13.12 La passione e l’interesse

Il supplicante non ha esitazioni a collocare il termine della passione in quello dell’interesse: a suo giudizio la donna custodita non ha infatti i requisiti per incentivare il flusso della passione.

Serenissimo Principe,

Fra tutti li maggiori delitti che si possono cometer, dalla giustitia è reputato gravissimo il delitto del rapto, et delle sue santissime leggi, con severissime pene, castigati li raptori.

Onde siamo sicurissimi noi Bartolomio Di Lorenzi et Genevera Beccari, giugali, che la Vostra Serenità vendicherà l’ingiuria et offesa fatta non solamente a noi, ma alla giustitia et al Signor Iddio da un messer Hercole di Lorenzi, detto Milano, et suoi figlioli, il quale sapendo che havevamo in casa una sorella di detta Genevera et cognata di me Bartolomio, dona di facia brutissima, mal sana et sempliciota, ma che si trovava haver mediocre facoltà, rispeto alla conditione di detto Milano, nominata Sofia, la quale era donna dismessa per l’età d’anni 40 in circa et viveva in casa con sua sorella.

Et havendo delliberato di volerla per forza, non per vaghezza delle sue bellezze, né per cupidità d’amore, ma per suo ingordo desiderio dell’altrui robba, essendo lei brutta et esso già vechio, mandò Antonio homo d’arme et Girolamo suoi figlioli, accompagnati con Perin Michiel, homo scelerato et il quale è stato per suoi delitti condannato con ferri ai piedi in galera per anni dieci continui, il giorno del santissimo Corpo di nostro Signore alla casa nostra, in borgo fuori della terra di Lendenara, mentre che io Bartolomio fossi in chiesa et alla processione dentro la terra.

Quali entrati in casa violentemente, rapirno questa meschina donna et essendosi gettata in terra cridando et facendo difesa a tal violenza, la strassinorno come una bestia fuori di casa et la portorno di peso fuori sopra la strada fino a certo luoco, dove havevano preparato una carozza et la butorno sopra essa come un animal bruto.

Et fugirno fuori del Polesine, strepitando lei, conssignandola a detto suo padre, aciochè facendo di essa ogni suo voler, sotto specie di matrimonio, se impatronisse della sua facoltà.

Facendosi far, di lì a pochi giorni dopo detto rapto, un instromento di donatione della maggior parte et quasi di tutta la sua facoltà. Et poco dopoi fatale essi far doi testamenti del resto.

Né di ciò contenti, Antonio sudetto, presa occasione dell’impotente vechiezza di me Bartholomio, mi ha usato molte insolenze et tirannie et particolarmente havendo anco venduto portione di beni di essa madonna Genevera mia moglie.

Et se la Vostra Serenità con la sua destra non vi provede resterà detto caso impunito et noi in estremo pericolo della robba et forse della vita, havendo di già il clarissimo signor podestà di Lendenara dato le difese per procurator alli detti raptori, già chiamati alle preggioni, con tuto che fra li predetti Antonio fosse sottoposto alla censura del clarissimo signor podestà et capitano di Rovigo, per esser huomo d’arme, per terminatione fatta da Sua Serenità.

Però, genibus flexis, supplichiamo la Serenità Vostra che, havuto informatione di questo fatto dal detto clarissimo signor podestà et capitano di Rovigo, vogli delegar il presente caso all’officio clarissimo dell’Avogaria, a ciò che resti castigato un tanto eccesso et noi con la nostra famigliola solevati et assicurati da loro insidie, con universale consolatione dei buoni et timore dei cattivi.

Et alla sua buona gratia inchinevolmente si raccomandamo.

1600 adì 12 zugno

Che alla sopradetta supplicatione risponda il podestà et capitano di Rovigo….