convenuto tacere.

Hora per voler d’Iddio per chiarissime prove è manifestata talmente che la giustitia di Vicenza ha fatti carcerare li detti Francesco et Giacomo Castellani, rei dell’istesso caso del rapto già dellegatto. Et Gioan Domenico Tirapelle suo testimonio et reo già del sudetto homicidio del quondam messer Jseppo et Michiele Agustini.

Però, essendo caso rispetto al fatto, alle persone, et alla causa talmente unito et conexo che si deve reputare un istesso, acciochè la giustitia compiutamente possa per l’uno et per l’altro caso col castigo di questi sicari et tiranni crudelissimi haver suo luoco.

Io povera Madalena figliola del predetto quondam messer Mathio, priva dell’honore et del padre, insieme con me Francesco et altri delli Agustini suoi parenti, riverentemente supplichiamo la Serenità Vostra, tolte prima le debbite informationi dal clarissimo Bernardo avogador del caso già delegato et dal clarissimo podestà di Vicenza, a dellegar il caso del detto homicidio all’officio dell’Avogaria, sichè unitamente insieme con il caso del rapto et violentia suddetta sia espeditto all’eccelentissimo Consiglio di Quaranta Criminale et fattane quella severa giustitia che in un caso così grave et di mal esempio si ricercha per quiete et sicurezza dei poveri sudditti della Serenità Vostra, la qual nostro Signor Iddio longamente conservi felice.

A 10 novembre 1581

Che alla sopradetta supplicatione rispondano li rettori nostri di Vicenza… Et l’istesso faccia il nobil homo d. Battista Bernardo avogadore de commun.