10.2.4 Il parere di Piero Franceschi sul progetto del Marangoni

3) Consulto di Piero Franceschi 1788 21 1uglio

Serenissimo Principe

Un piano esibito a Vostra Serenità dal suddito sacerdote don Francesco Marangoni con la supplica 18 decembre dell’anno decorso ha somministrato argomento di lungo esercizio alle zelanti meditazioni del Magistrato eccelentissimo de’ Provveditori in Zecca nella scrittura 5 aprile susseguente, sopra la quale dalle ossequiate commissioni 30 maggio l’ubbidienza nostra si trova incaricata di aggiungere informazioni per la parte che ci può riguardare,

Il progetto prende le mosse dal giro dei capitali di zecca e dall’amore della società e si concentra nella instituzione di un archivio universale per la Dominante, in cui si trasportino dalle settanta parrochie della città e trasportati si conservino i libri de’ battesimi, matrimoni e morti per aggiungervi nuovi registri col nome di Libri Maestri, repertori, alfabetti ed altre regole tendenti al facile ritrovamento delle occorrenti note e memorie. Per questa impresa domanda il buon religioso assegnazione di luogo, destinazione di sua persona in archivista, l’assunzione di un altro compagno, il trattenimento di amanuensi in molto numero nei primi tempi, ed in numero di tre almeno nei successivi; e la facoltà inoltre, dopo formati li registri, che possono allungarsi ad arbitrio loro, di avere per trenta anni la scelta per sé ed eredi suoi dei direttori ed archivisti senza alcun pubblico aggravio, ma contenti delle sole mediocri utilità che fossero stabilite sopra l’estrazione delle fedi

Questo è l’aggregato più puro e sostanziale del progetto esteso con qualche prolissità e diramato in undici articoli che presentano l’abbozzatura d’un contratto. Sopra taluno de’ medesimi il saggio discernimento dell’eccelentissimo magistrato espone ingenuamente le proprie dubbietà, sopra alcun altro considera i mezzi di appianare gli estrinseci obbietti; e sopra quello singolarmente che si riferisce alli gelosi diritti della giurisdizione ecclesiastica spiega con prudentissimi riflessi la propria trepidazione e ne desidera il soccorso dei consigli legali.

Farebbe invero un dissipamento di tempo in mezzo a tante altre più interessanti cure del Governo chi prendesse a riassumere la vana tessitura delle speculazioni introdotte in questo progetto onde addolcire la persuasione. Siamo perciò nella riverente lusinga di soddisfare abastanza al comando se l’uffizio nostro, colla scorta delle leggi e consuetudini patrie si presta all’unico ma indispensabile dovere di scorgere le principali difficoltà che sembrano degne del sovrano riflesso.

Lo stato civile degli uomini, l’interesse comune dele famiglie e il buon ordine della società non è circoscritto al solo giro dei capitali in zecca né agli abitanti della Dominante. La ragione delle successioni, dell’eredità e dei contratti si estende a tutti i beni e a tutti i possessori e commercianti entro il Veneto dominio e nei pubblici depositi non si comprendono solo i capitali dei soli veneti ma dei forestieri ancora. L’asse generale delle sostanze nazionali è di gran lunga superiore a quello dei capitali investiti e le differenti azioni dei proprietari, eredi e creditori sono subordinate alla giurisdizione molteplice di più magistrati, rappresentanti e altri giudici stabiliti dalle leggi.

Quando però fosse necessaria la novella riforma e disciplina per gli attestati della Chiesa, avrebbe a stabilirsi per tutti e da per rutto, o stabilita per Venezia un altro progetto la condurrebbe nelle altre provincie. Allora sorgerebbero tante piante di archivii e tante generazioni di ministero quante sono le diocesi e li tenitori, né pochi ostacoli s’incontrarebbero per conciliare li reclami degli ecclesiastici e le infinite pretensioni dei luoghi privilegiati o lontani dalla società, come appunto è avvenuto nella instituzione degli offizi, direttori per li capitali francabili delle mani morte.

A ciò si aggiunga che della negligenza dei parrochi di Venezia non esiste nelle carte da noi vedute una prova legale e che li vescovi nelle visite diocesane sogliono far sempre un esame accurato se tali registri sono tenuti a dovere. Quando il sigillo parrocchiale avesse poco impronto, come si asserisce, il rimedio è facile col farne una incisione più demarcata. Se fu prodotto qualche attestato o falso o vizioso ai magistrati, vi è bensi ragione di castigar il delinquente, ma non di sopprimere o diminuire le facoltà legittimamente inerenti alle chiese ed ai parrochi innocenti. Non si punirono giammai in nessuna giurisprudenza, nemmeno la più incolta, li testimoni veraci perché alcuni altri furono falsi.

In numero di quattromille circa si contano le ville del Veneto dominio; molte parrochie sono amministrate da capitoli di catedrali e collegiate e molte appartengono agli ordini regolari dell’uno e dell’altro sesso. Le prerogative poi di monsignor reverendissimo Patriarca, la osservanza della ecclesiastica disciplina di cui fanno parte oggidì anche questi libri e le consuetudini lodevoli dello stato riposano in speziai modo sotto la protezione dell’eccelentissimo Senato. Quindi la novità non sarebbe forse accolta da per tutto con indifferenza tranquilla, e molte impensate combinazioni potrebbero esiggere varietà di provvedimento o distruggere quello che fosse fatto.

L’uso dei registri qui sopra menzionati nelle chiese parrocchiali è antichissimo nel cristianesimo, di cui si fa cenno come di un obbligo de’ curati e de’ vescovi in un Concilio di Soissons tenuto verso l’anno 853 (Durand, Dict, Can. V Registre). Egli è comune di tutte le Chiese ed aveva cominicato in alcune di questa città da tempo immemorabile ed anche prima del Sacro Concilio di Trento che terminò nel 1563 e fu promulgato solennemente nel Serenissimo Dominio l’anno 1564 (Secret. LXXXIII c. 113 t. Reg. I Roma c. 121 t.).

Allora fu data a tali registri una forma più regolata e permanente, sicché se ne fece un diritto ed una responsabilità de’ parrochi sotto le inspezioni superiori degli Ordinari diocesani. Sono essi custoditi con tale scrupolosa attenzione che occorrendo farsi la minima giunta o variazione per consuetudine e legge diocesana non si può fare senza molte circospezioni e sempre con causa conosciuta e con decreto del prelato.

Spesse volte contengono ed esiggono questi libri e singolarmente quelli dei matrimoni e de’ battesimi molti riguardi di coscienza o di altri delicati oggetti per la pace ed onore delle famiglie; né il progetto eccettua nemmeno i libri dei matrimoni segreti, riordinati con decreto patriarcale nel 1764. In qualche parrochia si tengono anche li libri segreti de’ battesimi per li medesimi rispetti.

Tratti li registri dalle mani dei loro primitivi custodi, raccolti tutti in un solo archivio e riportati in altri libri più magnifici, con una spezie di contratto, di diritto esclusivo e quasi di appalto si potrebbero trovar esposti a più sciagure. La prima sarebbe che passando per le mani di tanti amanuensi mal prezzolati o poco pratici dei caratteri si cometterebbero infiniti errori o studiati o accidentali nei libri maestri a danno gravissimo dei particolari.

La scoperta di uno o due casi, la dubbietà d’una nascita o d’un matrimonio che turbasse la quiete d’una famiglia toglierebbe il credito alla instituzione, sebben fosse riposta sotto la pubblica tutela; e non si darebbe più fede né ai libri vecchi, ne ai nuovi. L’altra sarebbe che avvenendo un incendio perirebbero tutti in una volta con perdita irreparabile e decisiva della nazione.

Un’altra pure sarebbe che trovandosi per avventura viziature, laceramenti di carte o altri difetti nei libri originali, difficilmente si potrebbero rinvenire gli autori; e l’impunità del delitto si farebbe quasi sicura.

Nascosti i libri agli occhi altrui il religioso direttore, li suoi compagni e successori diverrebbero gli arbitri di un’arcana amministrazione, dove l’opportunità di aprirli, di chiuderli e d’interpretarli a loro comodo e talento potrebbe affibbiare all’amore della società anche l’amore del guadagno.

Insieme però cogli accennati pericoli è riserbato all’alta sapienza di VV: EE, il considerare se l’unione di questi libri potesse mai convertirsi in uno studio coperto di render vive nella Zecca molte partite di capitali che ora sono morte; il che fu tentato in varie guise negli anni andati con perniciose conseguenze all’interesse pubblico e privato. La premura sollecita per li capitali dei pubblici depositi, la mole grandiosa dell’opera, l’apparente tenuità della mercede richiesta e la mira posta sopra le sole chiese di Venezia sembrano meritar attenzione perché non abbia a costar caro il cotratto e l’incetta di queste carte.

Il Concilio di Trento comanda ai parrochi non solo il registro dei matrimoni e de’ battesimi, ma la custodia insieme de’ libri (Sess. XXIV, Cap. 1.2). Le costituzioni patriarcali e li Sinodi diocesani hanno severaente ritenuta questa disciplina riguardata come canonica ed aggiuntavi l’altra del registro de’ defonti con l’approvazione di Vostra Serenità; e furono sempre considerati come libri necessari alle incombenze dei parrochi. II Rituale Romano che si usa in tutte le chiese della Repubblica ha stabilite le formule dei registri che devono farsi di volta in volta.

Li sinodi dei patriarchi Lorenzo Priuli 1592, di Gio. Francesco Morosini 1653 e 1667 e di Pietro Barbarigo 1714 ne precettano la loro uniformità in tutte le parrocchiali. Analoghe alla stessa disciplina sono le disposizioni degli altri sinodi diocesani dello stato autorizzati dal regio Exequatur, Gli eccelentissimi magistrati della Bestemmia e dell’Avogaria esercitano inspezioni sopra i registri de’ battesimi e de’ matrimoni e l’altro della Sanità sopra quello dei morti.

Gli attestati de’ piovani, dei sacristani e degli economi in vacanza delle parrocchie tratti da questi libri sin ora hanno avuto il corso legale in tutti li rapporti della vita cristiana e civile. Servono di regola in molti articoli del governo spirituale e della disciplina ecclesiastica, né senza qualche ribrezzo sarebbe veduta la firma novella di un’altra mano. Hanno pur luogo nelle prove di nobiltà, nelle questioni giudiciarie, nelle procedure criminali, nella distribuzione degli offizi, negli interessi delle famiglie e nell’esazione degli stipendi e di altre pubbliche beneficenze.

Non è pertanto il solo magistrato eccelentissimo della Zecca dove abbisognino queste fedi per far legittima prova, ma le ammettono tutti gli altri magistrati, tutti li tribunali di giustizia e tutto il commercio della Nazione.

Si farebbe il cambiamento nella città capitale e si lascierebbe l’ordine vecchio negli altri luoghi con implicanza di massime e di provvedimenti. Di più si consegnarebbe a quello che ha la minor parte degli affari una chiave autorevole sopra tutti.

Potrebbe anche tale occupazione rimanere superflua allorché fosse compita la cominciata francazione de’ capitali nella Zecca, come altre volte è accaduto.

Lo spoglio di settanta parrochi e di centoquaranta sacristani difficilmente potrebbe andar esente da commeventi circostanze. La loro povertà è troppo notoria perché fossero per soffrire senza rammarico e senza compenso la perdita di quei piccoli emolumenti che uniti insieme permettono al religioso archivista il mantenimento di lui, del suo socio e dei minuti subalterni

Che se tali emolumenti non bastano e ricevono un incremento dai nuovi metodi, da nuove tariffe e da nuove industrie, ciò non segue se non a peso de’ sudditi costretti di passare per questo laboratorio.

Le chiese patriarcali trovandosi in alcuni articoli di esterior disciplina subordinate all’autorità dell’eccelso Consiglio de’ dieci forse non sarebbero suscettibili di tanta rivoluzione senza intelligenze. Le altre chiese soggette al regio patronato del Serenissmo Doge e le sacristie degli ospitali che hanno prerogative distinte opporrebbero difficoltà per sostenere egualmente il loro possesso e domandano parimente intelligenze.

Il dritto di questi libri è riguardato dai parrochi con tal gelosia che difficilmente lo accordano alle chiese filiali e si tengono attenti per registrare sino le morti dei frati e delle monache, non avendo in ciò mai riconosciute nemmeno l’esenzioni del clero regolare. Quando poi fossero posti fuori della giuridizione ecclesiastica pretenderebbero gli ecclesiastici di esser fuori di responsabilità ed occorrendo regolazioni per qualche errore o per altro motivo che avviene di frequente le due potestà non si trovarebbero sempre in un facile e pronto concerto.

Anche in Francia, dove l’uso di tali registri era bensi antico, ma non eguale, fu regolato dai due concili di Roan 1581 e di Bordò 1583, col darne l’obbligo ai pastori delle anime (Durand Dict. Can. V Registre). In quel regno Francesco I (Gohard Tom. VI, c. 400) con una ordinanza 1539 aveva anche prima fatte prescrizioni per li registri delle sepolture,acciò fossero depositati e custoditi nelle cancellerie dei governatori e siniscalchi regi. E siccome il Concilio di Trento colà non è ricevuto negli articoli della disciplina, così il re Lodovico XIV con l’Ordinanza 1667 e Lodovico XV con la dichiarazione 1736 ne fecero provvidenze di più fermo sistema, con incarico di fame (Ibid. c. 401; Tom. VII c. 232) doppi gli esemplari da considerarsi ambidue autentici, acciò una sempre restasse presso la Chiesa e l’altro fosse annualmente depositato nella Cancelleria di un giudice regio, precettandone le forinole e la tariffa e lasciando in libertà gli interessati di levarne gli estratti dall’uno o dall’altro luogo.

In mezzo a quelle regolazioni sì erano colà pure introdotti degli offizi di cancellieri e scrivani col titolo di Conservatori di tali registri, che passavano in eredità e Lodovico XV coll’editto 1716 trovò (Ibid.) necessario di fame una generai soppressione.

La dupplicità del registro, perché uno restasse in mano de’ parrochi come spettante al loro uffizio, e l’altro nell’archivio del vescovo, erasi divisata in un sinodo diocesano di Padova e non sarebbe irragionevole qualche somigliante cautela presa in altre diocesi. .

L’esempio allegato dal progettante delle carte dei notai defonti che si depositano in un archivio generale non porge invero molto socorso alle viste sottili del suo progetto perché quelle sì tolgono da mani private, laiche ed eventuali; e queste si levarebbero da luogo pubblico, ecclesiastico e di stabilito antico sistema.

Il progetto in oltre domanda assegnamento di utilità ed elezione di ministri e coadiutori in qualche numero. L’instituire e regolare tariffe è materia racomandata al magistrato dei Sindici ed al Consiglio eccelentissimo di Quaranta al Criminal, dalle leggi del Serenissimo Maggior Consiglio 15154 marzo (Compilazione Maffei c. 251, sin 266), 1640 27 marzo, 1655 21 settembre, 1718 27 marzo e 1720 19 gennaro (Stat. Ven. c. 224 e 229 t.).

L’apparente tenuità delle mercedi e piccole ricompense per gli estratti, che per altro sono proposte a prezzo maggiore delle presenti, esporrebbe al pericolo di altri profitti a carico della Nazione e dell’Erario.

Il progettante, infine, occupandosi in tal azienda si toglierebbe alle incombenze di chiesa che santamente desidera adempite dagli altri e come ecclesiastico ha l’incapacità civile di esercitar qualunque pubblico ministero, preservato alle persone dei soli laici parimente dalle leggi del Serenissimo Maggior Consiglio 1474 19 gennaro, 1531 27 aprile e 1539 6 luglio (Regina c. 145; Capitolari dei notai c. 37; Compilazione Maffei c. 123).

Queste poche ma necessarie osservazioni dal dover nostro non potevano essere tenute sotto silenzio per ubbidire alla Commissione ingiuntaci nella parte che ci riguarda. E rispetto al cenno introdotto in questo progetto della vendita del carico ed elezione del ministero l’articolo ha tra le sue provvidenze fissate dalle leggi, così nel caso che si pianti offizio, come nel caso che il progettante immaginasse qualunque genere di contratto e d’impresa. Grazie.

16 agosto 1788 in Pregadi

Alle prime “dubbietà” dei Provveditori in Zecca sopra alcuni articoli del progetto si sono aggiunte le informazioni dei Consultori:

“Quindi considerate le multiplici difficoltà intrinseche del progetto stesso e le gravi conseguenze che potrebbero emergere dalla sua verificazione, la prudenza di questo Consiglio delibera di licenziarlo assolutamente insieme colla supplica prodotta al Collegio nostro sotto il giorno 18 decembre 1787, come se l’uno e l’altra presentati non fossero, stabilindosi inoltre che su questo geloso argomento non abbia ad esser ammesso alcun ricorso, fatta alcuna innovazione se prima non si saranno ricevute le informazioni unite o separate de’ consultori predetti..”